domenica 13 agosto 2023

Non cerchiamo miracoli per credere

Non cerchiamo miracoli per credere.

 

Due cose straordinarie ci hanno regalato Dio: l’alba e il tramonto. Entrambi legati alla fase del riposo. La prima con la sua luminosità crescente, ora d’argento, ora d’oro, apre alla speranzosa promessa del giorno, l’ora in cui il mio ciliegio si veste di bianco, come sposa sull’altare, cui segue il tramonto, quando il sole sfuma nell’orizzonte e si spegne. Due fenomeni sinergici e preparatori di un nuovo giorno, come quotidiano ciclo di vita, volto a ricordarci, simbolicamente, l’inizio e la fine della vita, quella che i nostri genitori ci hanno dato in dono, permettendoci di conoscere il mondo. L’uomo come San Tommaso ha bisogno di “toccare” per credere o invoca i miracoli come segno tangibile della presenza divina. Una presenza che, invece, abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, ed ha i colori della luna e del sole. Chi dall’alto di una montagna o da una piatta spiaggia ha visto sorgere e tramontare il sole ha senz’altro colto due diversi momenti della propria esistenza: gioia e tristezza, i colori della nostra anima, aperta e gioiosa o mesta e cupa, che invita al silenzio per ascoltare la sua voce, che si muta in poesia, l in un susseguirsi altalenante che dura una vita. Il tempo che separa l’alba dal tramonto è il segno quotidiano e tangibile della presenza divina, a ricordarci che la nostra vita ha il suo stesso scorrere, scandita da un’alternanza di emozioni. Non occorre “toccare” come San Tommaso o cercare miracoli per credere, basterebbe osservare il sorgere del sole, inteso come una nuova resurrezione, annunciato dal cantico gioioso degli uccelli, preghiere che si alzano in cielo o dal profumo dei fiori che la natura ci regala. E mescolarci tra le tante cose che la deliziano, con la consapevolezza e l’umiltà che non siamo gli unici a goderla, ma a condividerla con gli altri esseri viventi, ricordando che quando strappiamo un fiore, per goderne il profumo e la bellezza, lo abbiamo sottratto a qualcun altro, a un’ape, per esempio, che da quel fiore non potrà succhiare il soave nettare, che poi ci regalerà.    

 

 

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