sabato 14 luglio 2012

Non condanniamo i nostri figli a essere vittime delle nostre stesse frustrazioni

 “ Io laureata vivo facendo la baby sitter e la barista”. S La Sicilia del 10.07.scorso ho letto questa disarmante, sconsolata dichiarazione, comune a molti giovani di oggi. Di chi la colpa? Bisognerebbe fare un’introspezione collettiva per verificare dove si annidano gli errori commessi. A partire dalla società, in primis noi genitori, vogliosi di dare ai nostri figli quello che è mancato a noi, spingendoli inconsapevolmente dentro un baratro che ha inghiottito oltre che noi, frustrati genitori, i nostri stessi figli. Quante volte abbiano pronunziato o ascoltato: “ quello che non ho potuto avere io, voglio che lo abbia mio figlio”. Un condensato di frustrazioni, illusioni, speranze, attese, che alla luce di eventi incontrollabili, sia pure prevedibili. ha finito per sciogliersi come neve al sole: il “pezzo di carta” da conquistare, sogno di molti, lasciapassare di pochi, di quei pochi che ostinatamente ci hanno creduto, perché la forza di quel “pezzo di carta” non sta nel valore legale di un titolo comunque rimediato, ma nello stimolo a conquistare un posto meritato, con forza, determinazione, impegno scommessa quotidiana, tra difficoltà, ostacoli e inganni. Assicurare, noi genitori, ai nostri figli, tra mollezze e agi, talvolta immeritati, un titolo di studio, visto come riscatto, pretesa, talvolta persino come senso di colpa, non serve a noi stessi, né ai nostri figli, perché non è con questi forvianti sentimenti che si temprano i caratteri dei giovani o si forma il loro avvenire. Se è legittima la pretesa di volere assicurare un migliore futuro ai nostri figli, talvolta sono errati i metodi per raggiungerlo. Essere premurosi e disponibili è un dovere genitoriale, ma l’accondiscendenza irresponsabile non giova o è persino deleteria. L’agognata meta (il posto, il lavoro, l’affermazione) non si conquista con le mollezze dei giorni nostri, ma con l’esempio e la sofferenza dei nostri padri. E la società che ruolo ha svolto in queste tragedie giovanili? Ha finito con l’essere un’onda marina che ha trascinato come relitti galleggianti i problemi esistenziali dei giovani, finché un’onda gigantesca, col volto mostruoso del disinganno non si è arenata sul bagnasciuga della vita, per ricordarci che “le illusioni quando fioriscono producono il frutto (amaro) della realtà” scriveva Paul Claudel.

Pubblicata su La Sicilia il 14.07.2012. Saro Pafumi

lunedì 9 luglio 2012

Quando la fame era una tragedia diffusa anche ubriacarsi aveva un altro senso

Finta la seconda guerra mondiale le condizioni degli  italiani, a partire da quelle psicologiche, per finire a quelle economiche erano tutte da ricostruire. In Sicilia, rispetto alla restante parte del Paese le cose andavano peggio. La fame in certe famiglia sfiorava la tragedia: il fuoco con legna rimediate chissà dove, in mezzo a due pietre, con sopra una pentola annerita dal fumo, era il focolare di casa. Dentro la pentola  l’acqua bolliva nervosamente in attesa che qualcuno dei familiari rimediasse da qualche anima caritatevole un po’ di pasta che “squatata” alleviava la fame dei “commensali”. Il resto del cibo si rimediava nelle campagne, dove i frutti erano strappati a forza da carovane di affamati, incuranti se a sera la sciolta o la stitichezza li avrebbe aggrediti.  I’ importante  era lenire i morsi della fame che il volto scarno e pallido di quei disgraziati aveva. Le bettole fin dal tardo pomeriggio si riempivano di bevitori che nel vino affogavano amarezza, delusione e povertà. Era il vino per costoro l’elisir di lunga vita, perché almeno per qualche ora il disagio esistenziale era cancellato. Nella bettola di don Austinu “coddu curtu” il nettare degli dei” era somministrato in dosi massicce, ma man mano che il fumo dell’alcol annebbiava vista e pensieri, la qualità ne risentiva, fino a diventare aceto puro che aveva il prodigioso effetto di far digerire lupini, cacucciuliddi, calia e persino le pietre. Uscire a sera inoltrata dalle bettole sotto l’effetto dei fumi dell’alcol per rientrare a casa era come procedere con la benda su gli occhi, barcollando come l’albero maestro di una nave in tempesta. I pochi fortunati che vi riuscivano non avevano la forza di bussare alla porta di casa che di solito la padrona apriva a notte inoltrata sicura di trovare dietro l’uscio non il proprio marito, ma un fagotto di cenci fradici di vino. Oggi le cose sono notevolmente cambiate. Alla magrezza necessitata d’un tempo l’obesità opulenta di oggi, entrambi con un comune denominatore: l’insoddisfazione dell’essere; all’ubriachezza  inoffensiva d’allora, l’ebbrezza effimera, auto lesiva di oggi,  al fagotto di cenci vinosi d’un tempo, i resti mortali imprigionati in un auto accartocciata dove a raccoglierli non c’è la premurosa moglie d’un tempo,  né la straziata mamma di oggi, ma una pattuglia di Vigili del fuoco intenti con  la fiamma ossidrica ad estrarre corpi lacerati che  “il nettare del diavolo” ha reso tali. E’ cambiato il modo di bere, ma, forse, anche quello di morire, entrambi accomunati dallo stesso sogno: il desiderio di volare senza ali.
Pubblicata su La Sicilia il 10.07.2012. Saro Pafumi

giovedì 5 luglio 2012

Carburanti, un imbroglio

Quanto sta accadendo nel nostro Paese nella vendita dei carburanti è l’ennesima "insalata all’italiana". Un misto d‘imbroglio, d’affarismo, di spregiudicata concorrenza, tutto sulla pelle dei gestori che, in sostanza, sono l’unica categoria a sopportare lo squilibrio nella vendita dei carburanti. Occorre premettere che ha qualche fondamento la tesi degli automobilisti che il prezzo dei carburanti in Italia soffre di una sproporzionata ipertrofia dovuta all’ingordigia delle compagnie petrolifere, se è vero che il prezzo alla pompa può subire contrazioni di oltre venti centesimi al litro, senza che il mercato ne subisca conseguenze. Fatta questa necessaria premessa, occorre precisare che il carico dell’offerta (minore prezzo) ricade interamente sulle tasche dei gestori chiamati a fare lo sconto, giacché essi sono obbligati a pagare in contanti e a prezzo pieno, salvo a essere rimborsati a fine campagna promozionale, fatti salvi i probabili ritardi, quando entra in campo la discrezionalità delle compagnie fornitrici. Ma v’è di più. “Il sistema” messo in atto determina una palese violazione della concorrenza, perché impedisce a quei gestori arbitrariamente esclusi dalla “scontistica” di potere praticare gli stessi prezzi degli altri distributori, a parità di bandiera e/o compagnia petrolifera. Un problema questo tutto interno alla categoria dei gestori che i sindacati omettono di denunziare e persino d’impugnare davanti all’Autorità garante della concorrenza, a tutto danno di chi dovrebbero tutelare Non tanto per denunziare gli sconti, che la totalità dei gestori condivide, quanto perché essi sconti sono effettuati a “macchia di leopardo”, impedendo alla generalità dei gestori di aderirvi. Ecco perché è legittimo definire l’attuale sistema “un’insalata all’italiana”, dove ciascuno per la sua parte (governo, compagnie, sindacati, garante per la concorrenza) ci mette la sua parte, il tutto condito con l’insipienza delle leggi, con l’ingordigia delle compagnie petrolifere, col disinteresse dei sindacati e senza sale (nella zucca). Non c’è da stupirsi, siamo in Italia!


Pubblicato su La Sicilia il 05.07.2012 Saro Pafumi

martedì 3 luglio 2012

La crescita che non arriva

Prendendo a prestito un noto slogan verrebbe da dire. “ La crescita, se non ora, quando?” E’ da mesi che “il rag. Monti” ci propina frasi suggestive, orientate a infondere speranza, basate sulla promessa di un’imminente crescita. Finora solo parole. Intanto c’è qualcuno, La La Garde Presidente FMI, per fare un esempio, che prefigura entro tre mesi la crisi irreversibile dell’Euro, se non s’interviene con provvedimenti urgenti. Stando a queste previsioni la crisi è inevitabile, perché i tre mesi preconizzati cadono nel periodo feriale che in Italia, com’è noto, è dedicato ai divertimenti: sole, mare, montagna. Alle elezioni del 2013 mancano pochi mesi: Detratte, com’è logico, le festività e il periodo preelettorale, per consuetudine infecondo, il tempo a disposizione è ben poco. Né la promessa crescita ha il potere taumaturgico di operare improvvisi miracoli, il che significa che la crescita se non è utopia poco ci manca. Mi sembra che la situazione attuale è del tipo : tiriamo a campare”, in attesa di un non so che d’indefinito che possa accadere. Di idee in giro ce ne sono poche, come pochi sono i denari nelle tasche della maggior parte degli italiani. Che come al solito si distinguono in due grandi categorie: alla prima appartengono quelli che possono aspettare tempi migliori alla quale  appartiene il Rag. Monti e compagni di merenda, alla seconda la restante parte del paese che soffre. Saro Pafumi