venerdì 26 aprile 2024

Al di là di noi

 

Al di là di noi

 

Rivivo tra le pieghe dell’anima

i giovani sussulti del tuo corpo

e la tua voce che, sottile,

si spinge dentro di me incitandomi.

 

Nel dolce silenzio che ci avvolge

annegano finalmente i nostri pensieri

e le sensazioni diventano giganti senza tempo

che proiettano le loro ombre al di là di noi

per divenire esse stesse tempo.

 

Poi la carezza del tuo fiato

o il bacio di una mia carezza,

infrangendo d’improvviso attimi di assenza,

che colorano di eterno,

trascina le nostre anime abbracciate

attraverso il mare della clessidra,

dove tra minuti granelli di tempo

si mescolano le nostre vite di sempre.

 

Tratta da Fiori di datura. di saro pafumi

mercoledì 24 aprile 2024

Quando a Linguaglossa le colline erano in fiore

 Quando a Linguaglossa le  colline erano in  fiore.

Il titolo di un a vecchia canzone recitava “Le colline sono in fiore”.Oggi se osserviamo le colline, un tempo verdeggianti, che incorniciano Linguaglossa come perla incastonata in una conchiglia, di esse resta solo l’ amaro, secco stupore . Una stretta al cuore quelle diffuse chiazze brulle, che dell’alopecia han le forme. Ampie zone incolte, senza colori, qualità e forme, che il seccume ha reso sterili, senza compassione e pietà alcune. Il contadino, stanco di lavorare, ha preferito cercare altrove la sua ragione, lasciando ivi sepolta la sua anima, sotto una coltre di dolore. Un tempo quelle che sono oggi macchie brulle erano verdeggianti viti o  dorati ricami di ondeggianti spighe: vino e pane, che il lavoro rendeva dolci come il miele. Era allora il tempo in cui si lavorava per la felicità di vivere e non, come oggi,  per l’infelicità d’avere. Oggi a posto dell’ultimo vitigno o spiga  “ la mugghiante greggia e la belante c’è lassù su quelle cime”’dove la vite e il grano hanno lasciato il posto allo sterco, che si mescola all’acre, pungente odore del selvatico finocchio o del bianco-rosato aspro, pungente origano, vero “splendore di montagna” (oros  ganos) qual è chiamato dai nostri greci padri. Eppure, lassù, un giorno il contadino dovrà tornare, per disseppellire la sua anima, se vorrà campare. Possano quelle secche colline ritornare  in fiore perché noi che qui abitiam,come recita la vecchia canzone, “ stiam morendo di dolore”. 

martedì 23 aprile 2024

L'amara solitudine del'uomo di oggi

 

L’amara solitudine dell’uomo di oggi.

In quest’epoca di valori sovvertiti, anche i rapporti sociali hanno mutato pelle. Non c’è l’antica spensieratezza d’un tempo, oberati come siamo da tanti problemi quotidiani. Da qui un diverso approccio col nostro prossimo, con cui c’imbattiamo tutti giorni. Guai a rispolverare l’abusata domanda di rito: “Come stai?”. Si sente snocciolare una serie di sciagure, malattie, disgrazie, disinganni che se non sono un’istigazione al suicidio poco ci manca. Guai a tentare di parlare di economia o politica. Ognuno sa come redigere il bilancio dello Stato, come formulare una legge, come risolvere il problema della sicurezza sul lavoro o quello della disoccupazione, magari proprio di chi lascia l’auto in seconda fila o sulle strisce pedonali o non ha la macchina assicurata. Alla domande sulla salute, meglio rispondere che è tutto a posto, che in famiglia i rapporti sono eccellenti, che nostro/a figlio/a si è laureto/a con 110 e lode, anche se da dieci anni è alla ricerca d’un lavoro. Ostentare salute, fiducia e sicurezza è il modo migliore di finire un incontro, perché alla fine al prossimo non importa un fico secco di quanto ci può capitare. Una ricetta culinaria siciliana mi suggerisce una metafora da riferire all’uomo di oggi. In quest’epoca in cui imperversa un esagerato individualismo, l’uomo assomiglia al falsomagro: arrotolato su stesso e imbottito di poche, confuse idee, critica quotidianamente il Potere in ogni sua espressione: il sindaco che ha votato, la maestra che non dà un alto voto al figlio, il vicino di casa rumoroso, il salumiere che imbroglia sul prezzo o sul peso, e persino l’amico logorroico. L’uomo odierno non salva nessuno, nemmeno Cristo in croce, che si è immolato per i nostri peccati. Un’insofferenza generalizzata, alimentata dalla mancanza di valori, cui credere (famiglia, religione, politica, fede), che, quando difettano o sono mancanti, generano il disinganno del proprio credo, ossia la perdita di contatto con una realtà diversa da quella immaginata o sperata. Un vuoto che colmiamo con tendenze effimere o con la corsa al denaro, che non colmano alcun vuoto interiore. E’ desolante apprendere che le nuove generazioni crescano con l’idea che l’unico valore sia il denaro. Un vuoto interiore che genera insicurezza e insoddisfazione, che sprofonda l’uomo in un’amara solitudine. Da qui l’esigenza di colmare questo vuoto con falsi miti:il denaro,il successo a tutti i costi, la droga, la moda e le tendenze effimere, i finti divertimenti e le riunioni da sballo: ingredienti, che come nel senso traslato dell’espressione “falsomagro” e in senso ironico si può applicare all’uomo di oggi, per significare la sua natura ambigua tra consistenza esterna e sostanza, che rende la vita dell’uomo moderno sempre più opaca e contraddittoria tra ciò che si vuole essere e ciò che si è. Pubblicata oggi 23.04.23024 su La Sicilia..

 

 

sabato 20 aprile 2024

L'avviso di garanzia. Da gogna a sfida.

 

L’avviso di garanzia. Da gogna, a sfida.

Lavviso di garanzia” è l'atto con il quale il Pubblico Ministero informa l'indagato e la persona offesa, del compimento di un atto d’indagine…..”(art.369 C.P.P.).Un principio che va a braccetto con lpresunzione d'innocenza, secondo la quale un imputato non è considerato colpevole, sino a che non sia provato il contrario, nei suoi tre gradi di giudizio. I principi testé esposti sono chiari, eppure nella realtà avviene che un avviso di garanzia sia considerato, ipso facto, indizio di colpevolezza, con la gogna mediatica che ne deriva. Da che cosa nasce questa malevola interpretazione di un principio così chiaro? Prima di tutto dalla religione, secondo la quale siano tutti peccatori, e da peccatori, a colpevoli, il passo è breve. Ma è la natura umana che ci fornisce la spiegazione: la predisposizione dell’animo all’aticofilia e al sadismo, di cui è affetta tutta l’umanità, inadatta a confrontarsi con le proprie insicurezze e paure: un impulso innato, dolce come il miele, che i media diffondono ed esaltano, con la loro ‘pornografia del dolore’.Incapaci di ricavare appagamento dalla nostra vita, lo ricerchiamo nei patimenti dell’altro, Come uscirne? Prima di tutto parificando l’attuale disparità tra pubblica accusa e difesa, specie in ordine alla custodia preventiva,che va neutralizzata tutte le volte che la difesa offra gli arresti domiciliari, privilegiandoli sulla prima.  Pensando, poi, che su quell’avviso di garanzia, inteso come ‘sfida’ tra pubblica accusa e difesa, ci può essere scritto il nostro nome. Tra le poche certezze che abbiamo, dobbiamo sapere che la ruota della vita gira per tutti e quel benvenuto o malaugurato ‘avviso di garanzia’, a seconda i punti di vista, spunterà, prima o poi, per ognuno di noi, come la gramigna in mezzo a un campo di grano. Basta aspettare. Pubblicata oggi 20.04.2024 su La Sicilia.

martedì 16 aprile 2024

La nostra è vera democrazia ?

 

La nostra è vera democrazia?

Siamo così sicuri di vivere in un regime di vera democrazia? Se ci guardiamo attorno, siamo certi di pensare in autonomia? Il pensiero è l’unica attività che nasce libera, per poi perdere questa libertà, condizionati come siamo da tutto ciò che ci circonda. La stampa e in genere chi informa, quando s’interessa di politica, contiene in embrione il seme dell’illiberalità, il contrario di ciò che invoca per se stessa, giacché il suo principale scopo è quello d’informare, orientando verso un fine prefissato. La televisione, la carta stampata sono i mezzi che distribuiscono informazione, ma, a ben vedere, non sono entità neutre. Puntano a un preciso scopo: fare proseliti per un’idea. Il lettore non fa altro che scegliere una ‘pietanza’ già servita. Una notizia diffusa da un organo, non è mai una semplice notizia, ma indossa un abito diverso, secondo da chi è commentata, inducendo il lettore a condividerla e a sposare le stesse idee Si diventa così affezionati lettori del medesimo quotidiano o fedeli telespettatori delle consuete trasmissioni televisive. Si potrebbe dire: “ Dimmi cosa leggi o vedi, e ti dirò cosa pensi”.Si sceglie il giornale o il programma televisivo secondo il proprio indottrinamento, che ci risparmia la fatica di pensare, determinando dipendenza e assuefazione,che ci rende prigionieri di un’altrui scelta illiberale. Tutto ciò non ha nulla in comune con la vera democrazia,che deve saper distinguere il vero dal falso, evitando di farsi condizionare. Mille volte meglio un uomo libero,che vegetare,gracchiando a guisa di rana in una palude di menzogne e falsità. Pubblicata oggi 16.04.2024 su La Sicilia.

lunedì 15 aprile 2024

La bellezza del corpo femminile non ha eguali

 La bellezza del corpo femminile non ha eguali.

La bellezza del corpo femminile è una realtà indiscussa. Sarebbe il caso di considerarla patrimoni dell’umanità.  Per noi uomini, c’è da rimanere grati al Padreterno per questa scelta. Avrà avuto le sue buone ragioni. Resta il fatto che le bellezze sono molte, a partire dalla grazia delle forme femminili, dalle movenze, dai colori, dall’anatomia in generale, per finire al modo di vestire, elegante e ricercato, che aggiunge un tocco magico a ciò che più bello non si può. Un intreccio armonioso di corpo e comportamento. Un vero simulacro che incontra i gusti maschili e si traduce in attrazione, amore e condivisione di vita. Bisogna andare indietro nei tempi, per trovare un modello contrapposto,quello maschile, tramandatoci dagli artisti del tempo, Fidia in particolare. E’ inevitabile, perciò che i più grandi artisti di tutti i tempi abbiano dedicato la loro arte all’immagine femminile, esaltandone l’universalità. In questa disparità estetica tra uomo e donna, ci consola la facilità con cui la donna spesso s’innamora di uomini brutti, forse per accorciare la distanza, dando priorità alla ricerca di valori più profondi. Forse per questo è vero l’antico detto popolare: “ Due belle facce non possono dormire su di uno stesso cuscino”.

venerdì 12 aprile 2024

L'agnosticismo senile.

 

L’agnosticismo senile

Con l’età si è indifferenti quasi a tutto, perché venendo meno le forze, entra in gioco l’autodifesa contro tutto ciò che può procurare malanni fisici o mentali. Anche la politica si affronta con distacco, per non essere coinvolti passionalmente, come quando si era giovani o più verosimilmente, perché la saggezza ci fa vedere i problemi da una prospettiva, deputata da interessi di parte o egoistici. Un disagio che si manifesta nei dibattiti sui media, dove la ragione è sopraffatta dalla mistificazione e dalla menzogna. Uno spettacolo poco edificante, che allontana dalla politica. Non meno imbarazzo si avverte quando,  discutendo di processi penali, sono sviscerati particolari coperti da segreto istruttorio o indizi, spacciati come “prove”’, senza l’ausilio di un confronto vero, che distorce la natura del processo, che pubblico é, e come tale deve rimanere entro i confini delle aule giudiziarie. Si articola, invece, un processo parallelo a quello legittimo, in nome di un giornalismo d’inchiesta, che si sovrappone a quello ufficiale, distorcendone, talvolta, il corso. Tutto questo bailamme politico e giudiziario non giova per niente a informare il pubblico, ma contribuisce ad accrescere lo sconcerto, o l’agnosticismo, con la rinunzia della mente a cercare la verità. Non deve meravigliare, in queste condizioni, l’astensione dal voto, l’assuefazione al femminicidio o più in generale l’indifferenza verso ogni genere di problemi umani. Creano confusione anche certe dichiarazioni dei ‘potenti’, come quella del Papa che dichiara (se mai ce ne fosse bisogno) che “l’inferno non esiste”, e che “l’anima in peccato, scompare”. Mi verrebbe da chiedergli da dove attinge queste notizie, se fino a poche ore fa la Chiesa diceva tutto il contrario. Se le fake news provengono dall’Alto, siamo messi male.

 

 

Le cantilene dei vecchi carrettieri

 

Le cantilene dei vecchi carrettieri

 

Quando nel dopoguerra le auto non raggiungevano la diffusione di oggi, il trasporto delle merci avveniva con i carri e di notte era frequente ascoltare per le polverose, solitarie strade le cantilene dei carrettieri, che si accompagnavano allo zoccolio dei cavalli. Io, che a Linguaglossa abitavo nella piazza principale  del paese, ascoltavo volentieri, da bambino, le cantilene dei carrettieri di passaggio.

Un canto, prima lontano e lieve, che aumentava di tono all’avvicinarsi, fino a mescolarsi con lo zoccolare del cavallo e lo sferragliare cadenzato del carro, per poi dissolversi in lontananza, fino a spegnersi nella tristezza della notte.

 Spesso mi alzavo per vedere nell’oscurità della notte il carro che giungeva, appena  rischiarato dalla fioca luce di un’oscillante lampada a petrolio e porgevo attento il mio orecchio per afferrare quei pochi versi che mi tingevano il cuore di mestizia. 

“Tira cavaddu miu, tira e camina/. L’ura è tarda e la strada è luntana/. Lu suli mi cuddau arreri ‘na spina/’ ‘ndu straduni di la nostra <chiana>/. Ci curpa cu sunau l’Avimmaria/, ca ancora menzannotti è/. Lu scrusciu di la rota e la catina/ cumpagni sunu di sta vuci paisana”/.

Quando nella lontananza la cantilena lentamente si spegneva e la luce della lampada diventava una tremante fiammella, quel canto trascinava seco la mia anima sul carro di quel “disgraziato”, che della notte era compagno, mentre anch’io ripetevo tra le calde e comode lenzuola del mio letto: “ Tira cavaddu miu, tira e camina…..”

 Poi mi scioglievo nel sonno, ma quel canto struggente e lamentoso, accompagnato talvolta dallo sbuffare iroso del cavallo, continuava a riempire l’oscurità di altre strade fino all’alba, quando il sonno del carrettiere, stemperato dal canto, faceva largo ad altra fatica giornaliera.

Tratto dea “Racconti sera” di saro pafumi

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 10 aprile 2024

Quando la natura parla

 

Quando la natura parla.

Arrivarono tutti, puntuali, uno dopo l’altro; la pioggia, i fulmini, i tuoni. Il cielo si oscurò e si riempì di nubi che rovesciarono sulla terra, arsa dal sole e dalla siccità, secchiate d’acqua piovana, come le cascate del Niagara. Nessun palmo della terra fu risparmiato e gli alberi furono lieti di tanto diluvio.  Quando l’impeto della natura si fermò, per consentire alla terra di riprendere fiato, dal suolo si sprigionò un caldo fumoso vapore, liberando un inebriante profumo di terra bagnata dopo tanto soffrire. I rami degli alberi sembravano braccia protese al cielo per ringraziarlo per le ferite lenite. Il sole riprese la sua corsa col suo bianco accecante, privo di nuvole. Le foglie degli alberi, dolcemente rinfrancati, distillarono fresche gocce, che lacrime erano di gioia e di emozione per quell’inatteso rinfresco sperato e gradito. Le margheritine, sollevato il capo chino dal peso della calura, intonarono soavi cori amorosi, che s’intrecciavamo col festoso cinguettio degli uccelli, or liberi di svolazzare con le loro vesti colorate. Tutta la natura parlava e noi ad ascoltare quella sinfonia, che di Dio aveva la voce.    

domenica 7 aprile 2024

L'intelligenza artificiale e i pericoli per la società.

 

L’intelligenza artificiale e i pericoli per la società.

 

 

La società sta ritornando, poco alla volta al passato. Dal matrimonio, alla famiglia, dalla religione, alla politica, persino nel modo di cibarci. Una subdola forma di fondamentalismo socioculturale post-moderno. Non esiste più alcuna teoria esatta, all’infuori della propria, ritenuta la più giusta e la migliore, con la conseguenza che non sappiamo più cosa sia bene o male e i problemi continuano a rimanere irrisolti. Ecco, perciò, che si ricorre all’intelligenza artificiale nell’illusoria convinzione di avere una risposta. Un ritorno al passato, come quando si faceva ricorso all’oracolo: una forma di divinazione presso vari popoli antichi, consistente “in un responso fornito dalla divinità, a una domanda relativa a cose ignote del presente, del passato o del futuro o anche alla giusta maniera di agire in determinate circostanze”, attraverso parole proferite da una figura umana direttamente ispirata dal dio. Oggi quelle stesse risposte si cercano nell’intelligenza artificiale, attraverso statistiche, esperienze, algoritmi, con cui si possono cercare e trovare un’infinità d’informazioni su svariati argomenti. Purtroppo è forte la tentazione di usar quest’intelligenza per scopi non consoni, come nel campo comportamentale e/o morale, col pericolo di rendere il libero pensiero, sempre più schiavo di questi artifizi innaturali, con ciò sovvertendo gli insegnamenti provenienti dalla nostra formazione classica, dovuta ai grandi filosofi del passato, nel valutare in modo pertinente, critico ed efficace le problematiche che emergono dalla vita quotidiana. Rompere questo sottile diaframma che separa l’intelligenza artificiale dal nostro senso critico è il maggior pericolo che corre la società di oggi, sempre più indotta a delegare ad altri la soluzione dei nostri problemi, col risultato d’intorpidire, se non addirittura spegnere, le nostre facoltà intellettive. Pubblicata su La Sicilia Oggi 07.04.2024

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