martedì 29 giugno 2010

Il bikini strappato


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Negli anni cinquanta molti giovani erano soliti frequentare Taormina in cerca d’esperienze amorose, speranzosi di conquistare una straniera che, allora, si diceva, veniva a Taormina non solo per vedere le bellezze paesaggistiche, ma ancor di più per avere un saggio “dell’amor caliende” “dei siciliani, rinomati, notissimi e apprezzati esperti nell’arte d’amare. Non esiste una statistica ufficiale dei giovani che riuscivano nell’impresa, ma certamente le conquiste non mancavano a sentire i racconti, a volte suffragati da prove certe, dei tanti protagonisti. Taormina per l’ars amatoria che forniva era un luogo molto ambito dalle turiste, prova né è che anche in quest’epoca di piena libertà sessuale, i tentativi di conquiste femminili non mancano, come non mancano le speranze di farsi conquistare. L’uomo è “cacciatore” per istinto e la preda, a volte, si compiace d’essere vittima ambita. E’ la legge del “piacere”, che realizza il suo optimum, quando il gusto si sposa con l’elemento che lo esalta, come nel sesso desiderato e cercato da entrambi i protagonisti.
Poiché il gusto e le tecniche si evolvono, anche l’ars amatoria si trasforma e progredisce. Non ha nulla di strano, pertanto, la notizia di stampa riportata in prima pagina da La Sicilia del 27.06: “ Le strappa il bikini e tenta di stuprarla”. E ‘ l’evoluzione della specie umana o se vogliamo la sua regressione. Chi mette in atto simili comportamenti è convinto che non c’è godimento migliore per la vittima di sentirsi desiderata dal suo carnefice, anzi gratificata dal suo atto. “Se all’estero la notizia dello stupro e la foto dello stupratore dovessero circolare chissà quante turiste amerebbero venire a Taormina per vivere i brividi di uno stupro, ora che le mollezze dei costumi hanno reso l’ars amatoria, una dote rara”, avrà pensato lo stupratore. Poiché la storia si ripete, l’episodio dello stupro è forse il segno che qualcosa sta per cambiare nei costumi sessuali: non più ì’approccio galante e raffinato dei giovani “anni cinquanta”, ma quello più energico e brutale dei giovani rampanti “anni duemila”. Non la rosa rossa col suo lungo gambo stile anni cinquanta, ma la clava dal lungo manico degli anni duemila; non la carezza e il bacio dei giovani d’un tempo, ma il graffio e lo strappo dell’era moderna. Ogni essere umano ama a modo suo. Chi cibandosi degli insegnamenti dell’ars amatoria d’Ovidio fa della sua condotta un affresco di vita galante; chi pescando negli abissi della propria anima scopre il proprio antenato troglodita. Se un unico torto si può riconoscere allo stupratore è stato l’avere confuso il bikini della giovane trentina con la veste di peli d’animale e la sua nera chioma come una piuma di struzzo sul capo. Ma, si sa, quando l’istinto acceca la ragione è l’uomo primitivo che compare, percorrendo a ritroso ventimila anni di storia.
Pubblicato su La Sicilia il 29.06.2010il
. Saro Pafumi

mercoledì 23 giugno 2010

Un SMS in meno può salvare la vita



Il telefonino, al pari della televisione e del computer, in alcuni individui può determinare una forma di dipendenza che, se non arrestata, com’è capitato ad un mio amico che per comodità, chiamo “Bip, BIP”, può condizionare la vita, anche quella degli altri. Egli del telefonino conosce ogni applicazione ed è sempre alla ricerca delle offerte più strambe: notizie del giorno, previsioni meteorologiche, risultati sportivi, quotazioni di titoli e valute, Burundi compreso, estratto conto on line, borsino delle merci, oroscopo, ricette di cucina, promozioni telefoniche, cosa mangiare a pranzo, come coltivare il fiore preferito, bollettino per i naviganti, viabilità. I messaggi e le foto via SMS o MMS gli arrivano puntuali, insistenti ad ogni ora del giorno e della notte. Un bip, bip, incessante, martellante, continuo, avverte, scuote, impegna, sveglia la sua attenzione mentre è in auto, sul water, all’ospedale, Gli è capitato persino davanti al confessore, costretto ad interrompere l’elenco dei peccati, per annotare se il tuorlo d’uovo va sbattuto con l’aggiunta di zucchero o se alla pianta d’appartamento va somministrato solfato di ferro in questa stagione.
Ha appena il tempo d’avvertire la moglie di non stendere i panni all’aperto perchè un MSM gli preannunzia perturbazioni in arrivo, quando l’oroscopo del giorno gli consiglia di non uscire da casa per “evitare spiacevoli incontri”. Decide di recarsi lo steso in ufficio, ma un Bip, Bip lo informa che al KM…….. della SS…….in direzione………… , causa incidente, c’è una coda di 10 km. Rassegnato, invia un SMS al capo ufficio per informarlo dell’inconveniente e subito dopo un Bip,Bip di risposta contiene, a lui rivolto, un epiteto irripetibile che premendo il tasto “INOLTRA” diffonde, per vendicarsi, a tutti i colleghi d’ufficio. Egli è l’unico umano che a posto delle dita ha ventisei lettere dell’alfabeto e trentasei simboli grafici con i quali trasmette ogni messaggio alfanumerico nell’attimo di un respiro.
Ha, per così dire, un solo handicap: non osserva il codice della strada, impegnato com’è col telefonino, Quando, a bordo della sua auto, l’ho fatto notare, mi ha risposto che non si può eccellere in tutto. Sarà vero! Vuol dire che la prossima volta, prima di salire sulla sua auto mi assicurerò di staccare la batteria del suo telefonino, per sicurezza mia e degli altri.
Un SMS in meno, a volte, può salvare a vita.
Pubblicato su La Sicilia il 24/06/2010 Saro Pafumi

martedì 22 giugno 2010

L'insegnamento della cagnetta randagia




Osservarla, non visto, mentre con le sue zampette scavava con circospezione il terreno, per nascondervi il tozzo di pane che aveva tra i denti, faceva tenerezza quella cagnetta randagia. Mi chiedevo cosa potesse frullare nella sua testolina e immaginavo i suoi tanti pensieri.
“Con la crisi economica, che incombe sugli umani, anche per me, che la sorte ha deciso di farmi vagabondare, il futuro non promette nulla di buono. I pochi avanzi che faticosamente ogni giorno riesco a racimolare sono il segno che i tempi sono cambiati. Se oggi, grazie alla sorte, ho chiuso la giornata mettendo qualcosina nello stomaco, non è detto che domani sarò altrettanto fortunata. In tempi migliori non faticavo per conservare provviste, ma oggi una certa prudenza è d’obbligo. Certo la pancia ancora reclama e di questo tozzo di pane farei un solo boccone, ma se domani…………………
Ho ancora nelle orecchie le sagge parole di mia madre che mi raccomandava: Cu sarva trova”.
E’ quello che sto facendo, perché del “doman non c’è certezza”. E nessuno meglio di me conosce le fatiche che ci vogliono per guadagnarsi un tozzo di pane”.
Mentre la cagnetta, leccandosi i baffi per assaporare l’odore che l’era rimasto del pane nascosto, lentamente si allontanava, pensavo: come sarebbe giudizioso se noi umani, in certi momenti, traessimo insegnamento dal comportamento degli animali.
Saro Pafumi

Intercettazioni, cambiare tutto per non cambiare nulla


L’aver visto su La Sicilia del 19.06, pg. 2 una foto del presidente del senato Schifani costretto a mettersi una mano davanti alla bocca, per evitare che sia interpretato, attraverso il labiale, il contenuto della conversazione. induce allo sconcerto e a fare una riflessione. “Costringere” una persona, chiunque essa sia, ad imbavagliarsi per difendere la propria privacy è il segno più emblematico che manca qualcosa di fondamentale: la libertà di parlare. Il colmo si raggiunge quando il contenuto della conversazione, carpita con frode, si pubblica o si mette in onda a prescindere dalla valenza del suo contenuto. In questi casi, il fine di chi pubblica o mette in onda simile notizie non è informare, ma sollecitare la curiosità morbosa di chi legge o ascolta.
Da più parti s’invoca la libertà di stampa, come diritto sancito dalla Costituzione, ma nello stesso tempo si dimentica che tale diritto trova il suo limite nel rispetto della libertà degli atri. La foto è un esempio.
E’ quanto sta accadendo in questi giorni nelle aule parlamentari, tra proteste e proposte di modifica della legge sulle intercettazioni. In questo tira e molla vicendevole il risultato, come spesso avviene, ci sarà propinato in salsa italiana: cambiare tutto, per non cambiare niente.
Pubblicato su La Sicilia il 22.06.2010
Saro Pafumi

sabato 19 giugno 2010

Le disillusioni di una giovane coppia





Un giovane amico, convolato a nozze dopo una lunga riflessione, mi manifesta, in vena di confidenze, la comune volontà sua e della moglie di rinunziare alla gioia del concepimento. Intanto, perché la loro condizione non offre spunti ottimistici, precari come sono nel mondo del lavoro, in secondo luogo, aspetto non del tutto marginale, perché l’economia di questo nostro paese affonda nei debiti, dai quali è difficile uscire e le cui conseguenze, stando a suo dire, si ripercuoteranno sull’attuale generazione e su quelle future.
“Un debito pubblico di oltre milleottocento miliardi d’euro, intraducibile in lire, comporta per ogni cittadino italiano un onere di circa trentamila euro pro capite, nascituri compresi.
Fatti pochi conti, una famiglia tipo di quattro persone è oberata da un debito complessivo di centoventimila euro, Non basta una vita non solo per estinguerlo, ma nemmeno per sopportarne gli effetti, perchè se anche è vero che il debito non è personale ma dello Stato, chi subisce le conseguenze è il popolo, con un avvenire fatto di sangue e lacrime. Se a stento riusciamo o cerchiamo di riuscire a superare in due le difficoltà quotidiane, le stesse si raddoppieranno con prole a carico”. Con simile prospettiva, è il suo argomentare, è una follia metter al mondo dei figli.
Un ragionamento che per la sua fredda lucidità lascia pochi margini di contestazione.
Provo, con difficoltà, ad obiettare che in tempi remoti erano le famiglie più povere a mettere al mondo una nidiata di figli, senza che fossero minimamente influenzate dalla loro condizione economica.
“E la c.d. “paternità responsabile”, che l’educazione moderna ci ha inculcato, a quale gradino della scala sociale la collochiamo? mi risponde.
Il mio prolungato silenzio alla sua domanda è il segno evidente che sono all’angolo di un ring dialettico e mi fa capire che la mia e la sua generazione sono due continenti alla deriva: una generazione che va scomparendo, cui segue un’altra foriera di disillusioni e sacrifici.
Spinto da un sussulto generazionale obietto che “non voler concepire ha la sua radice nell’egoismo. Pronta la replica: “ La paternità è un valore per realizzare noi stessi; i figli sono il mezzo per realizzare questo fine. Se la realizzazione di questo fine comporta il sacrificio del prossimo (i figli) questo sì che è vero egoismo.
Si condivida o no il pessimistico pensiero del mio giovane amico, una cosa é certa: non è una tesi isolata o peregrina, la sua, ma condivisa da molti giovani, consapevoli che il futuro non è tutto rose e fiori.
Pubblicato su La Sicilia il 20.06.2010 Saro Pafumi

venerdì 18 giugno 2010

Le oscure cartelle esattoriali

Da qualche tempo ho acquisito l’abitudine di leggere la corrispondenza raccomandata che mi perviene dall’Agenzia delle Entrate, standomene comodamente seduto sul water. Intanto, perchè tra cartelle pazze, avvisi di pagamento per imposte vecchie di vent’anni, avvisi di mora, ingiunzioni e accertamenti, che definire cervellotici è dir poco, un attacco di dissenteria è la conseguenza più normale che possa capitare. Ma il posto si presta meglio per concentrarsi, riflettere ed interpretare la corrispondenza, che quasi mai è comprensibile da un comune mortale.
In genere la corrispondenza inizia con una serie di scelte che in concreto si manifestano impraticabili, finendo col costringere il contribuente a recarsi personalmente, così come facevano i nostri nonni prima e i nostri padri dopo, all’Ufficio delle Entrate secondo una prassi che difficilmente tenderà a scomparire, non ostante le avveniristiche scoperte tecnologiche.
Ho l’impressione che il compito di elaborare i testi da spedire al contribuente è affidato al vincitore del concorso che ha redatto il testo più incomprensibile.
Al riguardo è il caso di ricordare l’aneddoto di quel giovane avvocato che, vinto il concorso, fu comandato di prendere servizio al Ministero per gli affari legislativi. Ivi giunto fu incaricato di esaminare il testo di una legge da emanare, per verificare se necessitasse di qualche aggiustamento.
Il giovane avvocato, esaminato il testo, confuso e imbarazzato si presentò al capo ufficio confessando di non avere capito nulla del testo esaminato.
“ Se questo è il risultato”, concluse il dirigente, “la legge è perfetta”.

. Saro Pafumi

I predatori di origano




In Sicilia tra i tanti arbusti spontanei annoveriamo molte piante aromatiche che da sempre rappresentano il simbolo della nostra cucina. Una in particolare, l’origano, un minuscolo, delicato odoroso arboscello che in Sicilia sull’Etna e suoi monti Nebrodi ha trovato l’habitat naturale. Innumerevoli i suoi impieghi in cucina: dalla carne alla pizzaiola, al salmoriglio, solo per indicare quelli più diffusi e conosciuti….
Forse sarebbe il caso se per quest’arbusto, considerato l’importante ruolo che riveste nelle specialità culinarie nostrane, s’introducessero norme finalizzate a regolarne la raccolta.
Una riflessione che mi sorge spontanea dopo aver visto i soliti “raccoglitori”, ma sarebbe più giusto definirli “ devastatori” che in questo periodo affollano il nostro territorio etneo, con due enormi fasci di fresco origano, raccolto peraltro anzitempo, estirpato con tutte le radici. Un comportamento che definire brutale è un eufemismo, anche perchè le bestie più ferine hanno con la natura un rapporto simbiotico per nulla distruttivo. Questi predatori della natura anziché usare l’origano per aromatizzare le acciughe sottosale, farebbero bene a mettere la loro testa sottosale magari condendola con un pizzico di buon senso, aromatizzato con l’origano.
Pubblicato su La Sicilia il 19.06.2010 saro pafumi

domenica 13 giugno 2010

Linguaglossa. Ciò che resta dell'Ospedale S. Rocco


Fino a qualche decennio fa a Linguaglossa sul frontespizio dell’edificio antistante la villa Milana faceva bella mostra di sé l’iscrizione “ Ospedale San. Rocco ” Un presidio che era il fiore all’occhiello per le prestazioni e l’assistenza che erogava agli utenti di un vasto comprensorio. Poi alterne vicende legate al mondo della sanità hanno declassato la struttura, fino al farla arretrare a “Presidio ospedaliero di riabilitazione- San Rocco”.
Com’è costume italico alle enunciazioni in pompa magna non seguono i fatti e le iscrizioni rimangono desideri, speranze, sogni e perfino inganni.
Del suddetto complesso oggi non residua quasi nulla. Non il “presidio” all’infuori di un minuscolo sonnolente contingente di truppe infermieristiche costrette a bivaccare tra letti e sale vuote, né le attrezzature dell’antico ospedale, sostituite dalla muta, polverosa presenza delle impronte lasciate, né un accenno di “riabilitazione” perché di essa manca sia la reintegrazione di un diritto scippato, sia la restituzione di un lavoro compromesso, sia la cura di una facoltà perduta.
Manca persino “ San Rocco” un tempo sponsor e protettore, che deluso e amareggiato, raccolte le sue poche cose, bastone, tabarro, borraccia e cappello, accompagnato dal suo fido cane, si è ritirato nella vicina, omonima chiesa, chiudendosi alle spalle la porta centrale per non sentire o vedere quello che un tempo orgogliosamente portava il suo nome.
•Pubblicato su La Sicilia il 14.06.2010
Saro Pafumi

martedì 8 giugno 2010

L'inno nazionale e le ragioni di Bossi





Tutte le volte che ascolto l’Inno nazionale non ho difficoltà a confessare che un nodo mi stringe la gola. Sarà perché l’età “intenerisce il core”; sarà perché sono cresciuto con l’inno di Mameli nel sangue, come un “virus” resistente ad ogni delusione; sarà perché non sono “padano”, né potrei esserlo perché nella mia formazione scolastica non ho reminiscenze di quest’entità geografica; sarà perché tutte le volte che attraverso lo stretto mi sento a casa mia fino alle Alpi; sarà perché nelle due guerre mondiali lombardi e siciliani, calabresi e veneti piemontesi e campani hanno lottato fianco a fianco in nome dell’Italia; sarà perché è bello credere nell’unione che fa la forza e non nella divisione che indebolisce, nella solidarietà e non nell’egoismo; sarà perchè l’Italia ha la forma di uno stivale che non può esistere senza una parte, la conseguenza è che l’Inno mi commuove.
Le regioni in cui è suddivisa l’Italia le considero come parti dello stesso corpo, petali dello stesso fiore, grani di un rosario. I dialetti li percepisco come il linguaggio dei bambini che da adulti parlano la stessa lingua, la varietà del territorio come gli abiti che indossiamo, diversi per stile e colori, le tradizioni locali, differenti, come i caratteri che li coltivano. Forse è tutto questo mescolarsi di sensazioni, certezze e/o illusioni che mi fa sentire italiano.
Non comprenderò mai perciò le pretese “della padania”che in quanto entità geografica ipotetica non esiste, né l’animo “del padano” che lotta per la liberazione da un sentimento, quello nazionale che più di tutti deve possedere e difendere in quanto rappresentante di un’unità con cui dovrebbe identificarsi, se non altro per rispetto verso i padri fondatori, i lombardi e piemontesi Beccarla, Cattaneo, Cavour, D’Azeglio, Garibaldi, Gioberti, Manzoni, Vittorio Emanuele II e il ligure Mazzini che un’Italia unita hanno voluto e preteso a costo di spogliarci della nostra sicilianità alla quale ben volentieri abbiamo rinunziato nell’illusoria promessa di quell’unità mai conseguita nei fatti ma intimamente sentita nei cuori.
Pubblicato su La Sicilia l' 08/06/2010
Saro Pafumi

lunedì 7 giugno 2010

Linguaglossa, personaggi di paese:" minicheddu"


L'INFORMATORE di SICILIA
CATANIA incontri


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Se lo incontri con indosso l’immancabile impermeabile ecrù con quella sua aria timida e dimessa, mentre cammina inosservato per le strade del paese, a prima vista non ci scommetti sopra nemmeno una palanca. L’aspetto è di chi indossa abiti senza pretese, né può essere diversamente, quando esso interpreta lo spirito di una persona umile. Poi piano, piano, quando egli ti consente di penetrare nel suo animo, inizi a chiederti se chi si nasconde dentro quegli abiti un po’ démodé non sia per caso un artista. Il fervore che ci mette nei suoi racconti, elencando le varie tournee in giro per il mondo ( Santa Fè, Buenos Aires, Mar del Plata), è pari alla sua passione per il mandolino. Il suo non è un linguaggio comune, egli usa la lingua come un plettro e le sue parole sono toni musicali come quel suo mandolino che “pizzica” anche in sogno. Un mandolino che è cresciuto con lui; che, suo padre, buonanima, barbiere, postino ed artista anch’egli, gli mise nella culla per fargli assimilare forma e melodie. Sto parlando di Peppino Visicaro, “minicheddu” per gli amici di Linguaglossa, Beppy Visy per il mondo musicale, ex barbiere, ex postino a Linguaglossa, oggi pensionato, che il mondo c’invidia, salvo Linguaglossa che con i suoi artisti ha sempre avuto un atteggiamento di distacco, per poi pentirsene, quando sono gli altri ad apprezzarli, come la città di Napoli, patria del mandolino, che di frequente ospita “il nostro” Peppino nel rinomato e famoso Gran Caffè Gambrinus, attorno a quei tavoli dove i migliori musici, letterati e parolieri crearono il mito della Napoli canora. “O sole mio”. “Dove sta Zazà”, “Funiculì funiculà” le sonate richiestissime. Accedere e suonare nel celebre Gran Caffè Gambrinus non capita a molti, né la musica che ivi si ascolta è per tutte le orecchie. Solo a “minicheddu”, raffinato mandolinista catanese, è toccato questo privilegio. C’è chi ha frequentato rinomati Conservatori, chi si è formato all’estero alla scuola d’illustri maestri, egli si è forgiato nella bottega di barbiere del padre, a Linguaglossa, dove al pennello preferiva il plettro. Non ha nulla da invidiare ai grandi mandolinisti, anzi qualcosa da insegnare loro: l’innata umiltà, che è l’ottava nota del suo rinomato mandolino, che porta in giro per il mondo, strappando lacrime a quegli emigrati che lo applaudono con la bandiera italiana annodata al collo.
Saro Pafumi

venerdì 4 giugno 2010

Ministri leghisti e calciatori stranieri

La mancata partecipazione del Ministro degli interni Roberto Maroni alla parata per la festa della Repubblica ha innescato una serie di polemiche.
Personalmente non ci trovo nulla di strano, avendo da tempo equiparato i ministri leghisti ai calciatori stranieri che, come qualsiasi lavoratore, possono trasferirsi da uno Stato all’altro, percependo guadagni molto elevati. La Repubblica Italiana, al pari delle squadre di calcio, è molto ambita dagli stranieri ( dai padani in particolare), che, notoriamente, percepiscono ingaggi favolosi. Questa “compravendita” di ministri stranieri è chiamata “governo senza frontiere”anche se gli effetti sono negativi, perché dall’estero non giungono richieste di cessioni, ben conoscendo la natura dei nostri Ministri, né costoro sono disponibili a trasferirsi, avendo trovato nella Repubblica Italiana condizioni di mercato, altrove, impensabili.

Pubblicato su La Sicilia il 05/06/2010
Saro Pafumi

giovedì 3 giugno 2010

Morte dell'assegno bancario

“Morte dell’assegno bancario” può definirsi la storia che si racconta, che merita l’attenzione di chi opera giornalmente o anche occasionalmente col mondo bancario.
Sull’assegno bancario fa bella mostra di sé la scritta: a vista pagate per quest’assegno bancario euro………… La dicitura è una chiara finzione iperbolica, perché in concreto alcuni Istituti si rifiutano di cambiare a vista, in contanti e allo sportello l’assegno, se non si dispone d'un conto correte presso la banca trattaria. Pare che questa decisione tragga origine dalla raccomandazione di Bankitalia di limitare il cambio allo sportello di assegni bancari, anche al di sotto dell’importo previsto dalla normativa antiriciclaggio a persone “sconosciute” (sottolineo: sconosciute) per evitare il pericolo derivante dalla contraffazione di documenti d’identità falsi. Una raccomandazione che alcuni Istituti di credito hanno fatto propria, applicandola alla lettera, stravolgendone, a proprio profitto il significato.
Un’artificiosa prassi bancaria, pretestuosa e antigiuridica per almeno cinque considerazioni:
a) perché la banca non si limita a rifiutare il cambio a soggetto “sconosciuto”, ma indistintamente ad ogni cliente non correntista;
b) perché tale prassi è arbitrariamente praticata anche in presenza di cliente della stessa banca, notoriamente conosciuto e censito, per esempio perché ha contratto un mutuo con la stessa;
c) perché la banca realizza un profitto in virtù di un contratto (conto corrente) non voluto ed estorto con minaccia ( non ti cambio l’assegno se non stipuli contatto di C/C);
d) pèrchè realizza un profitto in forza di un comportamento antigiuridico.
e) perchè contravviene ad un preciso obbligo con il traente verso il quale ha assunto l’obbligo di pagare a vista l’importo, privandolo di uno strumento con cui onorare i propri impegni.
Quali le conseguenze e i rimedi.
Conseguenze: la morte dell’assegno bancario e il suicidio delle stesse banche, già peraltro in atto, per molteplici motivi ( la mancanza delle lunghe code agli sportelli è un chiaro segno);
Rimedi: presentare l’assegno per l’incasso con la clausola sul retro dell’assegno: per conoscenza e garanzia” seguita dalla firma del traente; farsi identificare dalle forze dell’ordine; in ultima analisi presentare esposto, corredato da prove testimoniali, ai Carabinieri. In tal modo la vicenda e l’esposto un esito dovranno averlo.

Pubblicato su La Sicilia il 04/06/2010
Saro Pafumi

martedì 1 giugno 2010

Li ciuri arrubbati supra la sipurtura





Giorni addietro su la rubrica Lo dico a La Sicilia un lettore manifestava il suo disappunto per non avere trovato i fiori deposti sulla tomba di un congiunto.
A questo lettore e a tutti coloro che hanno provato lo stesso dispiacere vorrei dedicare queste mie poche parole.


li ciuri arrubbati supra la sipurtura


Iaffiuzzu miu,
u visti ca mi purtasti li ciuri
supra la sipurtura
di marmu iancu
ca mi facisti.
Ca pi paiarli
di vucca lu pani ti luvasti.
Commu sacciu ca ti dispiacisti,
quannnu, turnannu,
‘un li trovasti.
Cunottiti Iaffiuzzu mio,
picchì di li to ciuri
sentu l’udduri,
ca è lu ciatu di lu to amuri.

saro pafumi