sabato 11 agosto 2012

C'è soprattutto l'incuria all'origine degli incendi

Ogni anno centinaia di ettari di terreni vanno letteralmente in fumo. Le cause sono le più varie: il dolo in prima linea. Al di là della perfidia umana la causa principale è l’abbandono delle campagne, una volta fonte di reddito. Gli incendi oltre a devastare l’ambiente. flora e fauna in particolare, talvolta con conseguenze irreversibili, comportano spreco di energie in termini di uomini e di mezzi, le cui spese ricadono sulla collettività. Se le campagne non fossero in abbandono gli incendi non ci sarebbero, come del resto avveniva in tempi remoti. I comuni invitano i cittadini a pulire i terreni da sterpaglie e rovi per evitare il propagarsi degli incendi, ma le ordinanze rimangono inascoltate o sono prive di efficacia, giacché il proprietario del terreno lasciato incolto, tutt’al più incorre in una sanzione il cui modico importo lascia del tutto indifferenti. Una soluzione efficace potrebbe essere l’esecuzione dei lavori di pulitura in danno dei proprietari inadempienti, il che comporterebbe la soluzione di due problemi: aumenterebbe l’impiego di manodopera in agricoltura e diminuirebbe il pericolo del propagarsi degli incendi con le conseguenze ben note. Si tratterrebbe del riordino di norme già esistenti con l’introduzione di regole più efficaci e risolutive. Se non si ricorre a mezzi spiacevolmente coercitivi, il problema degli incendi estivi è destinato a rimanere irrisolto. Il problema oltreché economico, comporta anche un danno dal punto turistico, perché vedere le aree incolte arse dagli incendi non depone a favore del territorio. A volte usare la mano pesante aiuta a far crescere sia l’individuo che la società, specie se quest’ultima è distratta o assente.


Pubblicata su La Sicilia il 11.08.2012. Saro Pafumi

martedì 7 agosto 2012

Ex galeotti,preferibilmente siciliani.Inviare curriculum per recupero crediti

Sul sito on line del Corriere della Sera è apparso un annuncio di un’agenzia specializzata nel recupero crediti del seguente tenore: “ Azienda seria e referenziata cerca uomini decisi, di poche parole e prestanza, ex culturisti ex galeotti, per recupero crediti in tutta Italia. Molto apprezzate origini meridionali, calabresi o siciliane. Si offre contratto e lauti compensi. Inviare cv, necessariamente con foto intera. Astenersi perditempo.” L’annuncio era apparso per la prima volta sul sito Subito.it, in seguito rimosso. L’annuncio apparentemente “stravagante” (non è dato sapere se trattasi di un annuncio vero o di una provocazione), contiene però due elementi di verità. Sta a dimostrare la crisi della giustizia che rende oltremodo difficoltoso il recupero crediti in tempi brevi e la necessità di ricorrere a metodi alternativi, efficaci e tempestivi. L’autore dell’annuncio ha inteso individuare nelle caratteristiche somatiche di calabresi e siciliani la soluzione del problema. Qualche commentatore ha storto il naso, ignorando o facendo finta d’ignorare che tale pratica è più diffusa di quanto si creda. L’originalità, semmai, sta nel fatto che una volta tanto qualcuno, per provocazione o realmente, è uscito allo scoperto o ha inteso denunziare una prassi ormai consolidata. Chi meglio di un calabrese o siciliano può incarnare il prototipo richiesto per il recupero crediti? La TV con i suoi sceneggiati sulla mafia ha contribuito a diffondere questo tipo di realtà. Nel caso dell’annuncio si è trattato di arruolare uomini idonei alla bisogna, identificati in base alla loro origine territoriale. Non si pensi comunque che il “prototipo” richiesto con l’annuncio, minacci, “in corso d’opera” chissà quali calamità o eserciti chissà quali pressioni. Si racconta di un tizio, assai prestante, specializzato nel caso in esame, che, nel presentarsi a casa del debitore, non profferiva che poche parole. Nel commiatarsi gli bastava esercitare con la mano una certa pressione sulla spalla del debitore, così da rendergli difficoltoso il distacco dei piedi dal suolo. Un “ antipasto” di quello che sarebbe potuto accadergli. L’annuncio “incriminato” si rivolge a coloro che in certa letteratura popolare sono definiti “ omini ‘i panza”. Razzismo, provocazione, necessità? Nel praticare il bene o nel fare il male ci vuole “vocazione”. Niente di scandaloso se, a parere di qualcuno, rientriamo nel secondo paradigma. Questo tipo di croce da tempo la portiamo addosso e non facciamo nulla, letteralmente nulla per liberarcene.


Pubblicata su La Sicilia il 07.08.2012. Saro Pafumi

venerdì 3 agosto 2012

Le moderne schiavitù

Inconsapevolmente, giorno dopo giorno, conquista dopo conquista, stiamo creando un nuovo modello di schiavitù: silenziosa, subdola, pseudo appagante, ma perciò stessa perniciosa, limitativa della volontà umana. Essa si annida nel confine sempre più indistinguibile tra scienza e tecnica. Le varie invenzioni tecniche hanno avuto come obiettivo la conquista di un migliore benessere umano. Siamo certi che molte di queste invenzioni hanno centrato lo scopo o hanno originato una nuova schiavitù? L’auto, il cellulare, la TV, per fare alcuni esempi, hanno sicuramente il sapore di nuove conquiste, ma col tempo e con le abitudini distorte dal cattivo uso hanno generato una nuova forma di schiavismo che non nasce dall’imposizione di “qualcuno”, ma dal rendere indispensabile l’uso di “qualcosa”. La moderna schiavitù si è interiorizzata: nasce non più come atto impositivo di qualcuno, ma per intimo convincimento che ci rende schiavi del nostro modo d’essere, agire o pensare. E’ l’esempio distorto dell’uso dell’auto, per esempio, che, da mezzo di lavoro o di trasporto, ha finto con l’essere una protessi applicata al corpo umano; è l’esempio maniacale del cellulare o di tenere la TV accesa anche senza vederla o ascoltarla. Quando la tecnica esaurisce il suo compito di agevolare, favorire, alleviare, per invadere la sfera dell’uso parossistico, attingendo la radice del cervello, un virus letale lo comprime, lo plasma, lo condiziona, adattandolo alla nuova emergenza che, invece di assecondarlo, lo reprime, lo condiziona, lo schiavizza. In queste condizioni l’uomo finisce di essere soggetto di se stesso, per diventare schiavo delle sue abitudini, manie, ossessioni. Il che determina dipendenza che, a sua volta, genera sforzo, sacrificio pur di assicurarsi quanto è indispensabile al suo essere. In questa conquistata, novella schiavitù umana non c’è denaro che basti. E poiché la tecnica si rinnova con la velocità del fulmine, anche l’adattamento comportamentale segue lo stesso ritmo, col risultato che ogni ritardo nel conseguirlo crea disagio, delusione, infelicità. E così il desiderio diventa esigenza, l’esigenza necessità, la necessità, schiavitù. A un migliore finto benessere corrisponde un altrettanto reale disagio economico o psichico. Abbiamo rotto le catene della schiavitù vera, per soggiacere a quella della tecnica che quotidianamente ci condiziona.


Pubblicata su La Sicilia il 03.08.2012. Saro Pafumi