lunedì 27 settembre 2010

i GIOVANI VANNO GUIDATI VERSO METE CONCRETE

L’amaro sfogo della studentessa di 19 anni che lamenta ( questa rubrica del 25/09) di non avere diritto ad un futuro normale spinge a fare alcune riflessioni.
Intanto, cominciamo a dire che studiare è un diritto ed insieme un dovere prima di tutto nei confronti di noi stesi, perchè in una società fortemente alfabetizzata la cultura ci aiuta a vivere. Il problema, semmai, è sapere quand’è giusto fermarsi: diploma o laurea. Il diploma apre numerose strade e consente qualche riconversione, per esempio nel campo dei lavori manuali, mentre la laurea incanala il soggetto verso un percorso ben definito, dal quale è difficile tornare indietro o nel quale è facile coltivare illusioni. Per fare un esempio è come se si salisse su un treno accelerato o un espresso, ben consapevoli che le fermate sono molte nel primo caso e poche nel secondo. Ma c’è un aspetto nella costruzione del futuro individuale che ciascun soggetto deve tenere ben presente: il diploma o la laurea di per sé non significano assolutamente nulla In una società caratterizzata dall’uso inflazionistico del “pezzo di carta” sono necessari altri valori: un plus che ci differenzi dagli altri, ossia “il merito”. Emergere dalla massa è un’esigenza imprescindibile, ma quanti sono coloro che oltre all’intelligenza hanno anche la virtù di differenziarsi? Molto spesso ci lamentiamo non solo per la difficoltà di trovare un posto di lavoro, ma anche per la coda che ci tocca fare in un ufficio pubblico, per l’attesa della definizione di una pratica, per il troppo traffico automobilistico che ci costringe a stare incolonnati, per un esame diagnostico rinviato alle calende greche, per un processo civile che tarda a concludersi, ecc. Le cause di tutti questi disservizi sono molteplici, ma quasi sempre imputabili al sempre crescente aumento della domanda. La verità è che siamo in troppi a chiedere o a fare la stessa cosa.
Avviene perciò che le difficoltà si sommano, perché ciascuno non rinunzia al proprio diritto, a prescindere se……….
Siamo individui che fanno parte di una folla che fa o vuole le stesse cose.
Un tema cinematografico magistralmente trattato, questo, da Kig Vidor nel film “La folla”, in cui ogni individuo vuole emergere dalla massa senza capire che le sue esigenze sono uguali a quelle degli altri. A 19 anni è indigesto capire tutto ciò, perché l’entusiasmo ci offusca la ragione, la passione ci rende schiavi della speranza e l’ingenuità ci fa credere di vivere in un mondo di diritti. Purtroppo a questi giovani manca una guida (genitori, scuola, società) che li sappia indirizzare verso mete concrete. Spiace dirlo, ma a noi genitori, in particolare, ci piace “parcheggiare” i nostri figli nelle varie università, perché quello che a noi importa è aver la coscienza a posto ( assicurare il diritto allo studio). a prescindere se il futuro non è roseo per chi ci sta a cuore. Nel commentare la lettera della diciannovenne, verrebbe da dire: “ ni ficiumu assai!”.
Pubblicato su La Sicilia il 26.09.2010
. Saro Pafumi

martedì 21 settembre 2010

VOLANTINAGGIO, UNA PRATICA INQUINANTE

L’imbrattamento di muri, pali, strade in occasione d’ogni tornata elettorale è ormai una consuetudine che fa parte delle nostre abitudini, quasi una tradizione che anticipa lo sporco di cui si colora la politica una volta conquistato il potere. Almeno, ci si consola, il periodo è limitato alla campagna elettorale, anche se i residui a volte permangono per mesi, se non per anni a deliziarci della loro immonda presenza. C’è pero un’altra usanza deleteria e sporcacciona, più della prima ed è l’uso di praticare il volantinaggio che lascia sulle strade, avanti agli usci delle case, sotto i tergicristalli delle auto nelle cassette della posta e in genere in ogni pertugio utile allo scopo montagne di carte di cui disfarsi è un’impresa. Come ogni cosa inutile che invade la nostra vita quotidiana questi volantini finiscono per terra abbandonati dalla maleducazione civica o sospinti dal vento per tramutarsi in tappeti cartacei. Molti di questi volantini finiscono inesorabilmente per rimanere imprigionati tra gli erbosi cigli stradali. pronti a riaffiorare quando è praticato il taglio delle erbe infestanti che insolitamente avviene, quando la stagione turistica volge al termine. Una pratica che anziché risolvere il problema lo aggrava. Gli operatori, infatti, usano “i soffiatori” col risultato che le foglie anziché raccolte sono accumulate lungo i cigli stradali, pronti a sparpagliarsi alle prime folate di vento o al semplice passaggio delle auto. Come si possa tollerare questo strano modo di far pulizia che costa denaro ed è palesemente infruttuoso è un mistero.
Possibile che anche questi apparentemente piccoli problemi debbano essere sempre risolti “all’italiana? ” Una mala sorte o più verosimilmente una caratteristica che ci accompagna in ogni manifestazione del nostro vivere civile, dalla politica, alla morale per finire alla quotidianità.
Pubblicato su La Sicilia il 22.09.2010
Saro Pafumi

giovedì 16 settembre 2010

DEMOCRAZIA ALL'ITALIANA

Qualcuno tempo fa mi ha fatto pervenire a casa la tessera elettorale. Come ogni buon cittadino, in ogni tornata elettorale compio il mio dovere e com’è ovvio mi rallegro o mi rammarico a seconda del risultato che proviene dalle urne. Alla Regione Siciliana nelle ultime elezioni ha vinto il Centro Destra che rappresenta la volontà del 65 percento di chi lo ha votato. In corso d’opera la maggioranza si è liquefatta. Logica e buon senso suggerirebbero di ritornare a votare, poiché il “trasformismo” tradisce la volontà degli elettori, ma poiché, in politica, comanda chi vince, il risultato è sotto gli occhi
In queste condizioni, andare a votare che senso ha, se nel corso d’opera le alleanze cambiano e il responso si ribalta?
Si sostiene che i deputati non sono legati al mandato degli elettori e in linea di principio si può esser anche d’accordo, ma in queste condizioni non è più logico che i deputati “se la cantino e se la suonino da soli” senza disturbare più di tanto l’elettore?
Nel mondo siamo i primi in gastronomia: non per niente abbiamo inventato l’insalata russa, la cotoletta alla milanese, la pasta alla palermitana, il baccalà alla vicentina e mille altre prelibatezze, senza escludere la nostra pasta alla norma.
Ora stiamo scandagliando la politica, col risultato che abbiamo inventato un altro tipo di democrazia: quella all’italiana. Siamo sempre i primi, Per questo all’estero c’invidiano ( o ci biasimano), a seconda dei punti di vista.
Pubblicato su La Sicilia il 17.09.201
. Saro Pafumi

mercoledì 15 settembre 2010

Ecco la cartolina, ma il francobollo lo cerchi altrove.Anche questo è disservizio per il turista

“Mi dia pure il francobollo per l’affrancatura”, gli disse, in uno stentato italiano, il turista straniero all’esercente che gli aveva venduto la cartolina illustrata. “ Mi spiace, non ho la licenza per i francobolli. Provi in tabaccheria o direttamente alla posta”. “ Se è così, si tenga pure la cartolina, non ho che farmene” ribatté il turista. La mancata vendita di una cartolina illustrata in un negozio a vocazione turistica non incide sicuramente sul bilancio, ma certamente nuoce alla sua immagine.
E’ quanto accade, con puntualità quotidiana, nei negozi di souvenir a Piano Provenzana ( ma non soltanto qui: accade ovunque) i turisti alla ricerca di un ricordo da portare agli amici, smarriti e disillusi per l’evanescenza delle strutture ricettive, finiscono con l’accontentarsi di una cartolina illustrata, unico segno tangibile della loro fugace presenza sull’Etna. Anche questo economico, innocente souvenir trova difficoltà ad essere smerciato sull’Etna, perché ad un turista straniero non riesce comprensibile che la cartolina si dissoci dalla sua naturale affrancatura. Anche volendo, l’esercente trova difficoltà a munirsi di francobolli, intanto perché vendendoli contravviene alla legge e poi perché in caso di controllo dello scontrino fiscale sullo stesso dovrà mancare per forza di cose l’importo dell’affrancatura. ammesso che l’esercente volenteroso la fornisca.
Qualcuno potrà obiettare: “ Ma come viene in mente di sollevare un problema così irrisorio, a fronte della montagna d’evasione fiscale che in ogni angolo del Bel Paese si consuma con quotidiana puntualità?” Per la semplice ragione che il controllo fiscale è facile, serrato e continuo con chi raccoglie le molliche del lavoro quotidiano e non con chi conosce i più reconditi meandri per aggirare le norme. Ne sano qualcosa le centinaia di migliaia d’esercenti al minuto che s’imbattono nei rigori della legge. Provate a chiederglielo.
Pubblicato su La Sicilia il 15.09.2010
Saro Pafumi

domenica 5 settembre 2010

LE PERLE DI SAGGEZZA DI DON SARBATURI SCIARMENTA





Poteva don Sarbaturi Sciarmenta, trovandosi di passaggio, fare a meno di venirmi a trovare? Non per deliziarmi con i suoi proverbi e la sua antica saggezza (pubblicato su questa rubrica il 27.03.2009), ma stavolta per comunicarmi la sua amarezza. “ U vidi”, mi diceva, “ staiu turnannu da campagna e cu ci trovu ammenzu a li viti? Tri vacchi a pasciri, cchiu rossi ‘i na montagna; pampini sciaminati, muri asdurrupati e viti sciancati A vidiri dda criatura accussì ridutta, mi cianceva lu cori”
Era un fiume in piena don Sarbaturi, dalla cui bocca non uscivano parole, ma fiele. Per uno che “travagghia”da quand’ è nato, vedere la sua vigna “ ca pari ca ci calau a sciara”, parole sue, dev’essere stato un dispiacere grande. “ Iù nun cianciu a racina”, mi diceva, “ma i travagghi persi: u scatinu, u rifunniri, i munzedda, u zappuneddu, a riterza, a scamuzzatina, u ‘mpalari, a spiddira, a pumpiatina, u surfuru persu, ca costa chiù d’un occhiu”” Elencava quei lavori, don Sarbaturi, nella lingua dei suoi padri. Per uno che la vigna chiama “criatura”il dolore doveva essere tanto. Stupito e addolorato anch’io, mi sembrava d’ascoltare non un contadino affranto, ma un padre, un marito che parlava della sua vigna come di un congiunto violentato, al quale avevano strappato anima e dignità. Che dirgli, per consolarlo: che c’è la legge? Quale? Che alla sua età è meglio pensare alla salute? Chiacchiere, chiacchiere, erano per don Sarbaturi. Forse era meglio consolarlo con qualche proverbio in cui era ferratissimo, lui che me ne aveva propinato a valanghe.
“ L’anticu ‘nsigna: voi vita sirena? Caliti juncu ca passa a china” gli dissi per rincuorarlo, aggiungendo: “ don Sarbaturi, chiustu è tempu di briganti!”. E lui: “Siddu ti suttametti all’omu tintu, azzappi all’acqua e simini a lu ventu”. Che mi rispondesse con un proverbio era scontato; cosa volesse significare era chiaro. Ma doveva avere quarant’anni meno, don Sarbaturi, pensai.
Pubblicato il 05/09/2010
Saro Pafumi