domenica 29 ottobre 2023

Il calcio, metafora di vita

 

Il calcio,metafora di vita.

Il Calcio Metafora di vita. Ho sempre ritenuto questo sport una delle attività più complete e affascinanti del mondo agonistico. Vi scorgo nel suo intreccio di regole e comportamenti una metafora di vita. Nei diversi ruoli che i calciatori interpretano, noto lo stesso impegno che ci capita di svolgere nella vita. Ora nel ruolo di portieri, quando siamo chiamati a parare le difficoltà della vita. In quello di terzini, per difenderci dall’assalto dei propri simili. Più spesso nei ruoli di centro campo, mediano, ala, secondo le inevitabili vicissitudini che ci accompagnano. Capita anche di interpretare il ruolo di attaccante, come quando s’inizia un’attività imprenditoriale o professionale, ignorando se si riuscirà a centrare l’obiettivo o a sfiorarlo come si fa con i tiri in porta che talvolta non centrano il bersaglio. Capita talvolta anche il ruolo di arbitro o guardalinee, quando siamo chiamati a mediare tra opposte tesi o a segnalare sconfinamenti e/o disattese regole di comportamento. Il mondo è un grande campo di calcio, dove giornalmente ci tocca di scegliere o di dovere accettare il ruolo che ci capita. E il pallone? Anch’esso fa parte della metafora. Interpreta la parte del destino, che spetta a ciascuno di noi, sotto forma di sfera, che per la sua duttilità somiglia alla sorte che rotola continuamente secondo i nostri comportamenti, necessità e coincidenze che condizionano la nostra natura umana. Resta il fischio finale, che quando la partita è finita o quando viene a cessare la parte attiva della nostra vita, non ci vede in campo, ma sugli spalti, spettatori di una vita vissuta: la nostra. Pubblicata su La Sicilia il 29.10.2023

sabato 28 ottobre 2023

Stiamo uccidendo la democrazia, per overdose di votazioni

 .  Inviata 02.10 15.10 28.10

Non si contano le tornate elettorali alle quali siamo chiamati, da quelle comunali, alle provinciali (tra poco), alle regionali e nazionali e infine a quelle europee. E’un susseguirsi di appuntamenti elettorali che ci immergono in un clima di ‘lotta continua’, basata sulla costruzione di un futuro immaginario, trascurando il presente. Seduti sulla sponda di un immaginario fiume, noi elettori, nei tanti dibattiti che affollano i media, vediamo scorrere davanti a noi fiumi di parole, di progetti, di promesse, che rimangono confusi suoni, mentre la terra trema sotto i nostri piedi. Non c’è spazio per orientarsi in questa selva di proposte e così i pochi che vanno a votare, spesso esprimono una preferenza senza convinzione, spinti dalla speranza che qualcosa cambi. Una speranza che non ha obiettivi, come non li ha quel segno che esprimiamo sulla scheda del voto. Finalmente la campagna elettorale si chiude e qualcuno vince o pensa di aver vinto. Ecco che un’altra tornata elettorale è alle porte, non importa se più importante o meno della prima. I dibattiti si riaccendono, più infocati di prima. La lotta continua. Seduti sulla sponda del nostro immaginario fiume, riascoltiamo smarriti il suono delle stesse parole e promesse di prima.  Un gioco che non finisce mai, perché votare non è scegliere da chi essere governati e come, ma votare per il solo gusto di proclamate un vincitore, che tale rimane solo sulla carta, perché poi intervengono altri poteri a decidere cosa fare: l’intrigo politico, la giustizia con le sue sentenze, la Regione in lotta col Governo centrale, la Provincia contro la Regione, il Comune contro la Provincia,l’Europa contro lo Stato di turno, la Corte Europea per gli affari di sua competenza, persino il Papa, un Giove terreno con competenze su temi universali. infine lo spread, un jolly, in mano a chi ha le carte dell’economia, un’arma insidiosa e letale che uccide qualunque democrazia. A questo punto sorgono spontanee due domande: chi comanda e perché votare ? Il 37,2% ha risposto a questa domanda, astenendosi dal voto. E’ in assoluto il primo partito, cui andrebbe il diritto di formare il Governo, se vivessimo in una vera democrazia.

sabato 7 ottobre 2023

Come nasce una poesia

 

Come nasce una poesia.

 

 Quando osserviamo un evento della natura, cerchiamo sempre di interpretarlo. Così guardando, in una giornata tiepida e serena, i rami tremuli di un albero, che svetta alto e maestoso, si pensa a qualcosa. Se si ricorre alla scienza, la risposta è facile. E’ l’effetto dei raggi del sole sull’aria, che riscaldandola la spinge in alto dove trova aria fredda che la fa confluire in basso. Ecco spigato il perché quei rami dondolano. Alla fantasia non basta e se si aggiunge l’estro descrittivo di chi osserva quel fenomeno, la conclusione è diversa. Piace immaginare quel movimento come una danza che imprime l’aria, al suono di una musica percettibile solo dalla natura. Quasi un incontro amoroso tra i protagonisti di quel fenomeno: il vento, soave e leggero e i rami, vogliosi di riceverlo: una carezza d’amore. Quel dolce dondolio può significare qualcos’altro: un dialogo tra i rami e il vento, ora immobili i primi, ora in movimento,come se la pausa fosse il silenzio per ascoltare e il movimento, la risposta con mute parole. La fantasia può tutto. E’ la fonte ispiratrice dei poeti. Penso a Leopardi che considera la natura fonte d’illusioni e di un fiore “La ginestra”ne é un simbolo : “fiore gentile, e, quasi provando compassione per i mali degli altri, fai salire al cielo un dolcissimo profumo che consola il deserto”.Un comunissimo fiore che a noi comuni mortali ci colpisce per il profumo e il suo colore, ma per Leopardi è la fonte ispiratrice di una poesia sublime. Cos’è quel tremolio dei rami, se una pia illusione? Una danza, un dialogo o un semplice effetto termico? La fantasia in certi casi ha il sopravvento sulla realtà e per chi ha un animo sensibile diventa poesia, insegna Leopardi.

venerdì 6 ottobre 2023

Propensione al'autoassuluzione

 

Propensione all’autoassoluzione.

Se c’è una colpa che ci riguarda tutti, è la propensione all’autoassoluzione, che poi è una forma di autoinganno, perché nasconde particolari sgradevoli che ci riguardano, passando attraverso la menzogna che da conforto. Spesso quando ascoltiamo qualcuno che rovescia su gli altri la colpa di un’azione riprovevole, ci vorrebbe uno dei presenti che, battendogli la mano sulla spalla, gli ricordasse i suoi errori. Ciò non avviene perché chi ascolta, non reagisce. Preferisce indossare la maschera dell’ipocrisia. Un modo di presentarsi in pubblico, che trae origine dal teatro. Ché teatro è tutto ciò che mettiamo in scena, essendo tutti noi attori, con addosso la maschera del momento, “. che in parte abbiamo scelto da soli e che in parte la società ci ha incollato addosso”, come afferma Pirandello. E’ su questo palcoscenico che viviamo tutta la vita, alternando la verità alla menzogna. il nostro pane quotidiano. Una strategia di sopravvivenza che ci permette di dire ciò che siamo e il contrario. Viviamo in questo mare magum d’ipocrisia, falsa amicizia, invidia e gelosia. L’ipocrisia era l’unico peccato che Gesù non poteva sopportare. Poiché oggi Gesù è lontano nel tempo, l’ipocrisia è entrata dalla porta principale èd è diventata compagna di viaggio.

lunedì 2 ottobre 2023

L'uomo e la formica

 

L’uomo e la formica.

Non si conta il numero delle formiche calpestate ogni giorno dal piede distratto dell’uomo. A chi possono interessare quelle morti. Non c’è difesa per esse, perché il Padreterno, o chi per Lui, le ha dotate di tante virtù, ma le ha negato di guardare in alto e conoscere quel gigante, che è l’uomo. Continuano da sempre a guardare avanti, impegnate a raggiungere la meta, ignare di potere rimanere vittime sul lavoro, schiacciate da quel piede assassino. Anche all’uomo può capitare di restare vittima di un incidente, come chi cade in un fossato e lì rimane stordito tra la vita e la morte. E’ il momento in cui la formica, transitando sul ciglio di quella voragine, guardando in basso, scopre la mole di quel gigante. Nulla può fare per aiutarlo, nemmeno se riuscisse a chiamare a raccolta un’intera tribù di formiche. Lo vede debole e indifeso, accomunato dallo stesso destino: impotente dinanzi alla morte. Da quell’altezza si scopre per un attimo anch’essa gigante, quasi superore a quell’essere che laggiù giace. Ne ha quasi pietà, un sentimento che a lui manca, quando col suo piede distratto schiaccia chissà quante sue consorelle. Così scopre che non é la grandezza che li fa diversi, ma il sentimento che pulsa dentro i loro cuori ed é orgogliosa della sua minutezza, che la pone sopra le misere umane cose. “Che cosa importa se siamo così diversi, in quanto a statura, se poi la sofferenza e la morte ci accomunano ? Nell’immensità dell’universo le differenze si annullano e anche l’uomo diventa una formica. Un sentimento che si coglie ne “L’infinito” di Leopardi, dove l’anima s’immagina quello che non vede di là dalle apparenze.