venerdì 25 ottobre 2013

La foto sulla patente

La foto sulla patente


Una delle leggi che la Repubblica Italiana ha dovuto recepire dall’Unione Europea, riguarda le caratteristiche delle foto da inserire nelle patenti di guida. Oltre alle tante caratteristiche indicate: qualità della fotografia; stile e illuminazione; occhiali e copricapo; una in particolare è vivamente raccomandata : l’espressione e l’inquadratura.

Secondo quest’ultima raccomandazione l’espressione dev’essere neutra e il candidato deve avere lo bocca chiusa ( niente sorrisi, si legge nella nota) e gli occhi aperti e ben visibili. Secondo questa disposizione mi immagino lo sforzo che deve fare, per sembrare “neutro” un tale che si è guadagnato l’appellativo di “uomo che ride” per quel suo atteggiamento assolutamente naturale di spontanea ilarità;

oppure quel tale chiamato “ ucca storta” perché fin dalla nascita una smorfia gli scolpì l a bocca, deviandola;

oppure ancora “ denti ‘i cani” al quale due incisivi impertinenti gli fuoriescono dalla bocca come un dragula assetato;

e ancora “ occhiu sghei” un tale con una palpebra perennemente socchiusa.

o che di re di “ ucchitti” che presenta due sottili pertugi a posto di due occhi ben aperti.

O “ aricchi ‘i sola” a causa di due orecchie ad ali di farfalla che sicuramente non entrano nell’inquadratura: e “occhi a pampanedda”? e altri ancora?

E che fine dovrà fare “ turi u cchiù” che non sorride, ma non si può dire che abbia lo sguardo neutro, se truce è.

Mi immagino il solerte funzionario con le foto in mano di questi soggetti raffigurati, interrogarsi e consigliare: un espianto, un’operazione chirurgica, un trapianto ? O più semplicemente dover la patente rifiutare?

Oh beffarda natura, che ti sollazzi,//talvolta,//a rendere “segnata” la faccia umana,//risparmia almeno il cervello di chi le leggi emana!//. Saro Pafumi



giovedì 24 ottobre 2013

I trucchi del mestiere. Quando la laurea si conquista in campo.

I trucchi del mestiere. Quando la laurea si conquista in campo


Da “ Racconti di sera” di Saro Pafumi

Don Nino un mestiere l’aveva e con quello ci campava bene, lui e la sua famiglia, ma a tempo perso faceva anche il consulente, niente di meno che per la forestale, perché ciò che lui sapeva di alberi e di legname non era noto a tutti, nemmeno alla stessa forestale.

A quei tempi non era infrequente che qualcuno rubasse qualche albero di pino nella nostra pineta. La gente povera doveva pur riscaldarsi e se anche gli usi civici consentivano ai linguaglossesi di fare legna nel Bosco Ragabo, un bel tronco di pino non era possibile tagliarlo. Avveniva , perciò, che, nottetempo, qualcuno, privo di scrupoli, sfidasse la sorveglianza della Forestale, riuscendo a trafugare qualche alto pino da portare.

La cosa era risaputa, ma la Forestale non riusciva mai a trovare il furfante sul fatto, per cui i tagli furtivi non soltanto non diminuivano, anzi, col tempo, sempre più s’incrementavano.

La ragione era semplice. Chi procedeva al taglio, di solito lo effettuava scavando una parte del tronco sotterrato, in modo da nascondere il taglio, per poi ricoprirlo, mettendo a posto terra, foglie e aghi di pino, così da nascondere il misfatto. Scoprire un taglio così effettuato era difficile e la Forestale non possedeva l’esperienza per farlo. Solamente don Nino riusciva col suo acume a scoprire il luogo e il furto. Come? Si accompagnava, percorrendo lunghi tratti a piedi, col Comandante della Forestale, al quale di tanto in tanto diceva: “qua manca un albero, più avanti un altro”, basta scavare” La circostanza era maledettamente vera, ma il Comandante di turno non riusciva a capire come don Nino potesse essere così preciso, per cui sospettoso com’era ,si domandava: “ Vuoi vedere che proprio don Nino è l’autore del misfatto?”. La cosa durò a lungo, finché un giorno don Nino, stufo di fare il consulente si decise finalmente a confessare non quello che pensava il comandante, ma il segreto della sua arte.

“Tu cerchi a terra” disse al Comandante, “mentre è in alto che devi guardare.

“Lo dici per celia o per farmi arrabbiare?”, chiese il Comandante.

“Niente affatto” rispose don Nino, con riso beffardo. “Guardando in alto scoprirai che, da un lato alcuni alberi mancano dei loro rami. Segno di uno sfregamento con l’albero che era a fianco e ora non c’è. Scavaci di sotto e capirai il perché”. Don Nino, ora è morto, ma generoso com’era, sapeva che quel segreto lo doveva tramandare, perché quando la pineta è di tutti, nessuno ha il diritto di rubare. Saro Pafumi

mercoledì 23 ottobre 2013

U vanniaturi di ieri e di.....oggi.

U vanniaturi di ieri e….. di oggi.


da “ Racconti di sera” di Saro Pafumi



Chi ha una certa età, si ricorderà certamente che a Linguaglossa decenni or sono, quando la mattina presto arrivava da Riposto o da Giardini il pesce, faceva la sua comparsa per le strade del paese “ Ninu lapollu, u vanniuturi”che con voce squillante, resa ancor più acuta dal vezzo di mettersi il palmo della mano dietro l’orecchio, annunziava l’arrivo delle freschezze ittiche: “U palaaaaamidu. u palaaaamidu, arrivau!”, “u pisci vacca, u pisci vacca, a picca sordi”. Finita a “vanniata”, “un quattruni” di sarde ( del giorno prima) il compenso per la sua fatica canora. Oggi, se dovesse ricomparire “Ninu lapollu, u vanniaturi” da l’aldilà, dove la sua anima riposa, il canto avrebbe un diverso contenuto: “Cupirtuni, lavatrici, matarazzi e mobili vecchi, arricugghitivi!!”. In ogni angolo recondito di certe strade si può trovare di tutto: tavuli, trispiti, calascinni arruggiati, buttigghiuni ccu coddu e senza coddu, dammiggiani cca pagghia e senza pagghia, Un vero emporio, un supermercato all’aperto dove rovistare, frugare e cercare un briciolo d’educazione civica è come trovare una pipita d’oro. Ben visibili, invece, tra mille cose inutili e sparpagliate con ragionato scempio si trovano mescolate ed abbondati la maleducazione, l’inciviltà, la villania, la rozzezza, la barbarie di un consumismo smodato che fa dell’uomo moderno un “signore” che indossa un vestito in doppio petto, sopra un costume di pelli d’animale.



Saro Pafumi

lunedì 21 ottobre 2013

Le incertezze del quotidiano

Le incertezze del quotidiano


Sarebbe opportuno abolire dal vocabolario due avverbi: “si” e “no” che in genere sono usati per esprimere affermazione o negazione nelle risposte, sostituendoli con un secco “forse” che li raggrupperebbe entrambi. Il perché dell’innovazione? In quest’epoca d’inganni non esiste alcuna certezza, intesa come parola data, come puntualità, come interpretazione di una norma, come evento certo. Questa incertezza quotidiana comprende quasi tutte le azioni umane. Per dirla con Lorenzo de’ Medici: “ Chi vuol essere lieto, sia: di doman non c’è certezza”. Purtroppo però il Medici lo scrisse nella seconda metà del quattrocento e si riferiva al futuro. Oggi l’incertezza riguarda anche il presente e abbraccia tutto: lavoro, pensione, tasse, diritti, ideali, speranze. L’affermazione o la negazione sono sempre accompagnate dal beneficio d’inventario. Il dubbio è diventato ragione di vita, lo scetticismo la stella popolare di ogni azione umana. Il cervello umano è un frullatore di interrogativi, dove i si e i no si mescolano formando una melassa d’incertezze che crea disagio, scoramento, disistima Non potere programmare genera disabilità mentale, specialmente nei giovani che vivono la loro condizione come un buco nero, una stagione senza tempo. Senza poter programmare il proprio destino, la vita si riduce a semplice attesa che è diventata la principale occupazione dei giovani, il mestiere per vivere o più correttamente per sopravvivere. Questa triste condizione di vita che abbiamo regalato ai nostri figli, fa si ch’essi siano risucchiati nel gorgo della delusione, dove ogni attimo perduto nell’attesa è un attimo di felicità sprecato, un sogno infranto, una speranza sprecata. Abbiamo rubato ai nostri figli il diritto di credere nel tempo: il futuro. “Forse un mattino andando in un’aria di vetro arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me…..” Chissà se Montale nel comporre questa splendida poesia pensava ai giovani d’oggi. Pubblicata su La Sicilia oggi 21.10. 2013

Saro Pafumi