giovedì 27 settembre 2012

Il "bidone" spaventa-auto

Se c’è una dote che a noi italiani non difetta è la fantasia. A Piedimonte Etneo si spreca. Nel centro cittadino l’amministrazione comunale ha pensato bene di installare un autovelox, come quello in uso in tanti punti strategici della nostra amata Penisola, con la differenza che a Piedimonte Etneo è un autentico “bidone”, uno “spaventa-auto” come quei pupazzi che i contadini usano collocare nei campi di grano che nel caso specifico della cittadina pedemontana è un parallelepipedo in lamiera, rigorosamente vuoto. Le difficoltà di cassa del Comune, forse, non permettono di acquistare il prodotto originale, cosicché, in mancanza “ un bidone” è chiamato a sostituirlo. Piedimonte Etneo non è nuovo a iniziative del genere. Negli anni ‘sessanta”, un solerte “guaritore” prometteva miracoli a chi avesse acquistato una bottiglietta d’acqua dagli effetti prodigiosi che pare fosse imbottigliata in una delle numerose spontanee sorgenti d’acqua di cui il territorio è ricco. Poi, sia pure con notevole ritardo, intervennero le Autorità e l’acqua “miracolosa” riprese la sua naturale funzione di bevanda dissetante. Piedimonte Etneo non è solo nella statistica di Comuni “fantasiosi”. Si ricorda un Comune del Nord Italia che negli incroci delle strade cittadine faceva bella vista di sé la sagoma di un vigile urbano in cartapesta colorata, con tanto di paletta segna-traffico, per non parlare delle numerose invenzioni napoletane: “aria di Napoli”, “cinture per automobilisti disegnate sulle magliette” e qui mi fermo perché l’elenco è lungo. Come si vede la fantasia non manca. Importante, nel caso in esame, è il fine: moderare la velocità. Se ciò si consegue senza spese per l’erario e senza multe per l’automobilista la genialità va riconosciuta. Anzi se il CdS più che di norme rigorose si servisse di “metafore” l’automobilista ne sarebbe grato.


Pubblicato su La Sicilia 27.09.12 Saro Pafumi

lunedì 24 settembre 2012

ETNA September 2012 Drover med flokken sin

Di tanto in tano amo salire a Piano Provenzana, con il desiderio di trovare qualche novità: la sperata posa della prima pietra di un albergo. Di ritorno, anche questa volta deluso, l’incontro di una mucca, staccatasi dal resto della mandria, ostacola la strada. La visione bucolica che al Carducci ispirò sereni versi, a me, prosaico mortale, nulla infonde. Spazientito, tento d’accostarmi a essa per aprirmi un varco, ma un cupo, prolungato “muhhhhuuuu” mi dissuade dal farlo. Intanto un pullman arresta anch’esso la sua corsa. Ne discendono turisti provenienti dai nordici fiordi che fotografano la scena, me compreso. Fermo sul ciglio della strada in attesa che “il mite pio bove”, liberi il passo, immagino sulla scrivania di un esportatore di stoccafisso la foto-ricordo, su di essa scritto a mano: “ Etna- september 2012-  Drover med flokken sin” che tradotto nella nostra lingua suona: “ Etna- settembre 2012- Bovaro con la sua mandria”. Mai avrei immaginato che Piano Provenzana, autentico scrigno di tesori repressi, mi donasse il mio attimo di folcloristica celebrità come “bovaro con la sua mandria”. Perciò ritorno spesso nel mio sito del cuore, sicuro di regalarmi attimi di emozionanti novità. Saro Pafumi

domenica 23 settembre 2012

La principessa in topless

Nonostante viviamo nel secondo millennio e la libertà sessuale è pane quotidiano, continuiamo a considerare il sesso come se fossimo in pieno medio evo. C’è qualcosa che prude dentro di noi, come un impulso irrefrenabile, se questo qualcosa ci spinge a proiettare all’esterno e a condividere con altri quest’aspetto della vita. La vicenda della principessa Kate in topless induce a fare alcune riflessioni. Perché la via sessuale “degli altri” interessa così morbosamente l’opinione pubblica da far nascere settimanali ad hoc che del gossip fanno il loro stile di vita? Forse la maggiore responsabilità è da attribuire alle religioni che da sempre, al riguardo, hanno condizionato pensiero e azione. “ Le corna” diventano così materia di scambio culturale, le foto osé ripagano l’aspetto giornalistico, fino a farvi rientrare, morbosamente, un innocente topless, reso, forse, più interessante per la sua reale appartenenza. Qual è la ragione che spinge a pubblicare la foto della Kate in topless e non il seno nudo di una giovane etiope? La “rara preziosità” della prima, ritenuta più interessante rispetto alla spontanea naturalezza della seconda o piuttosto la “prezzolata” morbosità legata alla prima? Forse la differenza sta in un certo tipo di lettore, orientato al maniacale interesse alla prima immagine, totalmente indifferente alla seconda. Il risultato resta scontato: consumato il momentaneo onanismo mentale, la foto sgualcita della principessa in topless resta confinata tra i fotoromanzi ingialliti della parrucchiera di turno, per poi essere smaltita assieme al nome dell’autore dello scatto rubato nella “differenziata”.Saro Pafumi




giovedì 20 settembre 2012

Cartelli che abbagliano e incroci al buio

L’Italia è il paese degli eccessi. Se provate a viaggiare di notte sulla Messina Catania rischiate di rimanere abbagliati dai numerosi cartelli stradali che s’incontrano. La rifrazione della luce è talmente eccessiva che l’automobilista, suo malgrado, ne rimane abbagliato. Se provate a transitare, invece, nel tratto che collega l’aeroporto di Catania al centro cittadino e viceversa, è come se si giocasse a mosca cieca. Un groviglio inesplicabile d’incroci nella più assoluta oscurità. Un labirinto che è il biglietto di visita per il viaggiatore: per chi arriva, anticipa il caos primordiale che impera in città, per chi parte la liberazione dal disordine cittadino, dove nulla è semplice e tutto complicato. C’è chi spende migliaia di euro per promuovere l’immagine della propria città, Catania si affida all’ambivalenza simbolica dell’intricato labirinto stradale. Un tragitto, per il viaggiatore, di penitenza e di espiazione proteso alla salvezza: l’agognato punto di arrivo, sia esso l’aeroporto o il centro cittadino.


Pubblicata su La Sicilia 20.09.2012. Saro Pafumi

mercoledì 19 settembre 2012

Caro cassonetto......


Caro cassonetto,

ogni giorno, uscendo da casa, controllo il tuo stato di salute, perché so che oltre che un fedele servitore, sei un amico. Ricolmo, mi attendi “a bocca aperta”, perché, oggi, l’operatore ecologico è andato a protestare, ché anch’egli ha diritto di mangiare. Tu, con la pancia piena dei miei avanzi alimentari, mi avverti che talvolta esagero, ma non sbuffi, né mi rinfacci l’insolenza nel trattarti. Solo, emarginato, come un turco extracomunitario, ti tengo a debita distanza, anche se tua non è la puzza che emani. Muto e disciplinato assolvi la tua opera con dignità e non risparmi la tua generosità con famelici randagi che financo le tue vesti dilaniano con voracità. Quando, raramente, ozioso, attendi il mio passare implori un atto di pietà: una schizzata d’acqua che elimini per qualche ora ogni impurità. A volte, ti confesso, soffro nel trovarti capovolto o ammaccato, perché l’incuria umana non risparmia neanche te, soggetto inanimato. Tu che col tuo modo d’essere sei lo specchio della società, sopporti ogni ignominia, come se tua fosse la causa di tutte le nocività. Ti chiamano “ monnezza”, ma tritata, macerata, incenerita, trasformata, ci ricorda Lavoisier, potresti essere la nostra ricchezza. Saro Pafumi

giovedì 13 settembre 2012

Gli insoliti souvenirs di Piano Provenzana


Spesso molti “turisti” si connotano per la caratteristica personale di sottrarre dai luoghi di vacanza gli oggetti più vari, spesso di modico valore, come souvenir del luogo visitato. Una “ “cleptomania” molto diffusa che colpisce ricchi e poveri, giovani e adulti, tutti contrassegnati da un alto grado d’inciviltà. A Piano Provenzana succede di peggio, perché qualche turista da strapazzo ha deciso di asportare i passantini scorrevoli da dietro le porte dei bagni, di guisa che l’utente “bisognoso” necessita di un amico che come guardia del corpo sovrintende al compito di avvertire gli altri utenti che il bagno è occupato. Salvo l’alternativa, in uso nell’antica Roma, che consentiva di espletare “i bisogni” in compagnia. Condizione non del tutto disdicevole, da riproporre, perché consente di conoscere nuovi, autentici, amici, se è vero il detto che quest’ultimi si riconoscono nel momento del “bisogno” Una ragione in più e non da poco per andare a Piano Provenzana.

Pubblicata su La Sicilia il 14.09.2012. Saro Pafumi

sabato 8 settembre 2012

La crisi di Catania è antropologica


Ho seguito il dibattito su La Sicilia “Come rendere Catania più attrattiva…” dove eminenti personalità dicono la loro come prepararsi alla sfida del domani. Una personale riflessione. Esatte le diagnosi elencate e centrate le prognosi, ma il problema resta. Mi chiedo: Chi dovrà esprimere queste energie represse? Con quali mezzi economici e organizzativi? Mi avvalgo di un paragone. Compariamo Catania a un campo di calcio sul quale deve disputarsi una partita. Il campo c’è ed è ben messo, Occorre la squadra e l’allenatore. Catania come città ha il territorio da sfruttare, ma mancano i giocatori (amministratori), manca l’allenatore (schema di gioco), mancano i regolamenti (leggi, norme chiare e applicabili), ma manca soprattutto il pubblico (la collaborazione e la cultura civica dei cittadini). Per essere più chiaro: il problema non riguarda il territorio, ma gli uomini che lo compongono. La storia amministrativa passata e recente lo dimostra a chiare lettere. Questa crisi che definirei “ antropologica” non è facile da combattere, perché educare l’uomo è un’arte che presuppone tempo e maestri in grado di farlo. A Catania ci sono individualità eccellenti che quando diventano “gruppo” (amministrazione) smarriscono la loro potenzialità individuale, vuoi per colpa delle leggi (burocrazia in primis), vuoi perché portatori d’interessi egoistici o di bottega. Che fare? Formare la squadra / amministratori) dotarli di mezzi normativi adeguati e mettere in pentola le idee migliori. Come si vede da questa approssimativa disamina delle supposte cause del mancato sviluppo di Catania, il problema è umano e normativo. Le belle idee ci sono, ma come tutti i sogni muoiono all’alba, se mancano uomini, concretezza e abnegazione, a cominciare “dall’ultimo cittadino”, perché è dalla base che si costruisce la piramide. Saro Pafumi

Pubblicata su La Sicilia  08.09.2012

giovedì 6 settembre 2012

La metafora del sacchetto in fuga


Si dimena, si contorce, si agita, infine rotola per terra, come “un evaso” dal cellulare che, rotte le catene, assapora la libertà. Non gongolate di gioia se vi capita d’imbattervi in un sacco rinvenuto per strada. Non si tratta del sacco pieno di regali smarrito da una distratta befana, né di uno pieno di soldi abbandonato da un anonimo benefattore né di un pacco bomba, per cui è consigliabile avvertire gli artificieri. E’ semplicemente un sacco d’immondizia, che, rotolando dal compattatore, guidato da un operatore ecologico distratto e sonnolente, nutre la speranza di sottrarsi alla sua ingloriosa fine. Non sa “il poveretto” che l’attende un diverso, inesorabile tragico destino. Se anche un automobilista caritatevole zig-zagando riesce a risparmiarlo, un altro sopraggiunge e poi un altro ancora, una catena interminabile di auto che lo sfortunato superstite trasforma in un’irriconoscibile poltiglia spiaccicata per terra che forse si tramuterà in fertile humus o in trappola mortale per le mille bestiole fameliche che l’assaliranno. Il trasporto dell’immondizia con i compattatori è anche questo: un viaggio nell’ignoto o l’incontro ravvicinato con le auto o peggio ancora il colpo di frusta nel parabrezza di un anonimo automobilista, secondo la metafora: “Chi sputa in cielo in faccia gli ritorna”. Siamo del tutto consapevoli che la spazzatura che produciamo, se non adeguatamente trattata, non ci ritorni addosso come quel simbolico sacchetto che, rotolando dal compattatore, ci ricade addosso? Anche da un episodio così apparentemente insignificante a volte è possibile cogliere un insegnamento di vita o per lo meno un campanello d’allarme sul destino che ci aspetta se il nostro approccio con lo smaltimento dei rifiuti è contrassegnato da menefreghismo e superficialità.

Pubblicata su La Sicilia il 06.09.2012. Saro Pafumi

domenica 2 settembre 2012

Dopo la tassa sulle bollicine manca quella sulla pioggia


Il Presidente Monti ha tassato le “bollicine”, l’acqua minerale, per intenderci e tutte le atre bevande addizionate con anidride carbonica. Vuoi vedere che ragionando di questo passo ci costringe a ritornare alla mitica, antica gassosa che una volta si vendeva per strada, opportunatamente rinfrescata con ghiaccio, di consumo assai popolare e reclamizzata con uno squillo di trombetta? A rigor di legge la mitica gassosa non dovrebbe rientrare nella tassazione, perché, come si sa, la gassosa è un miscuglio di acqua, zucchero e acido citrico, resa effervescente se esposta al sole. Poiché non c’è nessuna “addizione” artificiale e l’energia solare ancora non è oggetto di incursioni fiscali, vuol dire che chi produce e fa uso di gassose non è colpito dalla tassa. Peccato che questo particolare sia sfuggito a Monti, perché anziché tassare le bollicine, per raschiare ulteriormente il barile, avrebbe dovuto tassare non solamente le bollicine, ma tutte le bevande che una volta aperte “fanno il botto”, anche se prodotto con la bocca. Speriamo che il bravo Monti si fermi e non introduca altre stramberie, come, per esempio, la tassa sulla posta elettronica, perché in questo caso saremo costretti a ricorrere al messaggero al cavallo. A proposito, quando la tassa sulla pioggia, in modo che diventi ufficiale il detto: “ Piove, Governo ladro!"

Pubblicata su La Sicilia il 31.08.2012. Saro Pafumi

Tassare il computer


L’emanazione di una legge ha di regola un iter tormentato. C’è chi la scrive, chi la corregge, chi l’approva, chi la promulga, chi la pubblica, ma prima di tutto c’è qualcuno che la pensa. Salvo determinati casi, quasi mai è noto l’ideatore, ossia il padre nobile della legge promulgata. Prendiamo come esempio la proposta di legge che vuole introdurre il canone a chi possiede un computer, una sottospecie di abbonamento Rai/TV. Come possa sguazzare in testa a qualcuno un’idea simile è incomprensibile, eppure deve esserci stato qualcuno che nelle tenebre della notte, affetto d’insonnia, dimenandosi sotto le coperte, ha avuto l’intuizione. Un’ida non nasce per caso, spesso è frutto di un’intima, travagliata elaborazione. C’è per esempio chi la notte pensa come trovare un’occupazione o guarire da una malattia, c’è chi pensa come pagare le tasse e i fornitori, c’è chi pensa come imbrogliare il prossimo e infine c’è chi pensa alla grande: come rompere “le tasche” agli italiani. Sicuramente ci vuole una buona dose di cinismo, ma soprattutto si deve trovare in condizioni economiche ottimali se è vero il detto: ” u saziu nun cridi o diunu”. Forse per questo occorre abbassare di molto il livello economico dei parlamentari: per renderli alla stregua di chi ha bisogno o di chi cerca in mille modi come sbarcare il lunario. Forse la notte dormirebbe di meno, come capita a tutti i mortali con problemi, e non avrebbe il tempo di pensare a come rendere la vita più difficile agli altri.

Pubblicato su La Sicilia il 27.08.2012. Saro Pafumi