sabato 8 settembre 2012

La crisi di Catania è antropologica


Ho seguito il dibattito su La Sicilia “Come rendere Catania più attrattiva…” dove eminenti personalità dicono la loro come prepararsi alla sfida del domani. Una personale riflessione. Esatte le diagnosi elencate e centrate le prognosi, ma il problema resta. Mi chiedo: Chi dovrà esprimere queste energie represse? Con quali mezzi economici e organizzativi? Mi avvalgo di un paragone. Compariamo Catania a un campo di calcio sul quale deve disputarsi una partita. Il campo c’è ed è ben messo, Occorre la squadra e l’allenatore. Catania come città ha il territorio da sfruttare, ma mancano i giocatori (amministratori), manca l’allenatore (schema di gioco), mancano i regolamenti (leggi, norme chiare e applicabili), ma manca soprattutto il pubblico (la collaborazione e la cultura civica dei cittadini). Per essere più chiaro: il problema non riguarda il territorio, ma gli uomini che lo compongono. La storia amministrativa passata e recente lo dimostra a chiare lettere. Questa crisi che definirei “ antropologica” non è facile da combattere, perché educare l’uomo è un’arte che presuppone tempo e maestri in grado di farlo. A Catania ci sono individualità eccellenti che quando diventano “gruppo” (amministrazione) smarriscono la loro potenzialità individuale, vuoi per colpa delle leggi (burocrazia in primis), vuoi perché portatori d’interessi egoistici o di bottega. Che fare? Formare la squadra / amministratori) dotarli di mezzi normativi adeguati e mettere in pentola le idee migliori. Come si vede da questa approssimativa disamina delle supposte cause del mancato sviluppo di Catania, il problema è umano e normativo. Le belle idee ci sono, ma come tutti i sogni muoiono all’alba, se mancano uomini, concretezza e abnegazione, a cominciare “dall’ultimo cittadino”, perché è dalla base che si costruisce la piramide. Saro Pafumi

Pubblicata su La Sicilia  08.09.2012

Nessun commento: