sabato 23 febbraio 2013

Linguaglossa e i suoi figli migliori.


Non molto tempo fa Linguaglossa si mobilitò in pompa magna per accogliere il Prof. Di Bella che con la sua somatostatina aveva creato un certo interesse scientifico nella cura contro il cancro. Fino allora il nome del Prof Di Bella era conosciuto solo negli archivi anagrafici del Comune di Linguaglossa. Giornali e televisioni a quel tempo non lesinarono nulla sulla vicenda e il nome di Linguaglossa, paese natio del professore, rimbalzò agli onori della cronaca. Poi in seguito a dibattiti e convegni, la cura fu dichiarata inefficace, almeno nelle forme e nei modi indicati dallo scienziato. Il nome del Prof. Di Bella piombò nell’oblio e con esso Linguaglossa con le sue celebrazioni in onore del figlio prediletto Linguaglossa non è nuova a simili infruttuosi esploits. Negli anni sessanta stessa sorte toccò a F. Messina, figlio anch’egli di questa terra, che “disdegnò” Linguaglossa per motivi tuttora poco chiari, ma non del tutto. Di recente “la disattenzione” del paese verso i suoi figli migliori ha mietuto altre vittime, sia in campo politico, che in quello letterario e artistico, ligia alla regola.” Nemo profeta in patria sua” Di questo difetto congenito di Linguaglossa, la primogenitura spetta paradossalmente proprio F. Messina che nel lontano 1932, stando ai suoi stessi ricordi ne fece le spese nel suo paese natale. Nell’episodio raccontato dall’Artista, si annida, forse, la radice del disinganno verso la sua terra, se la mancata accoglienza, allora pomposamente annunciata dalle autorità locali (podestà era il dr. Rosario Reganati) con tanto di banda all’ingresso del paese fu un vero fiasco. “ A ricevermi all’ingresso del paese non trovai che lo zio e due suoi amici…disoccupati” E più oltre, il suo commento sulla vicenda: “Fortunatamente in Sicilia certi progetti entusiastici, perseguiti fervorosamente nell’immaginazione, raramente si concretano. Si sviluppano nella mente ma poi si afflosciano nell’incontro con la realtà, barriera quasi insormontabile per chi ha elaborato un’idea e l’ha, per ciò stesso esaurita”. Messina visse a Linguaglossa solo pochi anni quattro o cinque, ma la sua sensibilità di artista, proiettata a penetrare nell’animo umano gli permise di scrutare attraverso il carattere dei genitori, quello più in generale dei siciliani. Forse sta qui la chiave per interpretare Messina e il rapporto travagliato che ebbe con la “sua” Linguaglossa, ma anche con la Sicilia in generale, dalla quale non ricevette commissioni artistiche (parole sue), se non in ritardo rispetto alla sua riconosciuta fama. Ecco il suo amaro sfogo, quale trapela da una lettera confidenziale inviata a un amico, che affida ai versi di Foscolo: ” Tu non altro che il canto avrai del figlio, o amata mia terra….”.Il resto è vita. Saro Pafumi

lunedì 11 febbraio 2013

Corrispondenza da Linguaglossa: Passata la festa gabbato lo Santo

Corrispondenza da Linguaglossa: Passata la festa gabbato lo Santo: Passata la festa gabbato lo Santo. Al clero religioso, ai tantissimi devoti, ai catanesi tutti, una domanda: “ Quante vite umane si potre...

Passata la festa gabbato lo Santo

Passata la festa gabbato lo Santo.


Al clero religioso, ai tantissimi devoti, ai catanesi tutti, una domanda: “ Quante vite umane si potrebbero salvare con l’impiego caritatevole e mirato di tutti quei preziosi che adornano il busto di Sant’Agata? Una domanda che ho rivolto al mio confessore, immaginando di commettere peccato al solo pensiero di formularla.

Saro Pafumi

Il falso in bilancio

Non passa giorno senza che Bersani non rimproveri al centro destra, in primis a Berlusconi, la responsabilità di avere depennato il reato di falso in bilancio. Le ultime vicende legate al MPS ne sono la dimostrazione. Opinione rispettabilissima e moralmente ineccepibile, quella di Bersani. Stante il maniacale interessamento di Bersani verso questa forma di reato, la pratica di ricorrere al falso in bilancio dovrebbe essere una prassi molto diffusa e per nulla trascurabile. Sarebbe interessante conoscere, però, chi ricorre a questa pratica. Una recente frase pronunciata da Bersani fa presagire risvolti inquietanti. A proposito del presunto “buco” nel bilancio del 2013, Bersani accusa Monti di avere presumibilmente nascosto “la polvere sotto il tappeto”.  Una metafora, quella di Bersani, dietro la quale si nasconde il sospetto di conti truccati dello Stato, ossia di falso in bilancio. Se vere queste illazioni, è da chiedersi: che rilevanza può avere il falso in bilancio di un’impresa, piccola, media o grande, se è lo Stato che per primo ricorre a questa prassi? Si dice: “ U pisci feti da testa”. Un bell’esempio sarebbe, pertanto, se Bersani, una volta al governo, scoprendo i conti truccati nel bilancio dello Stato “mandasse in galera” il titolare del ministero dell’economia. Ciò non avverrà mai perché “ infame” non è solo il mafioso che denunzia altro mafioso, ma anche il politico che fa altrettanto col politico. Certe regole di costume hanno la forza di travalicare steccati insormontabili, quando è il bene o la salvezza comune che li unisce. Saro Pafumi