L’amaro sfogo della studentessa di 19 anni che lamenta ( questa rubrica del 25/09) di non avere diritto ad un futuro normale spinge a fare alcune riflessioni.
Intanto, cominciamo a dire che studiare è un diritto ed insieme un dovere prima di tutto nei confronti di noi stesi, perchè in una società fortemente alfabetizzata la cultura ci aiuta a vivere. Il problema, semmai, è sapere quand’è giusto fermarsi: diploma o laurea. Il diploma apre numerose strade e consente qualche riconversione, per esempio nel campo dei lavori manuali, mentre la laurea incanala il soggetto verso un percorso ben definito, dal quale è difficile tornare indietro o nel quale è facile coltivare illusioni. Per fare un esempio è come se si salisse su un treno accelerato o un espresso, ben consapevoli che le fermate sono molte nel primo caso e poche nel secondo. Ma c’è un aspetto nella costruzione del futuro individuale che ciascun soggetto deve tenere ben presente: il diploma o la laurea di per sé non significano assolutamente nulla In una società caratterizzata dall’uso inflazionistico del “pezzo di carta” sono necessari altri valori: un plus che ci differenzi dagli altri, ossia “il merito”. Emergere dalla massa è un’esigenza imprescindibile, ma quanti sono coloro che oltre all’intelligenza hanno anche la virtù di differenziarsi? Molto spesso ci lamentiamo non solo per la difficoltà di trovare un posto di lavoro, ma anche per la coda che ci tocca fare in un ufficio pubblico, per l’attesa della definizione di una pratica, per il troppo traffico automobilistico che ci costringe a stare incolonnati, per un esame diagnostico rinviato alle calende greche, per un processo civile che tarda a concludersi, ecc. Le cause di tutti questi disservizi sono molteplici, ma quasi sempre imputabili al sempre crescente aumento della domanda. La verità è che siamo in troppi a chiedere o a fare la stessa cosa.
Avviene perciò che le difficoltà si sommano, perché ciascuno non rinunzia al proprio diritto, a prescindere se……….
Siamo individui che fanno parte di una folla che fa o vuole le stesse cose.
Un tema cinematografico magistralmente trattato, questo, da Kig Vidor nel film “La folla”, in cui ogni individuo vuole emergere dalla massa senza capire che le sue esigenze sono uguali a quelle degli altri. A 19 anni è indigesto capire tutto ciò, perché l’entusiasmo ci offusca la ragione, la passione ci rende schiavi della speranza e l’ingenuità ci fa credere di vivere in un mondo di diritti. Purtroppo a questi giovani manca una guida (genitori, scuola, società) che li sappia indirizzare verso mete concrete. Spiace dirlo, ma a noi genitori, in particolare, ci piace “parcheggiare” i nostri figli nelle varie università, perché quello che a noi importa è aver la coscienza a posto ( assicurare il diritto allo studio). a prescindere se il futuro non è roseo per chi ci sta a cuore. Nel commentare la lettera della diciannovenne, verrebbe da dire: “ ni ficiumu assai!”.
Pubblicato su La Sicilia il 26.09.2010
. Saro Pafumi
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