lunedì 7 giugno 2010
Linguaglossa, personaggi di paese:" minicheddu"
L'INFORMATORE di SICILIA
CATANIA incontri
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Se lo incontri con indosso l’immancabile impermeabile ecrù con quella sua aria timida e dimessa, mentre cammina inosservato per le strade del paese, a prima vista non ci scommetti sopra nemmeno una palanca. L’aspetto è di chi indossa abiti senza pretese, né può essere diversamente, quando esso interpreta lo spirito di una persona umile. Poi piano, piano, quando egli ti consente di penetrare nel suo animo, inizi a chiederti se chi si nasconde dentro quegli abiti un po’ démodé non sia per caso un artista. Il fervore che ci mette nei suoi racconti, elencando le varie tournee in giro per il mondo ( Santa Fè, Buenos Aires, Mar del Plata), è pari alla sua passione per il mandolino. Il suo non è un linguaggio comune, egli usa la lingua come un plettro e le sue parole sono toni musicali come quel suo mandolino che “pizzica” anche in sogno. Un mandolino che è cresciuto con lui; che, suo padre, buonanima, barbiere, postino ed artista anch’egli, gli mise nella culla per fargli assimilare forma e melodie. Sto parlando di Peppino Visicaro, “minicheddu” per gli amici di Linguaglossa, Beppy Visy per il mondo musicale, ex barbiere, ex postino a Linguaglossa, oggi pensionato, che il mondo c’invidia, salvo Linguaglossa che con i suoi artisti ha sempre avuto un atteggiamento di distacco, per poi pentirsene, quando sono gli altri ad apprezzarli, come la città di Napoli, patria del mandolino, che di frequente ospita “il nostro” Peppino nel rinomato e famoso Gran Caffè Gambrinus, attorno a quei tavoli dove i migliori musici, letterati e parolieri crearono il mito della Napoli canora. “O sole mio”. “Dove sta Zazà”, “Funiculì funiculà” le sonate richiestissime. Accedere e suonare nel celebre Gran Caffè Gambrinus non capita a molti, né la musica che ivi si ascolta è per tutte le orecchie. Solo a “minicheddu”, raffinato mandolinista catanese, è toccato questo privilegio. C’è chi ha frequentato rinomati Conservatori, chi si è formato all’estero alla scuola d’illustri maestri, egli si è forgiato nella bottega di barbiere del padre, a Linguaglossa, dove al pennello preferiva il plettro. Non ha nulla da invidiare ai grandi mandolinisti, anzi qualcosa da insegnare loro: l’innata umiltà, che è l’ottava nota del suo rinomato mandolino, che porta in giro per il mondo, strappando lacrime a quegli emigrati che lo applaudono con la bandiera italiana annodata al collo.
Saro Pafumi
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