sabato 19 giugno 2010

Le disillusioni di una giovane coppia





Un giovane amico, convolato a nozze dopo una lunga riflessione, mi manifesta, in vena di confidenze, la comune volontà sua e della moglie di rinunziare alla gioia del concepimento. Intanto, perché la loro condizione non offre spunti ottimistici, precari come sono nel mondo del lavoro, in secondo luogo, aspetto non del tutto marginale, perché l’economia di questo nostro paese affonda nei debiti, dai quali è difficile uscire e le cui conseguenze, stando a suo dire, si ripercuoteranno sull’attuale generazione e su quelle future.
“Un debito pubblico di oltre milleottocento miliardi d’euro, intraducibile in lire, comporta per ogni cittadino italiano un onere di circa trentamila euro pro capite, nascituri compresi.
Fatti pochi conti, una famiglia tipo di quattro persone è oberata da un debito complessivo di centoventimila euro, Non basta una vita non solo per estinguerlo, ma nemmeno per sopportarne gli effetti, perchè se anche è vero che il debito non è personale ma dello Stato, chi subisce le conseguenze è il popolo, con un avvenire fatto di sangue e lacrime. Se a stento riusciamo o cerchiamo di riuscire a superare in due le difficoltà quotidiane, le stesse si raddoppieranno con prole a carico”. Con simile prospettiva, è il suo argomentare, è una follia metter al mondo dei figli.
Un ragionamento che per la sua fredda lucidità lascia pochi margini di contestazione.
Provo, con difficoltà, ad obiettare che in tempi remoti erano le famiglie più povere a mettere al mondo una nidiata di figli, senza che fossero minimamente influenzate dalla loro condizione economica.
“E la c.d. “paternità responsabile”, che l’educazione moderna ci ha inculcato, a quale gradino della scala sociale la collochiamo? mi risponde.
Il mio prolungato silenzio alla sua domanda è il segno evidente che sono all’angolo di un ring dialettico e mi fa capire che la mia e la sua generazione sono due continenti alla deriva: una generazione che va scomparendo, cui segue un’altra foriera di disillusioni e sacrifici.
Spinto da un sussulto generazionale obietto che “non voler concepire ha la sua radice nell’egoismo. Pronta la replica: “ La paternità è un valore per realizzare noi stessi; i figli sono il mezzo per realizzare questo fine. Se la realizzazione di questo fine comporta il sacrificio del prossimo (i figli) questo sì che è vero egoismo.
Si condivida o no il pessimistico pensiero del mio giovane amico, una cosa é certa: non è una tesi isolata o peregrina, la sua, ma condivisa da molti giovani, consapevoli che il futuro non è tutto rose e fiori.
Pubblicato su La Sicilia il 20.06.2010 Saro Pafumi

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