Le cantilene dei vecchi carrettieri
Quando nel dopoguerra le auto non
raggiungevano la diffusione di oggi, il trasporto delle merci avveniva con i
carri e di notte era frequente ascoltare per le polverose, solitarie strade le
cantilene dei carrettieri, che si accompagnavano allo zoccolio dei cavalli. Io,
che a Linguaglossa abitavo nella piazza principale del paese, ascoltavo volentieri, da bambino,
le cantilene dei carrettieri di passaggio.
Un canto, prima lontano e lieve,
che aumentava di tono all’avvicinarsi, fino a mescolarsi con lo zoccolare del
cavallo e lo sferragliare cadenzato del carro, per poi dissolversi in
lontananza, fino a spegnersi nella tristezza della notte.
Spesso mi alzavo per vedere nell’oscurità
della notte il carro che giungeva, appena
rischiarato dalla fioca luce di un’oscillante lampada a petrolio e
porgevo attento il mio orecchio per afferrare quei pochi versi che mi tingevano
il cuore di mestizia.
“Tira cavaddu miu, tira e
camina/. L’ura è tarda e la strada è luntana/. Lu suli mi cuddau arreri ‘na
spina/’ ‘ndu straduni di la nostra <chiana>/. Ci curpa cu sunau
l’Avimmaria/, ca ancora menzannotti è/. Lu scrusciu di la rota e la catina/
cumpagni sunu di sta vuci paisana”/.
Quando nella lontananza la
cantilena lentamente si spegneva e la luce della lampada diventava una tremante
fiammella, quel canto trascinava seco la mia anima sul carro di quel
“disgraziato”, che della notte era compagno, mentre anch’io ripetevo tra le
calde e comode lenzuola del mio letto: “ Tira cavaddu miu, tira e camina…..”
Poi mi scioglievo nel sonno, ma quel canto
struggente e lamentoso, accompagnato talvolta dallo sbuffare iroso del cavallo,
continuava a riempire l’oscurità di altre strade fino all’alba, quando il sonno
del carrettiere, stemperato dal canto, faceva largo ad altra fatica giornaliera.
Tratto dea “Racconti sera” di
saro pafumi
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