Diagnosi di un Paese in crisi.
Spesso
si sente dire nei bar, in famiglia, in piazza, tra amici: “perché questo paese
è caduto così in basso?”.
Cerchiamo
la risposta lontano, che, invece, è dentro di noi.
Quattro
sono in sintesi le cause di questa deriva.
Mancanza
del senso di comunità.
Scarsa
propensione a investire.
Inettitudine
di chi ci governa.
Assenza
di valori.
Occorre
ammettere che oggi si è disintegrato il termine ‘comunità’: intesa come persone
tenute insieme da vincoli di affetto, d’interesse, d’ideali. Sono venute meno,
in ordine: la famiglia, la Chiesa e la comunità civile, quell’insieme
d’individui o fedeli, governati da leggi, regolamenti e valori. È venuto meno il concetto di “unione”che è alla
base di ogni società. La disgregazione è
la naturale conseguenza. In un’epoca in cui si ha paura di tutto e non si crede
in niente, la seconda conseguenza è la scarsa fiducia nel futuro, per cui
l’individuo (e più oltre la società, intesa questa come solo entità numerica),
si chiude a riccio, al fine di preservare la propria esistenza o per meglio
dire la propria sopravvivenza, evitando di mettere a rischio ciò che si
possiede o prevenendo eventuali pericoli. La “stagnazione” è la naturale
conseguenza. Chi dovrebbe guidare la ‘comunità disgregata’ in questa corsa alla
deriva non ha capito o non capisce questo naturale istinto alla conservazione e
non mette in atto nessuna azione concreta per attenuarlo o convogliarlo verso
forme di vita più speranzose. Chi ci governa, al contrario, alimenta col suo comportamento
questo senso di smarrimento collettivo. Da qui quel naturale istinto alla
diserzione, come rinunzia al voto o alla defezione, come abbandono d’ideologie
e/o valori, in atri tempi punti di riferimento irrinunciabili per ogni società
che possa definirsi tale. Il “Relativismo” di cui tratta Benedetto XVI altro
non è che un aspetto deteriore di questa disgregazione d’individui e valori.
Egli citando Ludwig Wittgenstein sostiene che il relativismo diventa regola,
secondo cui’ l’unica cosa che ha senso è che nessuna cosa ha senso’: né le
leggi, né la morale, né la religione, né la politica.“Il relativismo
diventa una ‘dittatura’ con la conseguenza che ‘l’unico dogma è che non ci può
essere un dogma: l’unica disciplina è che non ci deve essere disciplina;
l’unica autorità ultima è che non ci deve essere autorità; l’unica cosa che ha
senso è che nessuna cosa ha senso”.Siamo più o meno in un baratro e se alziamo
la testa per guardare all’insù non scorgiamo un lembo di cielo, ma un buco nero
che ci opprime e deprime. Saremmo indotti a pensare, nei rari momenti di
speranza, che “è tutto bene, quel che finisce in bene!” Ma ecco riemergere il
dubbio: quale bene?È il Relativismo la radice di ogni male. La corruzione, la
disaffezione la ribellione, la diserzione, la defezione non sono altro che gli
effetti di questa moderna patologia sociale Il grido di dolore lanciato da
Benedetto XVI non è stato accolto, impegnati come siamo a difendere la casa in
fiamme, ignari che è la casa comune, ossia la società tutta che brucia.
Tratto da “ Jabbara” di Saro Pafumi