I struiti.
Molti emigrati che tornano in
paese per le ferie, storcono il naso a tutto ciò che vedono. Ci ricordano ciò
che non funziona, dispensando consigli a destra e a manca. “Quello ha
parcheggiato sulle strisce pedonali”; ” Quanta cartaccia per le strade”; “ Troppi
rumori per le vie”; “Nessuno che rispetta la fila”.Sono i nuovi “struiti” con
la terza elementare, il vestito nuovo, il Toblerone in tasca e l’auto con la
targa estera, che ci ricordano i nostri doveri, snocciolando critiche,
osservazioni, consigli. Come quel tizio che mal sopportando il vocìo sotto casa
chiama il maresciallo per porvi riparo. E questi, assodato il fatto, consiglia
all’insofferente di sopportare il vocìo, perché “qua non siamo in Svizzera”.Una
risposta ritenuta provocatoria,eppur sincera, se si pensa che da noi, discutere
a voce alta e gesticolare fanno parte del nostro DNA. Costoro mentre ci ricordano i nostri difetti,
dimenticando da dove provengono e come hanno vissuto prima di espatriare,
sorvolano sui nostri valori. Per esempio dimenticano che quando ripartono,il quartiere
si fa in quattro: chi aiutando a
caricare le valigie, chi regalando mostarda o cotognata, bottiglie di salsa
fatta in casa, vino e olio, perché la loro partenza sia lieve e non sofferta. Una
solidarietà impensabile nella loro nuova patria, dove, se cadi, svenuto ai
piedi di qualcuno, sei evitato, come un
appestato e se abiti in condominio, non si conosce il colore degli occhi di chi
abita accanto. Alla categoria de “ i struiti” c’è chi orgogliosamente torna con
l’accento continentale, acquisito solo per avere fatto il bidello nel torinese
e a ogni parola, ci aggiunge il ‘neh’.Un modo per cancellare l’idioma‘alla crapara’
di dove si é nati. Un ritrovato riscatto sociale che dura il periodo delle
ferie, perché ritornati all’estero le frustrazioni dell’emigrato, riemergono
tali e quali il primo giorno.
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