Ricordi
di una notte d’estate
Nelle notti di
plenilunio, quando il caldo soffocante costringe a stare con le imposte aperte,
i raggi della luna fanno capolino nella
mia stanza, dove il sonno
è un dolce desiderio
inappagato.
Qui, tra pensieri e
ricordi, si consuma il tempo dedicato al riposo, con l’orecchio teso
all’ignoto.
Con gli occhi immersi
nel cielo, attraverso l’ampia finestra che funge da cornice, una manciata di
stelle gioca a nascondino, mentre, più in là, la luna, nascosta alla vista,
proietta una sinistra lama d’ombra
sul pavimento della stanza.
Appena fuori dalla
finestra, quasi addossato alla parete, il ramo di un verde loto, con soavi ritmiche, silenziose movenze, mi trascina
all’interno la frescura della notte.
Il silenzio che si
accompagna all’oscurità, stanco d’aspettare, si fa suono: è il lontano abbaiare
di un cane che cerca l’amico lontano, che gli risponde come fosse l’eco della
sua voce o, forse, un appuntamento cercato o il fruscio carezzevole di un’alta
picea glauca, la cui cima ondeggia, vanitosa, per mostrarsi alle stelle o il
rombo svigorito e discontinuo delle auto che sfrecciano, con spavalda
incosciente temerarietà, quando lo stridìo di una frenata può essere la
salvezza o l’anticamera della morte.
Forse perché il caldo
non dà tregua o per non lasciarmi solo, la cicala fa il suo apparire col suo monotono frinire,
al quale si aggiunge
quello di mille grilli canterini.
E’ la movida di mille
esseri che popolano la notte a tenermi compagnia.
La luna,
nascosta, che attendevo finalmente si mostra, cancellando ricordi e pensieri, ma la sua misteriosa presenza mi spinge
a domandarle quello che gli
uomini si chiedono da sempre:
“Che fai tu, luna, in
ciel? Dimmi che fai silenziosa luna? Sorgi la sera e vai.”
Mentre cerco una
risposta che non so darmi, un boato scuote la mia stanza.
Il mio gatto impaurito
salta sul letto. Egli non sa.
Mi alzo per ammirare
quello che immagino: le fontane di lava che il mio vulcano mi regala. Un
tripudio di colori e di suoni.
Sono le tre di una
notte inquieta.
La festa è appena incominciata, dopo che
l’Etna, vinta la sua timidezza, sceglie il momento migliore per mostrarsi e
farsi amare.
Non odo più rumori, né canti di cicale e
grilli, anche i cani hanno finito di abbaiare, come se tutti insieme si fossero
sfarinati in mille silenzi, per ascoltare il suo
canto, che si fa natura.
Ora c’è Lei, la mia
montagna a tenermi compagnia con il suo borbottio e i suoi mille giochi di
fuoco. E’ tutta la natura in estasi.
Lei, Lei, all’ombra della
quale sono nato e
cresciuto, che sento dentro di me, che impetuosa ribolle, come quel suo sacro
fuoco che si sprigiona in cielo a sfidar le stelle.
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