Le tecnologie hanno ucciso i pensieri e le riflessioni”
Ci sono innovazioni utili, ausiliarie del nostro modo di vivere,
apparentemente innocue il cui effetto sulla nostra psiche, a lunga durata, è sconosciuto.
Mi riferisco alla Tv, al digitale terrestre, al telefonino, all’autoradio, al
palmare, al computer e via di seguito. Tecnologie che hanno invaso ogni angolo
libero della nostra mente, espropriandolo. Perché non di attività solo manuali
si tratta, bensì di esercizi quotidiani con i quali il nostro cervello investe
una parte preponderante di sé stesso.
I pochi minuti che, quotidianamente, avevamo a disposizione, quando
all’orizzonte non erano ancora comparse queste tecnologie erano per lo più dedicati
al pensare e al riflettere.
Liberi da questi condizionamenti, la nostra mente sentiva il bisogno
di raccogliersi, assecondando la consapevolezza del pensiero, ossia
quell’attività riflessiva che, altro non è se non l’esigenza dell’anima di
esaminare le nostre azione quotidiane, ricavandone un giudizio.
Poiché questi bisogni vitali del pensiero si sono rarefatti, non ci
sono rimasti che i sogni: quell’attività onirica che il nostro cervello accende
nell’abisso della notte, allorché la nostra anima, libera da condizionamenti
evade dalla prigione diurna in cui l’abbiamo forzatamente rinchiusa, facendo
così affiorare bisogni e necessità repressi.
Forse è questa la ragione per la quale, come ho letto da qualche
parte, l’uomo moderno “consuma”
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