martedì 14 gennaio 2025

Vita di paese

 

LO dico a La Sicilia pubblicata oggim 13.01.2025

Vita di paese.

La vita è dramma, tragedia, solitudine, lavoro quasi mai spensieratezza. Solo chi ha la fortuna di contare tante lune da impregnare i capelli del suo colore può dire di avere vissuto. Non importa come. È dal momento in cui s‘inizia a contare quel che rimane della vita, che il tempo svela il suo valore, non scandito dal prezziario delle ore. Con i remi in barca e l’acqua cheta, è l’ora in cui si può godere il beccheggio della vita o quello che di essa resta. Nei piccoli centri urbani dove il tempo è sensuale, come lo sciabordio del mare sulla battigia, il beccheggio diventa bivacco. Un modo di vivere per rubare al tempo la sua anima. Ogni comunità ha il suo luogo preferito: la scalinata della Chiesa dell’Annunziata, a Linguaglossa, con l’ombra amica del campanile accanto, dove il bisbiglio casareccio diventa l’Orecchio di Dionisio che trasmette in tutto il paese voci, ipotesi, sospetti, mormorii. Su quella scalinata si sono alternati personaggi d’ogni genere. Un tempo era il posto riservato agli emarginati, agli squattrinati, agli uomini con le scarpe chiodate, che si tenevano ben distinti dai nobili seduti al bar, quasi a configurare, con la chiesa alle spalle, la divisione dei ceti: clero, nobiltà e terzo Stato.  Oggi che la ruota della storia gira al contrario, la scalinata è vissuta alla’ bohemienne’, con disinvolta sciatteria, dove ciascuno proietta sugli altri il pensiero del momento e il nome del passante, con la sua storia, come un abito su misura, rimbalza di bocca in bocca, come la pallina di un ping-pong, perché, come insegna O. Wild, “per conoscere se stessi,bisogna sapere tutto degli altri”. Nella pigrizia di quei momenti il tempo restituisce ciò che ha rubato in giovinezza: la spensieratezza. Solo nei piccoli centri è possibile gustare questa realtà tra sogno e magia, tra ammiccamenti e parole non dette, pacche sulle spalle, strette di mano e arrivederci, quando non diventano addii. Talvolta è triste non rivedere l’amico che il giorno prima si sedeva accanto. Solo poche parole sull’amico scomparso, non per scarsa generosità, ma perché dei vicini (la morte) non si deve parlar male. Meglio il silenzio su quella scalinata ora che il campanile scandisce l’Ave Maria,e l’incontro tra amici diventa concedo, per ritrovarsi uniti il giorno dopo, se Dio vorrà, là, in quello stesso bivacco, un inconscio ritorno nel ventre materno. Saro Pafumi Linguaglossa 3299445290 Grazie 

martedì 7 gennaio 2025

Siamo entrati nell'era glaciale dei sentimenti

 Siamo entrati nell’era glaciale dei sentimenti. Pubblicata su La Sicilia 06.01.2025

Quando si parla di freddo, si pensa subito alla temperatura dell’ambiente, che si contrappone al caldo rovente dell’estate. C’è un’altra definizione di freddo, quella che riguarda il comportamento distaccato e talvolta glaciale delle persone e della società in generale. Uno stato d’animo d’angoscia e distaccato, nemmeno tanto nascosto, che sta diventando una vera malattia sociale, riducendo i rapporti umani, già ridotti a lumicino, e aprendo la via all’anaffettività, che affonda le radici nel vissuto dell’individuo, incapace di accogliere critiche, esperienze dolorose, difficoltà lavorative, instabilità affettiva, sia familiare sia amicale I primi sintomi erano evidenti già alla fine degli anni ottanta, con le tecnologie che avevano invaso il vivere civile. Con l’avvento del covid questa ‘patologia’ sociale ha subito una progressiva accelerazione. E’ avvenuto, nei sentimenti umani, ciò che metaforicamente può definirsi un testacoda, perdendo l’aderenza con la realtà, che fino allora regolava i rapporti sociali. Siamo prigionieri dei social, ai quali abbiamo consegnato corpo e mente e come una spugna assorbiamo tutte le amenità e minchionerie che ci propinano. Una nuova stagione glaciale, la più triste e subdola, che stavolta invade l’animo umano. Come se mancasse il sole che ci riscalda e la notte fosse una nera cupa oscurità senza stelle. Uscirne non è facile, anzi si prevede un impoverimento progressivo dei sentimenti, quel pessimismo cosmico tanto caro a Leopardi, che, come presago, aveva anticipato tanto tempo fa.

mercoledì 1 gennaio 2025

Il vischio. Un ramo augurale.

 

Il vischio. Un ramo augurale.

 

Tra le tante cose che ci ricordano la festa di capodanno, c’è il vischio, che per noi che abitiamo ai piedi dell’Etna rappresenta una pianta familiare e augurale. Una pianta parassita, perché senza l’albero padre non attecchisce e muore. Curioso è come nasce e si diffonde. Gli uccelli sono ghiotti delle sue bacche e da noi lo stornello è un vero cacciatore di questa pianta. Avviene, però, che le bacche per la loro vischiosità (da qui il nome di vischio), inghiottite, non siano facilmente digerite, per cui una volta defecate rimangono appiccicate all’orifizio terminale dell’intestino. Per disfarsene, il tordo (o altro uccello) stropiccia la parte posteriore del corpo sul tronco dell’albero, di solito, sull’Etna il pino laricio, cosicché il seme contenuto dentro la bacca, rimane affisso al tronco da cui germoglia fino a formare quel rametto che chiamiamo vischio. La pianta che attecchisce nei boschi è protetta, ma è ugualmente raccolta di frodo e venduta come pianta augurale. Sono molte le piante sacre che nel periodo delle festività natalizie decorano le case di tutto il Mondo: l’Agrifoglio, l’Abete, il pungitopo, la stella di Natale, ma il vischio le sovrasta tutte.

Scrive Plinio il Vecchio. “ Il vischio (che guarisce tutto) nasce sulle piante come inviato dal cielo, un segno che l’albero è stato scelto dalla divinità stessa. Peraltro è molto raro a trovarsi e quando è scoperto si raccoglie con grande devozione: innanzitutto al sesto giorno della luna e questo perché in tal giorno la luna ha già abbastanza forza. Il sacerdote, vestito di bianco, sale sull’albero, taglia il vischio con un falcetto d’oro e lo raccoglie in un panno bianco. Poi immolano le vittime, pregando il dio affinché renda il dono (il vischio) propizio a coloro ai quali lo hanno destinato”. Un bell’augurio per il Nuovo Anno.