Sulla
solitudine
Quando la
solitudine ti attanaglia, ti pervade, ti rode, investe la tua anima, occupa da
sola i tuoi pensieri quotidiani, quando ti senti solo anche in mezzo ad una
sterminata folla di persone che ti circondano, quando in una parola indossi la
maglia della solitudine, che vuoi strapparti di dosso, ma non ci riesci e, così
ridotto, non intravedi nemmeno l’ombra di te stesso che ti fa compagnia, sei
vicino al punto di non ritorno: la depressione.
In questa sterminata pianura dell’anima senza dune,
orizzonti o punti
di riferimento,il pensiero
rotola su se stesso, aggrovigliandosi; non distingue né forme, né colori; sbrodola verso l’esterno, come da un invisibile orifizio, senza che un ricambio visivo,
sensitivo, olfattivo ricambi dall’interno questa
inarrestabile emorragia interiore.
Eppure, se hai la forza di fermarti un
attimo in questa caduta verticale incontro all’abisso, non volgere lo sguardo
verso il basso che ti attrae; volgi il tuo sguardo altrove.
Cerca un appiglio, un interesse che
possa tramutare il precipizio in risalita.
Aggrappati
pure alla testa di un serpente,purché
non precipiti, e raccogli le tue forze.
Alimentale con
la forza dell’amore che puoi dedicare agli altri nei mille modi che la vita ti
offre.
Quel poco che ti è rimasto si
rigenererà al suo interno, per
ingigantirsi, tracimando la tua stessa anima.
Scoprirai nella
forza dell’amore per gli altri la
ragione della tua stessa vita.
O sappi che questo buco nero dell’anima,
la depressione, può essere riempito con una sapiente, continua lettura o, se ne
hai la vena, con lo scrivere di tutto.
Nella lettura ti mescoli ai personaggi
che incontri, rendendoli reali, col privilegio che non possono recarti danno;
con lo scrivere doni ad altri un mondo immaginario, che non puoi o vuoi conoscere, il contenuto della tua anima che,
se repressa, esplode nel delirio dell’assenza.
Un esperienza di vita e un augurio per
chi è inconsapevole funambolo sulla sottile fune dell’esistenza.
Scrivere o
leggere serve anche a questo.
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