I figli perduti.
Quando su FB vedo la foto di
un giovane siciliano con la corona d’alloro in testa, felice d’avere conseguito
la sudatissima laurea, con l’immancabile, meritatissimo trenta e lode, dico a
me stresso: “Chiustu u pessimu !”. Che futuro può avere un giovane laureato nei
nostri piccoli, arretrarti paesini etnei, se non si trova un lavoro decente,
dove mettere a frutto la laurea, che, oggi, con l’inflazione culturale in atto,
assomiglia, più o meno al vituperato diploma di terza media? Perciò i master si
sciupano, nell’illusione di ampliare il corso degli studi, che paradossalmente
restringe la ricerca del lavoro e allontana di più dalla terra natia. Purtroppo
bisogna farsene una ragione e i genitori dovrebbero rassegnarsi a “perdere”
questi figli, il cui destino hanno contribuito a formare. Inutile criticare questo
esodo forzato e, per certi versi, voluto. E’ il prezzo che il Meridione paga
alla sua arretratezza atavica, ora che l’agricoltura e l’artigianato hanno
creato un maggior vuoto nell’occupazione lavorativa. Una scelta di vita, che
determina lo spopolamento di certe aeree cittadine, che andrebbe affrontata, colmando
il vuoto creatosi, magari agevolando, ora che il mercato immobiliare offre vantaggiose
occasioni, l’insediamento di nuovi residenti, anche stagionali, verso i quali
le amministrazioni locali dovrebbero offrire agevolazioni fiscali, nella
speranza di colmare il vuoto lasciato dai giovani.
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