Linguaglossa, ieri, oggi, domani.
È da quando sono nato che sento
ripetere: Linguaglossa è adagiata in una valle, circondata da colline.
Si dimentica, però che se lo sguardo
volge là ove sorge il sole, esso ci appalesa l’infinito azzurro del mare. A ben
vedere più che assediata da colline, sembra accarezzata dall’abbraccio
premuroso di una madre. Una verde posizione,che tra tornati e discese degrada
lievemente verso il mare, dove, felice, riversa i suoi profumi e i suoi colori.
A ovest lo sguardo arcigno dell’Etna ci ricorda che sta lì da sempre,
camaleontico, nero, bianco, o di fuoco, che, emerso dagli abissi, sembra
disegnato dalle magiche pennellate di un pittore, dove cielo, fuoco, neve e
mare si fondano senza confini.
In questa minuscola conchiglia
qualcuno a suo tempo pensò di fondare Linguagrossa e Madre Natura la vestì di
pini, regalandole il verde della speranza, profumato di resina che ricorda il
sacro incenso. L’acre odore del tempo l’ha resa più bella, quale oggi è: una
piacevole sorpresa per chi tardivamente la scopre.
Linguaglossa non è nata dalla
bizzarria di un occasionale tocco magico, essa è stata generata dal lavoro di
mille braccia, dal sudore della fronte di arsi uomini, che, sole o pioggia,
vento o neve hanno costruito chiese, case, incantevoli verdi pubblici, alzato
muri, dissotterrato pietre, sradicato e piantato alberi, raccolto o perduto
frutti in una perenne altalena di gioie e dolori.
Basta guardare le colline che la
circondano, dove i terrazzamenti, per trattenere lembi di terra strappate ad
alture scoscese, sembrano giochi di bambini che la fatica ha reso adulti. Da
qui si sente, talvolta, il feroce ruggito di altre comunità vicine che non le
somigliano nel corpo, né nel carattere Un luogo da cui, nelle notti insonni,
poter contare le stelle, una a una, che non sono lontani punti luminosi, ma
compagne di vita, ciascuna col suo nome.
Qui la luna con la sua gobba ora a
levante, ora a ponente si mostra in cielo dall’alba al tramonto, anche quando la
luce del giorno le dona la trasparente spiritualità di un’ostia incollata in
cielo Qui le campane delle chiese hanno il suono della voce amica, perenne,
immutabile, inconfondibile. Qui le
strade non sono vie di comunicazione, ma appendici delle nostre dimore, dove
ogni zolla di terra ha l’impronta dei nostri passi, lenti o spediti, talvolta
perduti. Qui dove il profumo della terra non cambia mai. Qui dove la nebbia
nasconde le cose lontane, ma esalta la luce del lampione che opaca mi giunge a
rischiarare il melo cotogno che in quest’autunno lambisce la mia finestra con i
suoi frutti d’oro.
Linguaglossa si può amare o odiare,
mai dimenticare. Perché scorre nelle nostre vene. Qualcuno dice che in terra un
luogo ideale non esiste. Peccato che i suoi passi non abbiano lasciato impronta
su questa terra.
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