mercoledì 21 aprile 2010

I cimiteri nel circuito turistico





“Elogio di un cimitero” pubblicata il 17/04/su Lo dico a LaSicilia mi suggerisce una riflessione sui tanti cimiteri che abbiamo avuto l’abitudine di costruire nelle varie zone di questo nostro paese.
Chi vi entra rimane stupefatto dalla grandiosità delle opere realizzate, tombe o cappelle gentilizie che siano, ma soprattutto rimane allibito per le ingenti somme profuse.
Da sempre c’ è stata e continua ad esserci una specie di mania a costruire la tomba più artistica o meglio addobbata per onorare al top il proprio caro defunto, ma in realtà col segreto intento di stupire o di paragonarsi, ispirato da una logica vanitosa che contrasta con l’aria mesta ed egalitaria che all’interno di un cimitero cristiano dovrebbe respirarsi. Entrando in questi sacri luoghi di sepoltura lo stupore prende il sopravvento alla riflessione e alla preghiera, distratti dall’apparenza, più che dalla sostanza. Si visitano i cimiteri più per ammirare anziché chiudersi nei ricordi e ascoltate la propria anima, più per stupirsi, che per raccogliersi attorno alla sua mestizia, tant’è che essi sono entrati a far parte di un circuito turistico, offrendo al visitatore una scenografia in cui i protagonisti, come in uno spettacolo profano, non sono coloro che vi sono seppelliti, ma le tombe che li custodiscono.
Niente di tutto questo colpisce o scalfisce l’attenzione di chi visita un cimitero dove bianche, semplici croci allineate e uguali spuntano come fiori da un verde prato. In questi luoghi dove la morte livella desideri e ambizioni, il raccoglimento diventa un respiro che sale in cielo in forma di preghiera o si tramuta in lacrima di dolore.
Nella “costruzione” dei nostri cimiteri abbiamo profuso “il senso del terreno”, dimenticando che essi sono l’anticamera dell’Al di là, dove i morti sono anime che non possiamo “vestire” a nostro piacimento. Se esistesse iI “sindacato dei morti” chissà che fine farebbero questi nostri cimiteri di cui vantiamo forme, arte e bellezza, in cui continuiamo a materializzare lo spirito, come se la morte fosse solo di quei morti che ci ostiniamo a “vestire” con il gusto del tempo
che la morte cancella, non per celebrarli ma “per mostrarli”.

Saro Pafumi

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