E’ un’epoca, la nostra, caratterizzata da una forte indeterminatezza in tutti i campi del vivere civile, dalla politica, all’economia, dalla legge, alla morale. E’ come se fossimo alla ricerca di qualcosa: il lavoro, una vincita, l’arrivo di una notizia, un cambiamento, una sistemazione o più semplicemente la speranza. In quest’attesa che dura da molto, troppo tempo ciascuno affronta la realtà come meglio può, soprattutto “stringendo la cinghia” che in tempo di vacche magre è l’unico rimedio sofferto, ma possibile.
Una realtà che si legge negli occhi di tutti, quasi che le pupille fossero punti interrogativi.
Un’’epoca, questa,che ha inventato le case dove “parcheggiare la vecchiaia” e “ i paesi giostra”, quelle piccole indifese realtà locali, dove tutto sembra muoversi, ma in realtà è immobile. E’ come se cavalcassimo uno dei tanti giocattoli che si trovano nelle giostre per bambini che girando ritornano al punto d partenza. Paesi dove di vero, di naturale, di spontaneo c’è quella condizione fisiologica umana d’assoluto riposo definita sonno. Centri dormienti dove non succede nulla, dove il trascorrere del tempo segnato dal ritmico e monotono tic-tac del pendolo è l’unico segno di vita.
In questi “paesi giostra” la stessa giovinezza trova il suo lento trascorrere nella monotonia: un giro in auto, come sul cavalluccio della giostra, un salto al pub, l’ennesima richiesta di denaro ai propri familiari impotenti e rassegnati, per ricominciare il giro quando il sole alto, scuote questo popolo di giovani assonnati annunziando un altro giorno. Molto è cambiato rispetto ai giovani di un tempo, quando già ad otto/dieci anni col proprio arnese sulle spalle aiutavano i genitori nelle loro fatiche giornaliere. Il tempo cambia ed anche le abitudini, ma quella che non muore mai è la speranza di migliorare e se tarda, l’attesa si trasforma in noia o in disperazione.
In questi piccoli paesi la realtà è rappresentata dalla visione di vecchi che seduti al sole fanno fatica a guardarsi attorno, rifugiandosi nel racconto di cose trascorse. Se vedono un giovane passare accanto non sanno se considerarlo fortunato ( per quello che lui ha
e loro non avevano) o sconfitto per quello che non potrà avere.
I giovani, i pochi che hanno capito, sono fuggiti. Ad una realtà fatta d’attesa, di noia, di frustrazione, hanno preferito il buio dell’incertezza, perché dall'oscurità si può emergere, dall’attesa senza fine si approda inesorabilmente alla delusione o alla sconfitta.
. Saro Pafumi
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