Anziché portarla, la croce
va brandita come un’arma.
Un tizio vedendo un uomo trascinare una croce legata a una
corda, lo riprese dicendogli: “ A cussì porti a cruci”? Questi sentendosi
rimproverare si mise la croce sotto le ascelle. “, A cussì porti a cruci” lo
riprese di nuovo Tizio. L’uomo cercando di porre rimedio all’osservazione,
questa volta si caricò la croce sulle spalle. “ A cussì porti a cruci?” lo
riprese nuovamente Tizio. “Insomma, come devo portare la croce?” interloquì
l’uomo che portava la croce. “Tenendola con le braccia alzate e a testa alta,
perché chi tiene la croce, non deve vergognarsi di portarla, ma farsene una
ragione” proseguì Tizio. Portare la propria croce, significa vivere il proprio
calvario e nessuno sa meglio di noi siciliani cosa significhi portare la
propria croce, fatta di mancato sviluppo, di promesse tradite, di risorse
rubate, di politici corrotti o ignavi. Se fossimo orgogliosi di sentirci
siciliani, la nostra croce dovremmo portarla a testa alta. Purtroppo siamo
rappresentati da politici locali che ci fanno vergognare di portare la nostra
croce e nessuno di noi ha imparato come portarla. Anzi per certi versi ci
nascondiamo dietro la croce, dichiarandoci vittime ora di questo, ora di quel
potere, che ci opprime o deprime. Forse è giunto il momento anziché di portare
la croce, di brandirla come un’arma, per sconfiggere la nostra indifferenza, la
nostra apatia, il nostro atavico vittimismo, in una parola di affermare il
nostro diritto di esistere entro i confini di una nazione in cui la Sicilia non
sia considerata un’isola, un’appendice geografica, ma parte integrante di una
società e con pari dignità. La nostra atavica sonnolenza e indolenza a costruire il nostro destino, ci
fanno apparire inerti o rassegnati, ma nessuno si chiede di sapere il peso
della croce che portiamo sulle spalle, che non
è lieve o irrilevante, perché c’è di mezzo la nostra dignità. Le
apparenze spesso ingannano, perché come recita un vecchio adagio: “Cu ti pari
ca dormi e si ripusa (non fa niente), porta a cruci chiù lausa”. L’importante,
pertanto, non è abituarsi a portare la croce, come, da secoli, facciamo noi
siciliani, ma imparare a farsene una ragione. Saro pafumi. Pubblicata su La
Sicilia oggi 02.08.2015 FB 02.08.2015
Nessun commento:
Posta un commento