domenica 24 aprile 2016

Assolviamo il pettegolezzo



Assolviamo il pettegolezzo
E’ risaputo che gli animali hanno la capacità di comunicare tra loro. A seconda degli organi sensoriali impiegati, la comunicazione può essere chimica, visiva uditiva, tattile. Anche noi umani abbiamo un nostro linguaggio, che non si discosta molto da quello degli animali. La parola è il mezzo più diffuso. In questo contesto comunicativo spesso capita di ascoltare esperienze di vita vissute da altri, che per il loro contenuto, sono definite pettegolezzi. In verità non c’è nulla di anomalo in questi racconti, se fatti entro i limiti della verità. Rientrano nella normalità della condotta umana. L’uomo si sa è un animale, “zoon politikon” secondo la definizione che ne fa Aristotele. Nel comunicare si serve soprattutto della parola, con cui porta a conoscenza degli altri esperienze di vita propria o altrui. Quello che noi definiamo spesso pettegolezzo, non è altro che il modo di portare a conoscenza condotte di vita, da cui trarre insegnamenti, indicazioni, né più né meno come fanno gli animali, quando segnalano percolo o dove trovare il cibo. Quando si dice per esempio: Tizia ha fatto le corna a suo marito o viceversa, per restare nell’ambito di quello che per antonomasia è definito puro pettegolezzo, non per forza deve esserci il compiacimento di discreditare la persona ( Ciò attiene alla sfera personale del soggetto). E’ un’informazione come un’altra.  Qualcuno ha definito il pettegolezzo la base della carità, la voglia di interessarsi del prossimo. Anche senza questa visione romantica del pettegolezzo, esso è sicuramente un istinto comunicativo, irrefrenabile proprio del mondo animale, uomo compreso: un meccanismo di autodifesa e insieme il bisogno inconscio di segnalare qualcosa di anomalo, nell’interesse della specie. Saro pafumi   Pubblicata su La Sicilia il 02.07.0215 FB 01.07.3015

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