domenica 24 aprile 2016

Come cambiano i tempi



Come cambiano i tempi
Con le bisacce ricolme su  asini dalle froge sbuffanti arrivavano, ogni giorno, di prima mattina, gli ortolani che dalla valle d’Alcantara si spingevano fino a Linguaglossa per vendere il frutto della loro quotidiana fatica. Ansiose massaie li attendevano sull’uscio di casa per risparmiare poche lire, ma anche per gustare la freschezza degli ortaggi, che, mani callose avevano strappato alla terra poche ore prima. Il segnale del loro arrivo era annunziato dal familiare strillonaggio delle loro primizie. Ogni massaia riconosceva il suo ortolano di fiducia dalla cantilena con la quale annunziava il suo arrivo. “Pipi e…..mulinciani…….. l’agghiu virdi aiu. Pigghiativilli”,  annunziava la voce squillante di don Giuvanni, attento a modulare la voce. La massaia apriva l’uscio annodandosi  “ u fantale” sui fianchi e, dandosi  una sistemata al fazzoletto che gli copriva la testa, Iniziava la contrattazione sfibrante, ripetitiva, monotona. “ A quantu mi passati i mulanciani?”. “Cincu, deci liri” . “U sapiti ca siti caraviogghiaru” era la risposta della massaia, che doveva tirare sul prezzo. “Frischi, frischi  e beddi russi sunu i pummadoru, cugghiuti  stammatina; na pennula cincu liri”, continuava don Giuvanni, in attesa che altre massaie s’affacciassero sull’uscio di casa a dargli manforte. Intanto mercanteggiando con le massaie che circondavano l’asino, era passato un buon quarto d’ora e don Giuvanni cedeva sul prezzo per avere il tempo di fare il giro del paese per finire di vendere la sua mercanzia. Più indietro  Don Sarbaturi, consapevole dei limiti della sua voce rauca, aveva scelto un altro mezzo di trasporto, il carrettino, ed era il suo asino ricco di sonagli a dare la sveglia e fare da richiamo. Egli non entrava in competizione col collega che lo precedeva. Altra era la sua mercanzia: lattughe, finocchi e smuzzaturi. Tri fasci, cincu liri.Don Sarbaturi tornando a casa non si trovava mai con i conti. Detraendo i fasci che regalava a donna Pippina, per la quale nutriva un debole, gli mancava sempre qualcosa. Lo scoprì col tempo, quando si accorse che nella ressa che circondava il carretto, donna Maria allungava le mani, nascondendo qualche fascio sotto il fantale. Ora tutto è cambiato. Gli ortolani sono scomparsi. C’è sempre qualcuno che offre per strada la sua mercanzia senza strillonaggi o sonagli: sono gli spacciatori che con l’antica arte della rappresentazione mimica negli angoli reconditi delle strade, complice un lampione spento o l’ombra della sera o più sfacciatamente alla luce del giorno dispensano la loro merce di morte. Una dose venti euro, due quindici. Non si curano della pancia come gli ortolani,  vogliono l’anima di chi è sprofondato nell’abisso del male. Cambiano le mercanzie, ma anche il linguaggio, da suadente e accattivante, a cinico e sprezzante. Di morte. Saro Pafumi FB  09.04.2015

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