Come
cambiano i tempi
Con le
bisacce ricolme su asini dalle froge
sbuffanti arrivavano, ogni giorno, di prima mattina, gli ortolani che dalla
valle d’Alcantara si spingevano fino a Linguaglossa per vendere il frutto della
loro quotidiana fatica. Ansiose massaie li attendevano sull’uscio di casa per
risparmiare poche lire, ma anche per gustare la freschezza degli ortaggi, che,
mani callose avevano strappato alla terra poche ore prima. Il segnale del loro
arrivo era annunziato dal familiare strillonaggio delle loro primizie. Ogni
massaia riconosceva il suo ortolano di fiducia dalla cantilena con la quale
annunziava il suo arrivo. “Pipi e…..mulinciani…….. l’agghiu virdi aiu. Pigghiativilli”, annunziava la voce squillante di don Giuvanni,
attento a modulare la voce. La massaia apriva l’uscio annodandosi “ u fantale” sui fianchi e, dandosi una sistemata al fazzoletto che gli copriva la
testa, Iniziava la contrattazione sfibrante, ripetitiva, monotona. “ A quantu
mi passati i mulanciani?”. “Cincu, deci liri” . “U sapiti ca siti caraviogghiaru”
era la risposta della massaia, che doveva tirare sul prezzo. “Frischi, frischi e beddi russi sunu i pummadoru, cugghiuti stammatina; na pennula cincu liri”,
continuava don Giuvanni, in attesa che altre massaie s’affacciassero sull’uscio
di casa a dargli manforte. Intanto mercanteggiando con le massaie che
circondavano l’asino, era passato un buon quarto d’ora e don Giuvanni cedeva
sul prezzo per avere il tempo di fare il giro del paese per finire di vendere
la sua mercanzia. Più indietro Don
Sarbaturi, consapevole dei limiti della sua voce rauca, aveva scelto un altro
mezzo di trasporto, il carrettino, ed era il suo asino ricco di sonagli a dare
la sveglia e fare da richiamo. Egli non entrava in competizione col collega che
lo precedeva. Altra era la sua mercanzia: lattughe, finocchi e smuzzaturi. Tri
fasci, cincu liri.Don Sarbaturi tornando a casa non si trovava mai con i conti.
Detraendo i fasci che regalava a donna Pippina, per la quale nutriva un debole,
gli mancava sempre qualcosa. Lo scoprì col tempo, quando si accorse che nella
ressa che circondava il carretto, donna Maria allungava le mani, nascondendo
qualche fascio sotto il fantale. Ora tutto è cambiato. Gli ortolani sono
scomparsi. C’è sempre qualcuno che offre per strada la sua mercanzia senza
strillonaggi o sonagli: sono gli spacciatori che con l’antica arte della
rappresentazione mimica negli angoli reconditi delle strade, complice un
lampione spento o l’ombra della sera o più sfacciatamente alla luce del giorno
dispensano la loro merce di morte. Una dose venti euro, due quindici. Non si
curano della pancia come gli ortolani,
vogliono l’anima di chi è sprofondato nell’abisso del male. Cambiano le
mercanzie, ma anche il linguaggio, da suadente e accattivante, a cinico e
sprezzante. Di morte. Saro Pafumi FB
09.04.2015
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