ETNA
- I tesori di Val Calanna
Un luogo incantevole della nostra Etna che va visitato
Quando vi giungi dal bivio per Monte
Pomiciaro, percorrendo, tra castagni e pometi, la provinciale che da Zafferana conduce
a Nicolosi, hai l’impressione
di avere sprecato il viaggio. Dal piazzale che si apre sulla valle, una folta
vegetazione di faggi t’impedisce di scorgere, come benda agli occhi, lo
scenario che mai immagini.
Evita di roderti il fegato per la
mancanza di servizi e per i cumuli di spazzatura che dribbli con i piedi,
bestemmie d’umane greggi, lasciate lì
a mutarsi in rifiuti di vergogna.
Facendoti spazio, tra contorti rami
di faggio, raggiungi, non senza pericolo, una zona scoscesa che si apre
sull’immenso: è Val Calanna. Un tempo rigogliosa gola profonda di verdi
pascoli, di lievi e pure acque, oggi perennemente sepolta dall’ira del vulcano.
Dimentica il pericolo e la tristezza
che il sito offeso ti offre e volgi lo sguardo in quella
che fu una valle, dove la lava si è
tuffata, rubandole persino il nome.
T’interroghi, stupito, cosa
rappresenti quello che si stende sotto i tuoi piedi: se una cascata di nero
basalto scolpita da una divinità, se un’onda gigantesca mummificata, se la tomba d’impareggiabile flora sepolta,
se “voglia” di nuova vita quegli sparsi cespugli di timida vegetazione che
spuntano tra onde di lava contorta, se il resto
di una valle in gramaglie che piange la sua creatura
“uccisa” in grembo, se il fantasma di un’isola sommersa che qui affiora dalla
roccia, se atolli in un mare di morte, se il sogno infranto di una lingua di fuoco che voleva tuffarsi in mare.
Forse solo lo specchio della tua
anima, perché in quel nero mare immobile di lava
vi scorgi quello che l’animo tuo ti suggerisce: il primo gradino dell’inferno, in un presagio di morte o la testimonianza di un miracolo
naturale che il tempo ha fermato.
Se ci fosse una rotonda che si
affaccia a sbalzo sulla valle d’incanto “venderei”, tanto il secondo, quella
visione di magia. Non chiederei denaro,
ma brandelli dell’anima di chi si affaccia, per
immolarli alla natura che qui ha
generato se stessa immortale. Un “tesoro visivo”, quel che resta
della Val Calanna,
abbandonato da noi uomini rimasti “primitivi”, come uno dei
tanti rifiuti,
ivi,
non raccolti.
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