Quei segnali
d’allarme spesso sottovalutati.
Certe tragedie
familiari che troppo spesso irrompono nella società d’oggi, col fragore di una
bomba, non nascono quasi mai per caso. Se così fosse potremmo parlare di pura
follia. Hanno invece una genesi prolungata, un malessere che cova sotto cenere,
per poi sfociare in delirio puro: una sofferenza metabolica del cervello che
catapulta il soggetto in una realtà senza ragione. Ogni forma di prevenzione è
difficile, perché il soggetto non comunica al mondo esterno questo suo
personale malessere, rimanendo confinato dentro il suo io malato. Né può essere
diversamente, perché chi n’è affetto non cerca aiuto negli altri, consapevole
di non poterlo ricevere, vivendo in una società di per sé malata, in cui
ciascun individuo è più o meno afflitto dagli stessi problemi e quindi incapace
di offrire aiuto e/o comprensione, a partire dai parenti più stretti. In questa
forma di isolazionismo autogestito, il malessere assume forme parossistiche
irreversibili. Da qui al baratro il passo è breve. In queste condizioni, consapevoli
del disagio che si vive, sarebbe il caso che chi n’è affetto, si affidi, senza
remore, a strutture adeguate, ossia a centri medici che sappiano interpretare i
disagi dell’anima e offrire quel supporto psicologico di cui necessita il
soggetto malato. Perché di vera malattia si tratta e non di semplice raptus .
Coloro che sono vicini a queste famiglie (genitori, fratelli, sorelle, ecc), in
cui il disagio del quotidiano vivere non può non essere non visibile,
dovrebbero essere le prime sentinelle a far scattare l’allarme, magari
allertando apposite strutture di cui la società è carente, ma di cui si sente
impellente bisogno. Pubblicato oggi 14.01.2024 su La Sicilia
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