Don Vittorio e la moglie chiacchierona
Il suo negozio era appena a
pochi metri da casa mia, vicino alla sacrestia. Nessuna insegna che ne
segnalasse l’esistenza, essendo l’unico a vendere il petrolio a minuto. Mia
madre mi mandava a comprarlo per rifornire i lumi, che, a quell’epoca, erano
una fonte di luce, quando, troppo speso, la corrente mancava. Il negozio era
gestito da don Vittorio e la moglie, che madre natura aveva messo insieme,
anche se non avevano nulla in comune. Il primo, discreto e taciturno, com se
covasse dentro di sé chissà quali sogni o segreti, o forse un tarlo, che, inflessibile
e spietato, più tardi, lo avrebbe divorato. La moglie era una chiacchierona,
che approfittava dell’ingresso del cliente, per sparlare di qualche paesano, di
cui elencava i molti difetti. Un vero tritacarne o valente giocatrice di
carambola. Perché avere la stecca in mano (il metro del giudizio), il piano di
gioco (la società paesana) e una palla (la persona presa di mira), con esse
faceva il gioco delle quattro sponde. Eccelleva nell’ambito del sortilegio, che
esercitava per neutralizzare chissà quali mali. Se fosse vissuta al tempo dei romani
l’avrebbero chiamata Erodiade, raffigurandola con una grattugia in mano, intenta
a spargeva sale su tutto ciò che la circondasse. Dirimpetto al negozio di don
Vittorio, altro esercente esponeva di solito la stesa mercanzia, per cui la
concorrenza era spietata Tutte le volte che un cliente preferiva il
dirimpettaio, “Erodiade” spargeva sale lungo la strada, per neutralizzare il
successo del concorrente. L’interno del negozio poteva definirsi l’anticamera
dell’inferno. Quasi sempre al buio, il risparmio era d’obbligo, o illuminato,
si fa per dire, da una lampada di dieci Watt. Le mercanzie esposte erano poche,
oltre al prezioso petrolio, che teneva in un angolo buio del retrobottega, dove
non si sa come riuscisse a misurare la quantità da vendere, l’altra mercanzia
era costituita da: lampadine, stoppini, e tubi in vetro per lumi, bicchieri,
assieme a bottiglioni damigiane e ‘quartare’, articoli, questi ultimi, in
comune con l’odiosissimo concorrente. Don Vittorio in paese era conosciuto anche
per altre storie. Si raccontava che fosse stato un valente insegnante d’inglese,
la lingua dei britannici, assai rara per quei tempi. Il perché fosse ‘caduto in
disgrazia’ non è noto. A me ragazzino importava portare a casa il petrolio, che
serviva a mia madre o farmi quattro risate quando, uscendo, la moglie mi
precedeva, spargendo sale sulla strada, quando un cliente aveva acquistato dal
dirimpettaio. Nonostante la povertà del negozio, molto diffusa a quei tempi e
la scarsa offerta, don Vittorio riusciva a mantener la famiglia e a condurre
una vita dignitosa, coadiuvato dalla moglie che rappresentava, per il suo
carattere, l’elemento più interessante dello strano sodalizio, se è vero che
era quest’ultima a caratterizzare l’esercizio con la sua lingua ‘taglia e cuce’,
una vera dote, in un paese, dove di pettegolezzo si vive e non si acquista come
il petrolio di don Vittorio.
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