Ricordi d’infanzia
Avevo 15/16 anni quando, nelle calde notti estive, il mio giaciglio era il balcone di mia nonna, che si affacciava sulla piazza grande, con il suo alto campanile, che parea un gendarme a sorvegliar le ombre. Supino, ammiravo le stelle e la Via Lattea che immaginavo fosse la strada degli Angeli. Poi aspettavo che la luna piena scivolasse dal tetto per cadermi tra le mani e inondare di luce il mio giaciglio. Era quella l’ora in cui le tenebre abbracciavano case e strade e la luna a spargere pennellate per dipingerle assonnate, dove le ombre e il silenzio colloquiavano con mute parole. Era l’ora scelta, le tre circa del mattino, quando, quatto quatto, uscivo da casa per rubare i profumi che mi regalava la notte. Dall’orto di don Ferdinando a Piazza Santa Caterina un folto cespuglio di gelsomino inondava col suo profumo la piazza e le vicine stradine. Poi, girati un paio d’angoli, la scala esterna dei miei zii, i cui gradini ospitavano vasi di pelargoni, gardenie e ‘peccaminose’ tuberose dal ‘profumo proibito’ m’irradiavano soavi incensi. Altro superbo cespuglio di gelsomino, debordante copioso dai muri del cortile di don Manlio, nel quartiere Sant'Egidio, invidioso del mio primo incontro, mi catturava col suo profumo. In via Garibaldi mi aspettavano gli alberi d’agrumi dell’orto del Col. Emilio, le cui foglie stritolavo tra le mani per coglierne essenza e aromi. Non ero solo la notte, mi facevano compagnia i gatti insonni e qualche ubriaco barcollante che tornava a casa o girovagava senza trovarla. Anche la mia ombra si divertiva a farmi compagnia, secondo il gioco delle luci. Era l’ora di rincasare e di riposare fino all’alba in quel giaciglio d’amore illuminato dalla luna. La sveglia la dava don Vincenzo quando apriva le sue imposte a due battenti, ferruginose, che si aprivano sulla piazza grande. Intanto "U su Ggiddiu". con le sue capre, che conduceva appresso, depositava dietro il portone il latte appena munto. Mi aspettava la solita colazione annunziata dall’odore di pane arrostito che mia madre, inzuppandolo nel latte, mi preparava la mattina. Così trascorreva la mia infanzia, tra giochi, profumi, studio, nell’abbraccio stretto di mia nonna e di mia madre, impegnato mio padre, da mane a sera, a macinar lavoro e il mio carattere a forgiar.
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