Donna Razzia, a famusu.
A quei tempi ‘i tabacchini’ come erroneamente ci ostiniamo a chiamarli in italiano, non erano molti a Linguaglossa. Donna Razzia ‘a famusu’ aveva il privilegio del primato, essendo ubicata la sua rivendita nel centro del paese, dirimpetto alla Chiesa Madre, all’inizio del tratto, che restringeva notevolmente via Roma, poi demolito per fare largo, agli inizi degli anni cinquanta,’allo sventramento’. All’interno della rivendita,posta in alto, rispetto al piano strada, si accedeva superando, con una certa fatica, un alto gradino. Le tabaccherie hanno sempre segnato la storia di un paese,attraverso il cambiamento dei loro articoli, al passo con i tempi,come oggi che svolgono persino compiti riservati alle Poste. All’interno l’arredamento modesto,secondo la moda del tempo, sembrava un quadro,ispirato al verismo del Verga,con la descrizione della vita quotidiana delle classi meno abbienti. Nel locale,assai piccolo e senza fronzoli, trovava posto la merce esposta, alla rinfusa, secondo un ordine che solo donna Razzia conosceva, e sul bancone faceva bella mostra di sé una boccia di vetro, dentro la quale trovavano posto le mitiche cannelline, col cuore di cannella, di cui noi ragazzini andavamo ghiotti. Donna Razzia questo lo sapeva e spesso le usava, come resto, a posto degli spiccioli,raggranellando altro utile dal baratto. Allora le sigarette si vendevano,senza filtro, sfuse o in pacchetti. Non era raro vedere certi accaniti fumatori, spezzare la sigaretta in due, nell’illusione di risparmiare, conservando l’altra metà, dietro l’orecchio. I tipi erano vari: Alfa, Nazionale,Eva, Tre Stelle, Sport ( con la S rossa), Macedonia, Serraglio,Stop, Africa, Due Palme, Menta, trinciati vari, oltre qualche rara marca estera,caratterizzata dal tabacco biondo, apparsa dopo la seconda guerra mondiale,come le famose, Camel, Lucky Straike, Chestelfield. Oltre alle sigarette, le cannamele, i licca licca, i stiracallenta, i nic nac, le liquirizie e i gustosissimi ‘totò’ erano i prodotti più venduti, assieme alle cartoline del paese, in bianco e nero. Donna Razzia, assai minuscola, già avanti negli anni, con i capelli bianchi,trattenuti da forcine e l’immancabile sciallino sulle spalle, sembrava la figura ritagliata per quel ruolo,con la grazia che contraddistingueva le donne di un tempo, che eccellevano nell’arte della vendita,un ruolo che di solito spettava alle donne. Nel periodo invernale donna Razzia, per rimediare un po’ di calore, usava il braciere,dopo averlo esposto,alla tramontana, sullo strettissimo marciapiede, “ unni, ardenti, addivintava lu niuru carbuni”.Bisogna aspettare l’arrivo della figlia Natalina, per introdurre un po’ di modernità al negozio, che aveva trovato, intanto, una nuova posizione, dopo l’avvento dello sventramento e finalmente un nuovo look con la terza generazione del nipote Giovanni, che ha saputo assimilare l’antica grazia nell’arte del vendere, ereditata dalla capostipite donna Razzia.
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