Amiamo il nostro paese?
Da bambino, nessuno m’insegnava ad amare il paese natio, né la scuola, né la famiglia. Era un tema assente nella vita di tutti i giorni, forse perché presente nel nostro animo, da ritenerlo un dovere scontato. La vita economica delle famiglie andava avanti tra mille stenti e non si conoscevano gli spreghi, perché tutto era rivolto all’economia e al risparmio. Quando si andava a fare la spesa, ciascuno si portava da casa la tovaglia, in cui avvolgere il genere acquistato, che consentiva un notevole risparmio sulla quantità e sul confezionamento. Le strade del paese non erano piene di rifiuti, giacché allora la spazzatura era ritirata direttamente da casa, e il fischietto del netturbino annunciava il suo arrivo. Nonostante i quadrupedi circolassero dappertutto, con le conseguenze legate agli escrementi, gli addetti alla pulizia delle strade intervenivano con tempestività, pulendo anche il margine delle strade dalle erbacce. La villa Milana era tenuta in gran riguardo, come ogni angolo remoto dell’intero territorio. Non mi ricordo che ci fossero lamentele al riguardo. Oggi nonostante la famiglia e la scuola siano attente sul tema dell’ambiente e gli insegnamenti ad amare il proprio paese, pane quotidiano, le strade sono piene di rifiuti, il mitico ‘giardiniere’ che aveva a cura il verde del paese, un lontano ricordo e le lamentele, un coro unanime. Dov’è finita la conquistata cultura che questi temi dovrebbe mettere in primo piano? Che impatto svolgono sulla qualità dell’ambiente le sbandierate lauree in tasca a molti giovani? La sensibilità e l’abnegazione dei nostri padri, esempi ignorati? A prima vista sembrerebbe inspiegabile questo rovesciamento di valori. Eppure una spiegazione c’è o sembra esserci. Fino agli anni cinquanta il territorio rappresentava il primo sostentamento per le famiglie, perché erano i frutti della terra, la vera economia del paese. Con la crisi dell’agricoltura e l’ennesima emigrazione, molte terre furono abbandonate, in particolare quelle in mano a proprietari parassiti, che non capirono il mutamento dei tempi e anziché modernizzarsi, preferirono mollare. Ne conseguì una disaffezione verso il territorio, quasi un disprezzo, che presto trasformò l’approccio psicologico con esso, e insieme un diminuito amore e rispetto. Il territorio perse il suo primato di elemento essenziale e da fine diventò un mezzo, venendo meno quell’imperativo categorico propugnato da Kant: "Agisci in modo da trattare l’umanità (leggi, territorio), sempre come fine e mai semplicemente come mezzo.". Da coltivare a calpestare il proprio territorio, il passo fu breve. Di questo mancato amore e rispetto, la società d’oggi é consapevole, perciò in famiglia e nelle scuole si predica e s’insegna l’amore verso il proprio paese. La strada è lunga e le conseguite diffuse lauree non sono servite a nulla. L’amore verso il proprio paese ritornerà quando capiremo che il nostro paese siamo noi, che le strade che percorriamo tutti i giorni non sono altro che la continuazione della nostra dimora.
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