Linguaglossa. Che cosa vogliamo farne di questo paese?
Se si parla di Linguaglossa, si
sente dire: “ E’ il miglior paese della provincia di Catania”. Un giudizio che
non appartiene solo a chi ci è nato o ci abita. Non aggiungerebbe nulla di
nuovo, perché come recita un vecchio detto napoletano: “Ogni scarrafone è bell’‘a mamma soja”.
Fortunatamente è un giudizio di molti. Possiamo, però, “cunurtarci
'ccu stu spicchiu d'agghiu?”. A Linguaglossa si ha
l’impressione che si vive di rendita, di ciò che i nostri progenitori hanno
saputo fare e tramandarci, col paradosso che non tutti, ma la maggior parte,
all’epoca, erano semianalfabeti, a differenza di oggi che le lauree sono come i
rotoli della carta igienica, che teniamo stipati in ogni casa. Forse quando u
marrabeddu era la penna stilografica di molti, qualcosa si riusciva a fare.
Oggi non c’è un’amministrazione che riesca a differenziarsi dalle altre,
nemmeno nell’ordinario. Per non parlare d’iniziative. Fortunatamente c’è
qualche lodevole iniziativa privata, ma dell’operosità collettiva nemmeno
l’ombra. Individualismo, apatia, parassitismo, indifferenza, scarso senso
civico? Non saprei. Sembra una Linguaglossa col motore in folle, in attesa di
partire verso una destinazione che si sconosce, perché in verità, qui non si sa
dove andare, né in direzione dell’Etna, rimasta a languire, né sul posto, come
per esempio affrontare il problema, per citarne qualcuno, delle arterie rurali,
rimaste ferme al secolo scorso, che se affrontate, potrebbero dare nuovo
impulso all’economia del paese, dando sviluppo a terre incolte e/o abbandonate,
ricche di prospettive. La metafora dell’impasse in cui è sprofondato il paese è
rappresentata dall’unico vigile urbano presente in loco. Sembra interpretare la
storia di quel soldato rimasto nella giungla, finta la guerra, che, ritrovato, ebbe
a dire. “Provo vergogna a rimanere vivo” o come la dichiarazione del nostro
concittadino, che tornato prigioniero dalla Russia, affacciatosi al balcone del
Municipio per salutare la folla che lo acclamava, ebbe a dire: “ Viva il Re!”
Per noi a Linguaglossa il presente non esiste e il futuro è un’immaginazione.
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