giovedì 5 aprile 2012
L'Etna patrimonio dell'umanità
E’ di pochi giorni la notizia che la Commissione Unesco vorrebbe comprendere nella lista dei siti definiti Patrimonio dell’Umanità il nostro Etna. Dopo le Eolie e le Dolomiti quest’ambito traguardo potrebbe estendersi alla nostra “ montagna”. Un’occasione da prendere al volo perché essere inclusi in quest’elenco significa che il sito rappresenta di per sé una riconosciuta, particolare importanza dal punto di vista culturale e naturale. L’ufficialità è importante, perché rappresenta l’internazionalità riconosciuta del sito. Per la verità non c’era bisogno dell’Unesco per prendere coscienza dell’importanza culturale e naturale dell’Etna: la sua storia, la sua morfologia, la sua natura lo fanno un sito unico in tutta Europa. Siamo noi abitanti a sottovalutarlo o meglio a non saperlo sfruttare dal punto di vista culturale che naturale. Le Autorità dolomitiche dopo l’inclusione delle loro montagne nel sito Unesco hanno preso una serie di nuove iniziative per sfruttare al meglio l’occasione, come se non bastasse l’alto grado di sviluppo turistico raggiunto. E per far ciò hanno parlato di nuovo “sviluppo responsabile”. Noi invece fino adesso abbiamo sempre intrepretato l’Etna sotto il profilo dello “sviluppo sostenibile”. La differente terminologia non è di poco conto. Lo sviluppo responsabile prevede una serie d’iniziative volte a “incrementare” iniziative turistiche e culturali, mentre lo sviluppo sostenibile tende a “limitare” tali iniziative, come finora è avvenuto. Un esempio. Che senso ha, per esempio, l’avere impedito la costruzione di una funivia sul versante Nord dell’Etna con la scusa che il tipo d’ambiente non sopporta questo particolare stress turistico se poi si permette l’arrivo in alta quota di migliaia di auto e si continua a costruire in cemento armato? E’ questa la sbandierata, assurda sostenibilità del sito etneo? Ciascuno può avere le proprie opinioni, ma quando “certe opinioni” coltivate da chi vuol fare “cultura” diventano leggi, regolamenti, progetti, piani regolatori del tutto avulsi dalla realtà, perché inconcludenti o peggio ancora contradittori, la misura è colma. In questi casi entra in gioco lo sviluppo del territorio, il destino di una comunità che non può essere appannaggio di pochi “intellettuali del territorio”. Prima di procedere occorre informare la popolazione, coglierne le attese, consultarla, renderla partecipe e consapevole. Poi il resto: le leggi, i regolamenti, i progetti, i permessi…. Finora dall’Etna abbiamo avuto molte calamità e distruzioni, oltre alle belle fotografie che accompagnano le sue eruzioni, pochi i benefici, spesso sopraffatti da sacrifici economici. Le poche o molte iniziative hanno avuto sempre una vita travagliata, speso ostacolata da egoismi e miopie. Ben venga l’Unesco con la sua ufficialità, con l’augurio che all’Etna, patrimonio dell’umanità, si accompagni una nuova cultura della nostra montagna, una cultura innovatrice, progressista o per dirla alla maniera delle autorità dolomitiche “ responsabile”, appunto, “responsabile”.
Pubblicata su La Sicilia 05.04.2012. Saro Pafumi
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