La Sicilia fa parte dell’Italia? A vedere com’è stato gestito dalle Autorità lo sciopero dei tir in Sicilia sembrerebbe di no. E’ bastato che la protesta si estendesse sul Raccordo anulare di Roma e nell’aria lombarda da fare entrare in fibrillazione non solo le Prefetture italiane, ma anche la Commissione Europea. Questa condotta è la conferma di quanti lamentano che la Sicilia soffre di un elevato deficit di attenzione da parte delle Autorità nazionali e anche, c’è da giurare, di quelle locali. La causa è fin troppo evidente. La Sicilia, essendo una regione confinata ai margini dell’Italia e ancor più dell’Europa è come quel “ripostiglio abitativo” ove si depositano le cose inservibili o in esubero: disoccupazione, insicurezza, regresso, malavita organizzata e quant’altro di negativo la nazione produce. Noi siciliani e quanti ci governano siamo talmente abituati a convivere in tali condizioni, per cui ogni causa che le produce non solo non ci tange, anzi ci esalta. Nel caos produciamo il meglio di noi stessi, perché ci permette di esternare, liberando ansie e pessimismo, la confusione mentale che ci portiamo addosso. Così, lo sciopero diventa un impazzimento generale, un ribellismo, che, però, non diventa mai ribellione, perché il freno atavico della sottomissione, dell’apatia, dell’indifferenza, dell’assuefazione non ci fanno andare oltre una sterile protesta per di più autolesionistica. Le Autorità isolane? Anziché vigilare, indirizzare, correggere, modificare sono relitti sospinti dall’onda lunga della protesta, senza un approdo, né certo, né probabile. Una malattia che si aggiunge alle tante di cui la Sicilia soffre.
Pubblicato su La Sicilia il 28.01.2012. Saro Pafumi
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