Un tempo si chiamavano diversamente, oggi si definiscono Escort, un’espressione affascinante e misteriosa che sta ad indicare la più antica professione del mondo, anche se oggi è interpretata in modo elegante e disinvolto. Fiumi di parole, controverse immagini, discorsi moralistici, difese ed accuse hanno investito questa vasta schiera di “creature” che del loro e con il loro corpo vogliono ricavare una miniera d’oro.
Questa ventata di moralismo e sconcerto nei riguardi delle Escort nasce da certe ben note vicende private di personaggi pubblici che hanno fatto da detonatore del loro destino. Il problema è vecchio quanto il mondo, perché il corpo femminile, checché se ne dica, è stato considerato come “polvere pirica” in tutte le epoche storiche, passando dalle vicende bibliche d’Adamo ed Eva, alle guerre combattute per la conquista di una donna
(Elena e Paride), alle lotte familiari ( Giulietta e Romeo), per finire alla nostre Escort, contese o conquistate non più, per fortuna, a sciabolate, ma col tintinnio dei quattrini. Nulla di nuovo sotto il sole, escluso lo sconcerto di una parte dell’opinione pubblica che vede, a ragione o a torto, nello sfruttamento del corpo femminile il degrado della donna e della sua dignità. Le Escort d’oggi non sono altro che le figlie del ” sessantotto”, epoca in cui, ad opere delle donne nelle piazze si strillava: “ il corpo e mio e lo gestisco io” omettendo d’indicarne le forme e i modi.
Quella di colpevolizzare le Escort rappresenta il ritorno di fiamma di un certo modo di ragionare o di rappresentare la donna che contrasta col pensiero delle giovani generazioni o almeno di una loro cospicua parte. Una moda puritana, in parte dettata dal momentaneo sconcerto per risapute vicende private d’uomini pubblici, che però lascia invariato il tema sul corpo femminile. Purtroppo nella storia non si torna indietro e lo slogan: “ il corpo è mio e lo gestisco io” da una parte del genere femminile non è interpretato come segno di degrado, bensì come principio di libertà. Del resto le attuali vicende danno ragione a questo modo di pensare, basti vedere il successo della giovane Ruby che, da figlia sconosciuta di un anonimo marocchino, è assurta all’onore delle cronache. Il “male” che una certa campagna di stampa e una parte dell’opinione pubblica volevano estirpare è risorto più vivo e vegeto di prima. Del resto “la Ruby” aveva di fronte a sé poche scelte: vendere tappeti per strada assieme al padre; essere la sposa-schiava di un conterraneo; studiare ed ingrossare la fitta schiera dei disoccupati o scoprire “le potenzialità” del proprio corpo. Si è guardata addosso è ha scelto.
Come darle torto vista la notorietà acquisita, grazie alla campagna di stampa e all’opinione pubblica che la volevano demolire? I giudizi si dimenticano, ma i soldi restano. E’ il modo di ragionare che noi adulti e la società in genere inculchiamo ai giovani.
Dov’è lo scandalo?
Pubblicata su La Sicilia il 11.30.2011
Saro Pafumi
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