In un’epoca in cui l’economia è stagnante e la crisi in tutti i settori lavorativi è pressoché evidente, l’orario d’apertura e chiusura dei negozi commerciali segue regole arcaiche
Non capisco la logica in base alla quale un commerciante, così come qualsiasi altro lavoratore autonomo, debba sottostare al vincolo d’apertura e chiusura regolato dalla legge.
A prescindere dal fatto che chi lavora di più, in teoria dovrebbe guadagnare di più e conseguentemente pagare più tasse, è il diritto alla libertà d’impresa che non è garantito.
Il riposo settimanale è certamente un dovere, oltreché un diritto, ma tre giorni sono certamente troppi. E’ quanto avviene in alcune stazioni di servizio di carburanti costrette a chiudere, in certe settimane, il martedì, il giovedì e la domenica.
“Ricordati di santificare le feste”, se non erro, è il terzo comandamento, con chiaro riferimento alla domenica e alle altre feste comandate, ma nessuna Divinità eccetto lo Stato era arrivato finora a “santificarne” tre ( martedì, giovedì e domenica) come per l’appunto nel settore commerciale richiamato.
Osservato l’obbligo di andare a messa la domenica e di riposarsi, mi chiedo cosa debba fare un lavoratore autonomo negli altri due giorni liberi.
Certo, la possibilità di tenersi occupato nei giorni “forzatamente” liberi ciascun a modo suo la trova pure: disbrigo di pratiche burocratiche, volontariato, famiglia, ma è il principio che contrasta col diritto alla libertà d’impresa.
Finora si sapeva di Stati che si arrogavano il diritto di condannare i propri cittadini ai lavori forzati, ma non di Stati disposti a condannare al “riposo forzato”.
Pubblicata su La Sicilia il 01/05/2010
Saro Pafumi.
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