lunedì 24 maggio 2010

Omertà e delazione




Noi siciliani, come Giano, siamo bifronti Con la prima faccia, quella dell’omertoso, facciamo finta di non vedere, né sentire; con l’altra, riferiamo fatti di cui siamo a conoscenza, informando sopratutto le Auitorità alle quali la notizia può interessare. Queste caratteristiche del nostro carattere hanno nomi precisi: omertà e delazione. C‘è chi dell’omertà fa una regola di vita ( il mafioso), chi semplicemente una scelta ( decide di farsi i fatti propri). Il delatore
dal latino “deferre” che significa riferire) è, invece, in genere, una persona malvagia che per motivi diversi ( invidia, cattiveria, gelosia, ecce.) dismette i panni propri con l’intento di vestire quelli degli altri e in tale veste “autodenunziarsi” alle Autorità. Non c’è dubbio che queste deleterie e spregevoli qualità subumane sono più diffuse di quanto si possa immaginare.
Ne sanno qualcosa, con particolare riguardo alla delazione, tutte quelle Autorità che giornalmente sono invase da messaggi di questo tipo.
La legge nei riguardi dei due fenomeni descritti ha un diverso atteggiamento: di condanna verso l’omertà, di benevolo accoglimento nei riguardi della delazione.
Un’ambiguità di comodo che non fa onore alla morale, perché mentre nel caso dell’omertà, qualcuno spontaneamente o perché indotto confessa la conoscenza di un fatto, nel caso della delazione chi se ne serve è come se commettesse il reato di ricettazione, avvalendosi per “interesse” di una notizia carpita con frode.
Poiché, però, la morale più che un precetto è una definizione, lo Stato, o chi per esso, la colora a piacimento, giustificando un atto di per sé spregevole.
Il rischio è quello di trasformare un popolo in spie e delatori, persino in nemici, considerando tali anche coloro che ci stanno a fianco. In un clima siffatto, ciascuno, nel tentativo di adeguarsi alla realtà, ne rimane contagiato, un “modus vivendi” che è l’anticamera di una società in cui l’odio, l’inimicizia, il sospetto è ragione di vita.
Non è certamente piacevole vivere in una società in cui si deve pensare: “ Dai nemici mi guardi Dio, dagli amici mi guardo io”, perchè rappresenta la fine della solidarietà, della convivenza: un vero “suicidio” collettivo. Questa la strada che si sta percorrendo in una Nazione che della delazione fa il suo stile, coadiuvato da uno Stato che per pigrizia o per comodità si affida a questo spregevole sistema.
Pubblicato su La Sicilia il 24/05/2010
Saro pafumi

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