venerdì 14 maggio 2010

La poetica visione di don Sarvaturi Sciarmenta


Don Sarvaturi “Sciarmenta”, contadino doc, sposato da 68 anni, i proverbi li mastica come gli americani i cewingums, usa metafore più che parole, ma soprattutto, dall’alto dei suoi 89 anni ben portati, è un convinto sostenitore della famiglia patriarcale, “chidda di ‘na vota”. tiene a precisare.
Quando parla con qualcuno, la famiglia, i figli sono il suo chiodo fisso. Dice, per esempio, che quando si rivolge alla moglie, lui che calabrese lo è fino al midollo, le dà il Voi, per rispetto, ci tiene a sottolineare. Orfano di madre, morì partorendolo, si è sposato a 21 non per mancanza di “parrini”, che alla sua epoca si potevano trovare “ a munzedda”, dice sorridendo, ma perché, strofinando l’indice e il pollice, “scarsu di sordi” Se avesse potuto, soggiunge, si sarebbe sposato prima, perché non ha ancora capito se allora, nato orfano, cercava una madre-moglie o una moglie-madre. Confessa, anzi, che nei primi anni di matrimonio questo pensiero lo tormentava, al punto che dovette rivolgersi al parroco che, assolvendolo dal “compresso d’indippu” come chiama lui il “complesso d’Edipo”, gli aprì la strada al libero ardore, consentendogli di mettere al mondo, uno dopo l’altro, ben 7 figli che chiama, affettuosamente “ i chiovi da Cruci”.
Il perché di questa definizione lo spiega in due parole. “I chiovi da cruci”, dice, sono per Cristo i segni della sua sofferenza, ma anche il sostegno sulla croce che, fuori di metafora, significa: gioia e dolori. Se provi a chiedergli cosa ha avuto dalla vita, ti risponde: “tutto e niente!” Dal tono convinto con cui lo afferma, si comprende che quel “tutto” equivale alla famiglia, moglie, figli, affetti, mentre il “niente” è quello che rimane togliendo questi valori. Per uno che ha avuto poco e quel poco, sudato a colpi di “marrabbeddu” che lui chiama la mia “penna stilografica”, quel “tutto” è la sua ragione di vita Quando, prima di salutarmi, deliziandomi con i suoi discorsi, sulla famiglia, gli domando, per provocarlo: “ don Sarvaturi, ma quanti (mila)anni aviti?”, mi risponde, evitando, per scaramanzia. d’indicare una cifra, con l’ennesimo proverbio. “ Essiri non si po’ chiù di ‘na vota!”. Quindi, quasi a rafforzare il suo credo sulla famiglia, estrae dal portafogli le foto dei figli che tiene come immaginette di Santi e ne indica uno ad uno i nomi. Provo tanta ammirazione per la sua visione della famiglia e dei figli, una certezza granitica che la sua saggezza ha dissotterrato e coltivato giorno dopo giorno, a colpi di “marrabbeddu”, la sua “penna stilografica”, ma mi chiedo, allargando le braccia: cos’è rimasto, oggi, di questa“poetica” visione familiare di don Sarvaturi Sciarmenta?
Pubblicato su La Sicilia il 15/05/2010
saro pafumi

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