Linguaglossa è u megghiu paisi du munnu.
Non lo dico, come si usa dire “per partito preso” o perché ci sono nato, ma perché Linguaglossa è un paese ospitale, gradevole, allegro, forse anche “unico”, merito non solo del territorio che ospita l’Etna, “il più alto vulcano d’Europa” (con la quale definizione ci si riempie la bocca), ma anche dei suoi abitanti. Io per esempio ci sto bene, come i tanti forestieri che l’hanno scelto. Amiamo dire per esempio che qui è nato F. Messina, anche se l’Artista, a dire il vero, “non ci ha mai cacato”. Qui è nato il Prof. Luigi Di Bella che quand’era sulla cresta dell’onda ognuno lo cercava, salvo a dimenticarsene quando la scienza ne ha preso le distanze. Qui è nato Santo Calì che ognuno ricorda per i suoi comizi, ma pochi ne conoscono le doti letterarie e di poeta. Qui, poi, la solidarietà, intesa come “coram populo” è di casa, nel senso che ognuno si fa “ i cazzi degli altri”. E infine, cosa non di poco conto, la vita scorre lieve, come lieve è il carattere di chi ci abita, occupato a giocare e a straparlare. Si gioca naturalmente a far politica e si straparla di tutto: economia, sport, turismo, lavoro e naturalmente politica. Da bambino, ricordo, uno dei divertimenti preferiti era il gioco “ guardie e ladri”. Regole del gioco: I giocatori formano due squadre, una di guardie e l’altra di ladri. Il campo di gioco è rappresentato da una linea tracciata a terra dietro la quale si trova la “prigione”. Al segnale d’inizio le guardie si danno all’inseguimento dei ladri cercando di acciuffarne il maggior numero possibile. Ogni ladro “toccato” è condotto in prigione. custodito da due guardie. Il ladro prigioniero da dietro la linea (prigione) tende la mano ai compagni che se riescono a toccarlo, ritorna libero. Il gioco finisce quando i ladri sono tutti catturati. Di solito in questo gioco vincono sempre le guardie, perciò alla fine di ogni partita i ruoli s’invertono. Da bambino non immaginavo certo che anche da grande il gioco di “guardie e ladri” sarebbe continuato tra gli adulti, specie di quelli che si occupano di politica. Provate, infatti, a sostituire i nomi delle squadre da “guardie e ladri” in “opposizione” e “amministrazione”. L’opposizione cerca di far cadere l’amministrazione e per far ciò non fa altro che straparlare. Straparla di economia, di turismo, di sviluppo criticando l’amministrazione e cercando di occupare la “prigione” ossia il Municipio o sottraendo consiglieri che passano dall’altra parte. Ad ogni tornata elettorale i ruoli s’invertono, ma la tattica rimane uguale: straparlare, straparlare, straparlare. In questo simbolismo ludico l’unica realtà che non cambia è il campo di gioco, ossia il paese di Linguaglossa dove si finge il gioco dei bambini, ma i protagonisti sono terribilmente adulti.
Linguaglossa, non è u megghiu paisi di munnu? Saro Pafumi
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