mercoledì 23 febbraio 2011
Le preoccupazioni di don Sarvaturi Sciarmenta
“Un vecchio che vive in un piccolo centro abitato lontano dai grandi ospedali”, mi faceva notare don Sarvaturi Sciarmenta, contadino doc, noto per la sua proverbiale saggezza, “quando pensa alla morte lo fa in modo pessimistico per due ordini di ragioni: in primo luogo perché la morte, sentendola vicina, la considera un affare serio, come altrettanto serio è immaginare come morire. “Vediamo quello che mi può capitare” aggiungeva don Sarvaturi Sciarmenta “se mi dovessi sentire male. Il primo pensiero dei miei parenti è di accompagnarmi al pronto soccorso che è il posto più vicino. Poiché in genere nei pronti soccorsi di paese se cerchi la fiala non trovi la siringa e se hai la siringa non trovi la fiala, il medico di turno si limiterebbe a darmi una sbirciatina e abbozzando l’espressione di chi intende dire: "Ma a mia ccu mi ci porta nta ci centu missi” consiglia i miei parenti di ricoverarmi nell’’ospedale più vicino, senza nemmeno aggiungere se ho il tempo d’arrivarci. Con questa prima tappa in pratica si è dichiarati “idonei e arruolati”, come quando si passa la prima visita di leva.
A sirena spiegata si parte per l’ospedale indicato, ma se le condizioni sono serie o richiedono interventi specialistici anche questa seconda tappa si rivela inutile o meglio si è assegnati al corpo specialistico: alpini, genio, marina? Nient’affatto: unità coronarica, terapia intensiva, chirurgia d’urgenza, …quella del capoluogo, per intenderci, che è dovrebbe essere l’approdo finale. Ma attenzione: al traguardo non si può arrivare fuori tempo massimo, pena l’esclusione dalla gara, che è la vita.
In questa corse a tappe il percorso di chi abita in provincia è più lungo degli altri comuni mortali perciò giustizia imporrebbe un abbuono temporale, ma pare che la giustizia divina non contempli quest’ipotesi
Le soluzioni non sono molte: si potrebbero abolire le due tappe intermedie, quasi sempre inutili, guadagnando tempo prezioso; si potrebbe confidare nella Divina Provvidenza, sperando una volta tanto nell’abbuono temporale o rassegnarsi al destino. In fondo morire mentre si corre verso l’ospedale è come scegliersi una morte sportiva e in questo caso, scongiuri permettendo, mi dovrebbe essere assegnata la maglia rosa alla memoria”.
Quella di don Sarvaturi Sciarmenta, come al solito, è ironia e amara saggezza: è la paura di ciò che può avvenire, fatti i debiti scongiuri, vivendo lontano dai grandi ospedali.
Come dargli torto Saro Pafumi
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