Vivere in città o in campagna?
Due modi diversi di trascorrere la vita con pregi, difetti e abitudini diverse. In città i negozi, con le loro sfarzose vetrine traboccanti di novità, offrono svago e distrazione dai problemi quotidiani e tra la folla ci si sente gioiosamente soli, al riparo da giudizi che lo riguardano. Il contatto umano è formale, salvo a ricordarci di essere tra la folla, quando un’involontaria spallata ci scuote dall’isolamento in cui è piombata la mente. Il caos cittadino è fonte di stress e l’ambiente inquinato è tutto fuorché un mondo protetto e felice, in cui l’incuria dei cittadini è fonte di disagio per l’aria che si respira, quando non è la nebbia impalpabile e languida a trasformare questo disagio in angoscia. Il cielo stellato, oscurato dalla caligine, è un sogno infranto, un miraggio immaginario Chi è proprietario di una casa ringrazia Dio, salvo a rammaricarsi che gliela ha posta in condominio, fonte di liti, egoismi e incomprensioni, Tutto è a portata di mano, basta uno schiocco delle dita o così pare. L’eleganza è pane quotidiano, in sintonia con l’ambiente e con il luogo di lavoro, che fa sentire fortunati, anche se trasformati in automi: casa e lavoro e la mente non è schiava del becero provincialismo che impera nelle zone poco popolate.La vita in campagna è il rovescio della medaglia. Chi fa questa scelta ha una visione bucolica della vita. Ama gli spazi, il verde, i profumi della natura, diversi per ogni stagione. Anche l’alimentazione è diversa.: pane e libertà, con tutto il resto che la natura offra, verdure di campagna, prodotti genuini, raccolti con le proprie mani. La compagnia è quella con gli animali, in un felice connubio simbiotico. Il canto degli uccelli è l’orchestra quotidiana, che dolcemente si origlia tra il gioco dell’alba e i palpiti del tramonto, imparando a distinguerlo tra le vare specie, quando non è la notte che porta il richiamo straziante della volpe innamorata, che addolcisce l’insonnia o quando non sono le cicale o i grilli a dirci che la stagione è cambiata, con nuovi panorami e sfumature e con colori ora morbidi, ora polverosa, che s’intrecciano a vicenda. Non è infrequente ritrovarsi tra i piedi colombacci e gazze ladre, oggi diventati quasi animali domestici. Si vive nell’incanto delle albe e dei tramonti a ricordarci che un giorno è iniziato o finito. La magia che regalano le piante non ha uguali. La fioritura apre alla gioia, la defogliazione non è tristezza, ma un arrivederci tra anime che si confrontano. Non è necessario aprire gli occhi per sentire che si è in campagna. L’allegro silenzio che l’avvolge è un anticipo del paradiso e quell’albero con le cupe foglie e i rami appesantiti da una miriade di dorate arance, che si pavoneggia tra il superbo alloro e il mite mirto, ricorda il Natale. E’ il miracolo della natura che nella concezione del Pascoli è simbolo di solitudine in cui l’anima si libera dalle sofferenze del mondo
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