sabato 28 dicembre 2024
Chi dice che il Natale dev' essere prerogativa cristiana ?
Chi dice che
il Natale dev’ essere prerogativa cristiana?
Così mi verrebbe di rispondere a quanti vorrebbero cancellarlo. Natale è
l’umanità che popola l’intera terra. Natale fu l’evento della mia nascita.
Natale è stato quello dei figli e Natale quello dei figli dei miei figli.
Natale è ogni giorno, quando una nuova vita si affaccia al mondo. Il Natale è
speranza. Quando nella ricorrenza del nostro compleanno amiamo riunirci e
festeggiare, non è Natale? Si può festeggiare un parente, un amico o un conoscente,
ma si può festeggiare un personaggio storico e Gesù lo è. Se potessi,
festeggerei Maometto Buddha, Gandhi, o Luter
Kng o qualunque altro personaggio meritevole di ricordo. Festeggerei chiunque
ha reso migliore il mondo, dal combattente per una giusta causa, all’inventore
di un farmaco, dall’eroe che si è distinto per un’azione esemplare, al mio
vicino di casa, con cui condivido rispetto e legalità- Il Natale è festa,
amore, fraternità. Festeggerei pure il diavolo se nei suoi occhi cogliessi un
attimo di umanità
venerdì 27 dicembre 2024
Storie vere - L'ultimo viaggio
Storie vere - L’ultimo viaggio.
Avevo conosciuto Franco negli anni dell’università. Figlio di magistrato frequentava la mia stessa facoltà: giurisprudenza. Non veniva a trovarmi spesso, ma quando avveniva, era sempre in compagnia di un mio cugino, amico di famiglia, iscritto in medicina. Sulla mia scrivania erano raccolti i libri delle materie che avevo superarto. Una in particolare attirò la curiosità di Franco: Istituzioni di diritto privato, il più difficile impegno per chi studiava giurisprudenza Lo ispezionò con cura, pagina per pagina. Quando finì di sfogliarlo, mi chiese se potessi prestaglielo. ‘Non credo che tu abbia difficoltà a comprartene uno nuovo’ gli dissi. ‘No !, mi rispose, ma sfogliandolo ho capito il tuo metodo di studio. Con una matita bicolore annoti le parti interessanti della materia e col rosso, quelle essenziali, comprese le annotazioni. Dovendo studiare il testo, per l’esame, mi è oltremodo comodo questo lavoro da te fatto, perché mi semplifica la fatica”. “ Se questo è il motivo, puoi prenderlo, con preghiera di restituzione”. A esame superato, mi restituì il libro (cosa piuttosto rara, perché mai un libro prestato fa ritorno al suo possessore), comunicandomi una sensazione che aveva ricavato il padre magistrato, quando lo vide studiare su un libro usato. ‘Chi si è preparato su questo testo ha ‘zappato’. Una metafora per indicare la meticolosa fatica affrontata. Per un lungo tempo non ho rivisto Franco, finché un giorno m’informò, con una gradita telefonata, che conseguita la laurea, aveva anche superarto l’esame d’ammissione in magistratura, con l’incarico di PM in Procura, pronto a trasferirsi, fra qualche giorno, a Roma, dove suo padre era stato promosso magistrato di cassazione. Dopo alcuni giorni, aprendo ‘La Sicilia’, leggo in prima pagina: ”Famiglia catanese si schianta alle porte della capitale. Morti il figlio, alla guida, e i genitori’. Una triste notizia, come tante, pensai, ma leggendo l’articolo mi accorsi che la famiglia catanese era quella riferita a Franco e ai suoi genitori. Profondamente scioccato e amaramente provato per quella crudele sorte, poggiai i gomiti sulla scrivania e con la testa tra le mani chiesi a Dio: perché? Non ebbi risposta. Nell’ambiente forense catanese, qualcuno spiegò l’evento, collegandolo alla “fortuna” che spesso presenta un conto salato. “La fortuna” ? pensai, “quella ch Dante definisce: “Ministra e duce”? Meglio non incontrarla, nel bene come nel male, mi augurai.
lunedì 23 dicembre 2024
Vivere in città o in campagna ?
Vivere in città o in campagna?
Due modi diversi di trascorrere la vita con pregi, difetti e abitudini diverse. In città i negozi, con le loro sfarzose vetrine traboccanti di novità, offrono svago e distrazione dai problemi quotidiani e tra la folla ci si sente gioiosamente soli, al riparo da giudizi che lo riguardano. Il contatto umano è formale, salvo a ricordarci di essere tra la folla, quando un’involontaria spallata ci scuote dall’isolamento in cui è piombata la mente. Il caos cittadino è fonte di stress e l’ambiente inquinato è tutto fuorché un mondo protetto e felice, in cui l’incuria dei cittadini è fonte di disagio per l’aria che si respira, quando non è la nebbia impalpabile e languida a trasformare questo disagio in angoscia. Il cielo stellato, oscurato dalla caligine, è un sogno infranto, un miraggio immaginario Chi è proprietario di una casa ringrazia Dio, salvo a rammaricarsi che gliela ha posta in condominio, fonte di liti, egoismi e incomprensioni, Tutto è a portata di mano, basta uno schiocco delle dita o così pare. L’eleganza è pane quotidiano, in sintonia con l’ambiente e con il luogo di lavoro, che fa sentire fortunati, anche se trasformati in automi: casa e lavoro e la mente non è schiava del becero provincialismo che impera nelle zone poco popolate.La vita in campagna è il rovescio della medaglia. Chi fa questa scelta ha una visione bucolica della vita. Ama gli spazi, il verde, i profumi della natura, diversi per ogni stagione. Anche l’alimentazione è diversa.: pane e libertà, con tutto il resto che la natura offra, verdure di campagna, prodotti genuini, raccolti con le proprie mani. La compagnia è quella con gli animali, in un felice connubio simbiotico. Il canto degli uccelli è l’orchestra quotidiana, che dolcemente si origlia tra il gioco dell’alba e i palpiti del tramonto, imparando a distinguerlo tra le vare specie, quando non è la notte che porta il richiamo straziante della volpe innamorata, che addolcisce l’insonnia o quando non sono le cicale o i grilli a dirci che la stagione è cambiata, con nuovi panorami e sfumature e con colori ora morbidi, ora polverosa, che s’intrecciano a vicenda. Non è infrequente ritrovarsi tra i piedi colombacci e gazze ladre, oggi diventati quasi animali domestici. Si vive nell’incanto delle albe e dei tramonti a ricordarci che un giorno è iniziato o finito. La magia che regalano le piante non ha uguali. La fioritura apre alla gioia, la defogliazione non è tristezza, ma un arrivederci tra anime che si confrontano. Non è necessario aprire gli occhi per sentire che si è in campagna. L’allegro silenzio che l’avvolge è un anticipo del paradiso e quell’albero con le cupe foglie e i rami appesantiti da una miriade di dorate arance, che si pavoneggia tra il superbo alloro e il mite mirto, ricorda il Natale. E’ il miracolo della natura che nella concezione del Pascoli è simbolo di solitudine in cui l’anima si libera dalle sofferenze del mondomercoledì 18 dicembre 2024
A libretta, un antico modo di far credito.
A libretta,
un antico modo
di far credito
Che
sia il segnale di ritorno al passato, l’indizio che qualcosa stia cambiando,
l’avvio di nuove difficoltà? Sempre più spesso capita di ascoltare, entrando dal
bottegaio: “ u signassi ‘da libretta”. L’espressione non è nuova per chi ha una
certa età, ma era da molto tempo che questa pratica di “vinniri a credenza”non
si ascoltava. Ci sono abitudini che si perdono, altre che cambiano, altre che
resistono, altre che non muoiono mai, perché è “la necessità” che le rende
immortali. “ A libretta, forse è una di
queste. Un minuscolo notes sul quale, nell’intesa tra bottegaio e cliente, è
segnato l’importo giornaliero delle umane necessità primarie, dalla semplice carta igienica al
pane quotidiano. Se si avesse la voglia e il tempo, attraverso lo studio di
queste “librette” si potrebbero
elaborate autentiche statistiche dei
bisogni primari della società, perché “ a libretta” di esse è la cartina di
tornasole.
Oggi
queste “librette” si chiamano “carte di credito”, ma ottenerle implicano costi
e puntualità. Il negoziante si sa “la pazienza” la vende pure e in caso di ritardo
sa come comportarsi. perché secondo un antico proverbio: “ a cridenza costa ‘na
vota e menza” e anche se non si può “tirare” sul prezzo, perché “a cridenza
cria dipinnenza”, confessiamolo: “a libretta” fa comodo. . Questo modo di
chiamare “ a libretta”, pare sia stato mutuato dal linguaggio militare dove il
termine stava ad indicare il manuale d’esercitazione delle manifestazioni
celebrative, ma più verosimilmente si è passato da “libretto” o “notes” a “
libretta”, perché noi siciliani abbiamo l’inventiva d’ingentilire i nomi, come
“ a diabeti”, “ a salami”, “a cicira” che nella lingua italiana sono
rigorosamente maschili. “ A libretta” nel linguaggio parlato dialettale suona
bene: è più soft, ha un tono amichevole, dà fiducia, ci accompagna nella vita
quotidiana, perciò non si ha voglia d’abbandonarla. Meglio fidarsi di chi
un’anima l’ha, ci conosce e ci ha seguito una vita, che delle moderne carte
plastificate che a posto dell’anima hanno un microcip che non guarda in faccia
nessuno. Nessuna “libretta” si sognerebbe di rispondere: “credito
insufficiente” perché chi ha un’anima le necessità altrui le comprende e a “
libretta” è una vera amica. Un po’ d’umanità in questo mondo tecnologico non
guasta. Ben tornata, dunque, cara, vecchia amica “libretta”.
da
Racconti di sera di Saro Pafumi
martedì 17 dicembre 2024
I soldi non bastano mai.
I soldi non bastano mai. Lettera inviata a La Sicilia
Ogni conversazione che riguarda la nostra vita economica è condita dalla stessa affermazione: i soldi non bastano mai. Lo dice chi guadagna mille euro al mese o giù di lì e chi ne guadagna il doppio o il triplo. Perché questa corrispondenza di vedute?Il denaro genera un senso di ricompensa, il che rinforza il desiderio di volere sempre di più, quindi non ci accontentiamo di quello che abbiamo, spendendo oltre le possibilità. Uno che guadagna mille euro al mese, se deve acquistare una camicetta, cerca fra quelle che costano cinque euro. Se invece guadagna il doppio o il triplo, cerca fra le camicette che costano cinquanta euro. Il desiderio si adegua al guadagno e con maggiore guadagno si è indotti a spendere di più, col risultato che il guadagno non basta mai. Gli uni e gli altri, disuguali in termine di guadagno, sono però accomunati in quanto a insoddisfazione. Un senso di frustrazione che non viene meno, qualunque sia l’ammontare del guadagno. E’da ritenere, pertanto, che l’insoddisfazione non sia legata al guadagno, bensì al volere di più a tutti i costi, a prescindere dalle possibilità. Il desiderio non si spegne ma continua a rigenerarsi, avvolgendoci in una spirale di continua frustrazione. . La vita diventa in tal modo, un’affannosa corsa ad ostacoli che non sempre riusciamo a superare. Cambiare si può se siamo capaci di dominare i desideri e non di farci dominare da essi.mercoledì 11 dicembre 2024
Le nuove faccende domestiche cambiano volto.
Le mattutine faccende domestiche cambiano volto.
Appena svegli iniziano le fatiche domestiche: quell’insieme di piccole attività che si ripetono nel tempo: uguali e monotone. Ne sanno qualcosa le donne che di queste metodiche fatiche sono le vittime. Oggi è cambiato qualcosa in questo perenne, faticoso scorrere del tempo, frutto delle tecnologie che hanno cambiato il ritmo della vita. La prima attività che si mette in moto, appena poggiati i piedi a terra, è la ricerca del telefonino per leggere gli ultimi messaggi, quelli che i nottambuli scrivono e trasmettono prima di addormentarsi col telefonino in mano. Un’abitudine che ha strappato il primato all’uso della moka, con quell’odore di caffè che si diffonde per le stanze, simbolo delle case italiane, in cui all’odore del caffè si mescola il rumore dei passi che segnano l’inizio di un nuovo giorno. Il letto guarda da lontano quasi a implorare un aiuto, arruffato e contorto tra cuscini e lenzuola che sanno di sonno perduto. Mentre la moka “riflette”, la donna di casa affida l’ultimo sbadiglio alla finestra della camera da letto per cambiare l’aria ancora intrisa dalle ombre della notte. Un fugace sguardo alle nuvole e alla luna che, sbiadita, appare all’orizzonte è il meteo giornaliero che non sbaglia. E’ tempo di stendere il bucato sul balcone di casa, che esposto a tramontana non fatica ad asciugarsi. La moka in veste di alluminio ha finito di sbuffare. Un sibilo cordiale invita a una breve sosta per assaporare il magico gusto del caffè, un elisir che trasforma la stanchezza in energia. L’alba ci consegna un nuovo giorno e con esso ciò che vogliamo essere domani: felici e spensieratilunedì 9 dicembre 2024
Nuovi telefonini solo per i più giovani e differenziati per età
Nuovi telefonini solo per i più giovani e differenziati per età.
Quando si parla di droga, si fa riferimento a tutte quelle sporche alchimie che si usano per trovare un momento di sballo e talvolta la morte. Il progresso ha introdotto un’altra droga, molto più blanda e generalizzata, ma pericolosa anch’essa. Mi riferisco al telefonino, quest’aggeggio che ci troviamo tra le mani appena svegli, sulla tavola da pranzo, nel cesso o appeso sul petto, come il campanaccio che adorna il collo delle pecore, che tali siamo diventati, con l’uso smodato di quest’arnese, che da semplice mezzo di comunicazione è diventato la droga di tutte le ore, notte compresa. I giovani ne sono le principali vittime. Spesso il progresso trascina con sé conseguenze imprevedibili e l’uso smodato del telefonino ne è un esempio. La droga non è solo quella che arreca danno alla salute fisica, ma anche quella che altera le facoltà mentali, proiettata a creare dipendenza, assuefazione individualismo, asocialità Conseguenze che oggi più che mai sono presenti nella società e nei giovani in particolare. Uscirne è difficile. Forse sarebbe utile pensare a telefonini differenziati per età, consentendo ai più piccoli programmi istruttivi, legati al mondo della scuola, impedendo l’accesso a quel mondo virtuale che tutto contiene, talvolta con conseguenze deleteriedomenica 8 dicembre 2024
Grazie, Maestro |
Ero stato contattato lunedì due dicembre dallo studio Trantino per comunicarmi che ne “Lettera a me stesso” settimanale appuntamento col Maestro, era contenuto un riferimento a me che qui riporto “Se non l’arguzia siciliana non corra in aiuto, sino a soluzioni che solo la vena descrittiva di Saro Pafumi, inesauribile fotografo sociale, rende reali perché incarnate in personaggi e fatti della provincia siciliana. “ Avevo conosciuto direttamente Enzo Trantino, avendomi contattato per congratularsi per i contenuti e la forma delle mie lettere a “Lo dico a La Sicilia”.Ne era nato un ‘sodalizio cultuale’, come lo definiva Lui, tale da indurLo a dedicare diverse recensioni ai miei scritti. Mi è doveroso ricordarLo, oltre che per la sua carriera politica, pulita e genuina, per la sua vena oratoria in ambito penale, assai forbita e attenta, mai sopra le righe, che destava ammirazione anche tra i giudici e ringraziarLo per l’amicizia che mi aveva regalato al di fuori dell’ordinario. Con Trantino e Barletta ho perduto non solo due maestri e sostenitori, ma due autentici amici che mi hanno insegnato che l’amicizia, quella vera, non è finzione, ma sentimento che va oltre i confini dell’umano vivere. Grazie Enzo! Resterai nel cuore di tutti noi.domenica 1 dicembre 2024
Le stradine da sogno
Le stradine da
sogno.
Ci sono a Linguaglossa stradine per
fortuna ancora non lambite dalla mano sacrilega dell’uomo. Hanno avuto il
privilegio di essere calpestate solo da uomini con le scarpe chiodate vestiti
di stracci e di donne con lo scialle sulle spalle. Par di sentire ancora i loro
passi pesanti e quelli di asini sbuffanti che gli facevamo compagnia. Poi sono
state inghiottite dal silenzio e dall’apatia. Le casette mezze dirupate che ne
fanno contorno, oggi sono dimore di piante rampicanti e i muri in nera pietra,
che le delimitano, sono capolavori della fatica, statue viventi di un tempo
remoto, orfani di quei viandanti, ormai fantasmi.
Non ci vorrebbe tanto per
recuperarle e farne un tesoro, un itinerario turistico. Si ricrei con un po’ di
fantasia il clima d’allora: un asino in mezzo alla via, in groppa un bambino
tra due pendenti fasci di legna, il contadino davanti e la moglie a seguire, in
testa la cesta, come tante donne dell’epoca. Una scultura in cartapesta, come
quella che si fa per carnevale, ben protetta, che ci riporti al passato. Né
più, né meno che uno scatto di una macchina da presa che immortali appena un
palpito di poesia. I turisti in quei posti andrebbero condotti per mano e
sapientemente informati sulle usanze e la vita di quei magici momenti che il tempo
ha fermato.
Numerose sono a Linguaglossa le
stradine di questo tipo e tutte una diversa storia da raccontare e con un
momento di vita da immortalare. Tra le tante , via Pio IX o l’incantevole Via
della Santa Spina nel quartiere più antico e suggestivo, al centro del paese a
due passi dalla Chiesa Madre, dove,in quest’ultima, in un certo periodo
dell’anno la stradina è coperta da un tappeto di arance, i frutti del sole, che
cadono dagli alberi che stanno a monte e nessuno coglie.
Un paese deve saper valorizzare ciò
che ha, perché è dalla naturalezza delle cose che scaturiscono le idee e non
dalle artificiosità che sanno di finzione.