domenica 6 ottobre 2024

"Amara terra mia", tra attese e speranze

 

“Amara terra mia” tra attese e speranze.

Se ci interrogassimo come si trascorra il tempo in Sicilia, non ci sono che due sostantivi per definirlo: attesa e speranza. Uno stato d’animo che oscilla come pendolo nella gabbia della vita, da cui non si evade mai. Un ergastolo che ci riguarda, in attesa di passare il testimone a chi è destinato a succederci:i nostri figli, in un continuo divenire senza fine. L’attesa è lo stato d’animo con cui inizia la giornata: la promessa di un lavoro che non arriva; un pagamento che tarda; una pensione che non matura; una malattia che resiste alla cura; un presente sospeso nel nulla; un futuro che si annebbia. Ogni giorno le campane battono le ore, i quarti, le mezz’ore, il tempo passa, ma nulla muta. Poi la sera, chiusi dentro la stessa gabbia si consuma l’attesa di un nuovo giorno che dura quanto il tempo di un respiro e vola via, come quello che precede o quello che arriva. Ciascuno di noi è portato a chiedersi: Garibaldi è andato via o dimora ancora sull’Isola? I Borboni sono stati cacciati e al loro posto sono arrivati i Piemontesi? Qualcuno amaramente ci ricorda che anche loro sono andati via, assieme ai nostri averi. Allora si accende la speranza di essere liberi, anche se poveri e ci sentiamo fratelli. Una speranza che dura poco, perché la Sicilia ha un destino crudele: chiunque governi è sempre “uno straniero” come se i Borboni o i Piemontesi non fossero mai andati via. E se non si comporta da “straniero” peggio ancora, la illude, la inganna, la deride, la piega ai propri interessi di parte o di bottega, di politica o di mafia. Il destino dei siciliani somiglia alla mattanza dei tonni. In ogni tornata elettorale ciascun partito butta le sue reti per la cattura dei voti. Poi ciascuno col suo bottino risale lo Stivale e vende agli italiani il frutto del pescato, né più né meno come I Piemontesi, che anziché rastrellare voti, depredavano ricchezze. Il siciliano non finisce mai di sperare, come non finisce mai di attendere. In un immaginario vocabolario siciliano attesa e speranza sarebbero sinonimi: l’accomuna l’illusione che tutto cambi. L’unica cosa a cambiare è la speranza. Per Aristotele la speranza muta col mutare dell'età dell'uomo: difetta nella vecchiaia, eccede nella giovinezza. Contro questa verità filosofica, noi siciliani abbiamo avuto la capacità di livellare la speranza, facendo diventare vecchi i giovani, che, come i primi, difettano di speranza. Un cambiamento non di poco conto in una Sicilia immobile. Mentre le campane battono le ore, i quarti, le mezz’ore, rinchiusi nella bolla del tempo, non ci resta allora che attendere e sperare. Pubblicata oggi 5.10.2024

 

Nessun commento: