Ricordi d’infanzia
Avevo 15/16 anni quando, nelle calde notti agostane, il mio
giaciglio era il balcone di mia nonna, che si affacciava sulla piazza grande,
con il suo alto campanile, che parea un gendarme a sorvegliar le ombre.
Supino, ammiravo le stelle e la Via Lattea che immaginavo
fosse la strada degli Angeli. Poi aspettavo che la luna piena scivolasse dal
tetto per cadermi tra le mani e inondare di luce il mio giaciglio.
Era quella l’ora in
cui le tenebre abbracciavano case e strade e la luna a spargere pennellate per
dipingerle assonnate, dove le ombre e il silenzio colloquiavano con mute
parole.
Era l’ora scelta, le tre circa del mattino, quando, quatto
quatto, uscivo da casa per rubare i profumi che mi regalava la notte.
Dall’orto di don Ferdinando a Piazza Santa Caterina un folto
cespuglio di gelsomino inondava col suo profumo la piazza e le vicine stradine.
Poi, girati un paio d’angoli, la scala esterna dei miei zii,
i cui gradini ospitavano vasi di pelargoni, gardenie e ‘peccaminose’ tuberose
dal ‘profumo proibito’ m’irradiavano soavi incensi.
Altro superbo cespuglio di gelsomino, debordante copioso dai
muri del cortile di don Manlio, nel quartiere Sant'Egidio, invidioso del mio
primo incontro, mi catturava col suo profumo.
In via Garibaldi mi
aspettavano gli alberi d’agrumi dell’orto del Col. Emilio, le cui foglie
stritolavo tra le mani per coglierne essenza e aromi.
Non ero solo la notte, mi facevano compagnia i gatti insonni
e qualche ubriaco barcollante che tornava a casa o girovagava senza trovarla.
Anche la mia ombra si divertiva a farmi compagnia, secondo il gioco delle luci.
Era l’ora di rincasare e di riposare fino all’alba in quel
giaciglio d’amore illuminato dalla luna. La sveglia la dava don Vincenzo quando
apriva le sue imposte a due battenti, ferruginose, che si aprivano sulla piazza
grande.
Intanto "U su Ggiddiu". con le sue capre, che
conduceva appresso, depositava dietro il portone il latte appena munto.
Mi aspettava la solita colazione annunziata dall’odore di
pane arrostito che mia madre, inzuppandolo nel
latte, mi preparava la mattina.
Così trascorreva la mia infanzia, tra giochi, profumi,
studio, nell’abbraccio stretto di mia nonna e di mia madre, impegnato mio
padre, da mane a sera, a macinar lavoro e il mio carattere a forgiar. con le
sue amorose bravate.