domenica 27 ottobre 2024

" A vanedda o mutu" , oggi Corso Matteotti. Linguaglossa

 

“A vanedda o mutu”, Oggi Corso Matteotti..Linguaglossa.

Così chiamata per la sua forma lunga e stretta,a imbuto, in quanto vi convergono  tre strade : quella proveniente da Fornazzo; quella proveniente da Linguaglossa e  quella proveniente dalla strada San Giuseppe, per sfociare, poi, sulla SS.120 dirimpetto alla la macelleria di R.Cannavò.

 Questa la mia interpretazione, L’ultima parola lasciamola a Tonino Cavallo, ‘principe’ in questi argomenti.

sabato 26 ottobre 2024

Leggo e ringrazio G.Cappuccino

 

Leggo  su ‘Lo dico a la Sicilia’ del 23.10.2024 e ringrazio di cuore il ‘notista’ Giacomo Cappuccino, per come definisce la mia presenza sulla Rubrica medesima.” “Pafumi campione di questa rubrica” Se si dovesse scegliere un campione portabandiera tra quanti scrivono solitamente a  ‘Lo dico a la Sicilia’ per me non si potrebbe che scegliere Saro Pafumi, in quanto lo stesso possiede rare doti nello scrivere lettere, ora implacabili nel descrivere realtà inerenti la società che viviamo,ora affascinanti per quanto riguarda gli argomenti che tratta. In entrambi i casi,alla fine della lettera gli scritti di che trattasi,mi sento più leggero e sto benissimo. Complimenti. Giacomo Cappuccino

sabato 19 ottobre 2024

La TV spenta e il rumore dei pensieri.

  

La TV spenta e il rumore dei pensieri.

Il temporale che si è abbattuto in questi giorni sul nostro versante ha reso muta e cieca la televisione. Una condizione insolita. Una compagna di vita, osservo, che ha scelto il riposo. In casa il silenzio rientra, non richiesto, dalla porta di servizio, in punta di piedi, lui, che, da quando lo schermo piatto è diventato il re della casa, ha fatto i bagagli, avendo esaurito il suo salutare servizio. Ti accorgi della sua presenza, ora, che, felpato, si aggira per casa. Un ospite gradito che ti fa riscoprire le bellezze del passato: il rumore del respiro, il brontolio dello stomaco, il fruscio dell’ombra che ti trascini appresso, persino il bisbiglio dei pensieri, che timidi si affacciano alla mente. Senti che i tuoi pensieri ora camminano da soli, senza essere trasportati del tubo catodico che li accompagna dove lui vuole condurli. Nel silenzio che avvolge la camera, finalmente puoi parlare a te stesso, senza il frastuono di altre voci. Un dialogo, lungo, meditato in cui i pensieri scorrono lievi, genuini, freschi, zampillanti dalla fonte dell’anima, che riemerge libera dal coro di voci impertinenti, insulsi, talvolta insensati, che come fiumi in piena escono dal cinescopio. Quel monitor, che, muto mi guarda, vorrebbe dirmi qualcosa, ma non osa. Forse, penso, guarda il telecomando che ho in mano, da cui dipende la sua vita o la sua morte o forse vorrebbe dirmi di non usarlo, per prolungare il tempo di pensare, quell’attività umana alla quale ho stupidamente rinunziato per lasciare che altri lo facciano in mia vece. Il telecomando!  Ecco, il telecomando!  Non avevo pensato che usando quest’infernale aggeggio, non accendo o spengo la TV ma il mio cervello. 

giovedì 17 ottobre 2024

Il ruolo dei genitori nell'educazione dei figli.

 Il ruolo dei genitori nell’educazione dei figli.

Tutte le volte che si parla dell’educazione dei figli, il riferimento al ruolo dei genitori è in prima linea, col risultato che la riuscita di un figlio è attribuita all’educazione dei essi. Se nel passato questa convinzione era vera e ben radicata, lo stesso non po’ dirsi nell’era moderna contrassegnata dalla predominanza talvolta deleteria della tecnologia, che ha invaso la vita dei nostri figli, spesso privi delle poche nozioni che i genitori riescono a impartire, sopraffatti dai loro compiti e dalla sempre più rara presenza in casa, aggravata spesso dalla separazione. L’uso e l’abuso dei cellulari in mano ai minori ha sostituito l’insegnamento dei genitori, sempre più assenti e distratti, rendendoli schiavi di contenuti effimeri e diseducativi di una realtà che non esiste, ma propugnata. L’appello al consumismo, alla libertà individuale, sciolta da ogni dovere sono gli insegnamenti più frequenti impartiti dai social, creando nella mente dei giovani la certezza che tutto gli è dovuto, al di fuori dell’impegno personale, relegato a semplice optional. Esonerandoli da qualsiasi impegno e sacrificio, il social hanno costruito una gioventù fragile, che si frantuma alla prima contrarietà della vita. E i genitori? Sempre più assenti e distratti, non più protagonisti dell’educazione e dell’avvenire dei figli ma vittime essi stessi di un sistema che li ha travolti, privandoli della loro autorità. I genitori consapevoli del loro veno nei compiti d’assolvere,per sopperire a questa loro deficienza si sono trasformati, per senso di colpa, in bancomat  dei desideri dei propri figli,persino anche quando le risorse familiari non lo consento, attingendole dalle Finanziarie, sempre più presenti nei bilanci familiari. Non si dica, quindi, che i genitori siano responsabili dell’educazione dei figli, perché essi sono diventati una categoria astratta, con la sola prerogativa di generare e non di educare, espropriata quest’ultima dai social, vera perniciosa calamità dell’era moderna. 

mercoledì 16 ottobre 2024

Il significato della vita

 Il significato della vita.

La domanda più frequente, quasi ossessiva, che ci capita di fare è: cosa avviene dopo la morte? Una domanda che trova risposa solo nella fede, perché escludendo questa, si precipita nel baratro dell’ignoranza. Eppure c’è una domanda più interessante che non trova risposta, escludendo la solita fede ed è: qual è il significato della vita? Una domanda che ci riguarda da vicino, senza scomodare fede, libri sacri e lezioni di catechismo. La risposta, se c’è, non è facile. Tutto dipende dal destino, da quell’intreccio di coincidenze volute o no, per cui una persona nasce, vive e muore. Sarebbe bastato che uno dei genitori si fosse accoppiato con una diversa persona, perché il nascituro sarebbe stato diverso. Perché sono nato io, mi viene da chiedermi? E qui si ritorna nel mistero. Una volta nati, qual è il significato della vita? Potremmo rispondere a questa domanda, quando passano gli anni e si elabora tutto quello che è successo. Ma già tutto è accaduto nel bene e nel male. Qual è stato il nostro contributo? Siamo stati veramente noi i protagonisti della nostra vita? Mettendo da parte la teoria del libero arbitrio che è una profonda illusione, si finisce col concludere che noi non siamo padroni di nessuna singola azione. Ciò che apparentemente nasce e si sviluppa nella nostra mente è il prodotto di ciò che precede e s’intreccia con ciò che dovrà avvenire, spesso coadiuvato, diretto o fuorviato dalle circostanze che lo accompagna, che nel suo insieme prende il nome di destino, spesso non voluto, né cercato, ma subito. Siamo schiavi di tutto cià che ci circonda, per nulla liberi di capire ciò che effettivamente vogliamo. Il risultato non è il prodotto libero della nostra volontà, ma il frutto, talvolta amaro, delle circostanze o coincidenze che lo accompagnano. Né può essere diversamente se e quando la nostra vita s’intreccia con gli eventi esterni. In fondo siamo come le foglie di un albero, che staccatesi dal proprio ramo cadono a terra e sospinti dal vento (destino) si disperdono verso lidi inaspettati. E noi mortali? Semplici pedine di un destino ignoto, in cui a ciascuno, piaccia o no, capita di recitare un ruolo, che non ha scelto ma subito. Nessun libertà esiste fuori dalla gabbia in cui ci ha imprigionato la vita. 

martedì 8 ottobre 2024

"Ucchitti", Esemplare ' corriere' di un mestiere sscomparso

 “Ucchitti”.Esemplare ‘corriere’ di un mestiere scomparso.

Negli anniedel dopo guerra ,quando andare a Catania per commissioni o disbrigo di pratiche amministrative era una vera fatica ,ci si rivolgeva ai ‘corrieri’ , gli unici che risolvevano le incombenze assegnategli.  A Linguaglossa il mestiere di corriere era esercitato da tale Grasso che abitava nei pressi di Gesù e MARIA  e da “ ucchitti” così chiamato volgarmente,  per via di una forte miopia, che aveva l’abitudine di annotare sulla banconota dategli, come anticipo, il nome del committente e il compito da svolgere. A Catania per eseguire le incombenze si serviva di una bici, con la  quale faceva il giro  della città per portate a termine i compiti assegnatigli. L’esattezza,  come la cortesia e il garbo erano nel suo stile Il Grasso associava al compito di corriere ,l’agente di viaggio, preparando gli incartamenti per chi volesse andare all’estero,allora molto in voga. Faceva lo stesso mestiere di Agente anche il Rag. Sfilio, con esercizio in quella che oggi si chiama via Del teatro, angolo Via Roma. La necessità di affidarsi ai corrieri nasceva dalla  scarsità dei mezzi di trasporto, poche le macchine private e impervie le strade per raggiungere Catania. Un vuoto riempito dalle auto a noleggio, che facevano la spola tra Linguaglossa e Catania:: Barbagallo Nicodemo, Del Popolo, Settineri, che per pochi spiccioli trasportavano i clienti in città. Un’epoca in cui i corrieri svolgevano la loro preziosa opera, causa dalle limitazioni descritte, oggi del tutto scomparsa.”Ucchitti” fu l’interprete principale di tale mestiere figlio dei tempi, destinato, come tanti altri, a scomparire com l’evoluzione dei mezzi di trasporto e le migliorate condizioni sociali

lunedì 7 ottobre 2024

Ricordi d'infanzia

 

Ricordi d’infanzia

 

Avevo 15/16 anni quando, nelle calde notti agostane, il mio giaciglio era il balcone di mia nonna, che si affacciava sulla piazza grande, con il suo alto campanile, che parea un gendarme a sorvegliar le ombre.

Supino, ammiravo le stelle e la Via Lattea che immaginavo fosse la strada degli Angeli. Poi aspettavo che la luna piena scivolasse dal tetto per cadermi tra le mani e inondare di luce il mio giaciglio.

 Era quella l’ora in cui le tenebre abbracciavano case e strade e la luna a spargere pennellate per dipingerle assonnate, dove le ombre e il silenzio colloquiavano con mute parole.

Era l’ora scelta, le tre circa del mattino, quando, quatto quatto, uscivo da casa per rubare i profumi che mi regalava la notte.

Dall’orto di don Ferdinando a Piazza Santa Caterina un folto cespuglio di gelsomino inondava col suo profumo la piazza e le vicine stradine.

Poi, girati un paio d’angoli, la scala esterna dei miei zii, i cui gradini ospitavano vasi di pelargoni, gardenie e ‘peccaminose’ tuberose dal ‘profumo proibito’ m’irradiavano soavi incensi.

 

Altro superbo cespuglio di gelsomino, debordante copioso dai muri del cortile di don Manlio, nel quartiere Sant'Egidio, invidioso del mio primo incontro, mi catturava col suo profumo.

 In via Garibaldi mi aspettavano gli alberi d’agrumi dell’orto del Col. Emilio, le cui foglie stritolavo tra le mani per coglierne essenza e aromi.

 

Non ero solo la notte, mi facevano compagnia i gatti insonni e qualche ubriaco barcollante che tornava a casa o girovagava senza trovarla. Anche la mia ombra si divertiva a farmi compagnia, secondo il gioco delle luci.

Era l’ora di rincasare e di riposare fino all’alba in quel giaciglio d’amore illuminato dalla luna. La sveglia la dava don Vincenzo quando apriva le sue imposte a due battenti, ferruginose, che si aprivano sulla piazza grande.

Intanto "U su Ggiddiu". con le sue capre, che conduceva appresso, depositava dietro il portone il latte appena munto.

 

Mi aspettava la solita colazione annunziata dall’odore di pane arrostito che mia madre, inzuppandolo nel

latte, mi preparava la mattina.

Così trascorreva la mia infanzia, tra giochi, profumi, studio, nell’abbraccio stretto di mia nonna e di mia madre, impegnato mio padre, da mane a sera, a macinar lavoro e il mio carattere a forgiar. con le sue amorose bravate.

 

 

domenica 6 ottobre 2024

"Amara terra mia", tra attese e speranze

 

“Amara terra mia” tra attese e speranze.

Se ci interrogassimo come si trascorra il tempo in Sicilia, non ci sono che due sostantivi per definirlo: attesa e speranza. Uno stato d’animo che oscilla come pendolo nella gabbia della vita, da cui non si evade mai. Un ergastolo che ci riguarda, in attesa di passare il testimone a chi è destinato a succederci:i nostri figli, in un continuo divenire senza fine. L’attesa è lo stato d’animo con cui inizia la giornata: la promessa di un lavoro che non arriva; un pagamento che tarda; una pensione che non matura; una malattia che resiste alla cura; un presente sospeso nel nulla; un futuro che si annebbia. Ogni giorno le campane battono le ore, i quarti, le mezz’ore, il tempo passa, ma nulla muta. Poi la sera, chiusi dentro la stessa gabbia si consuma l’attesa di un nuovo giorno che dura quanto il tempo di un respiro e vola via, come quello che precede o quello che arriva. Ciascuno di noi è portato a chiedersi: Garibaldi è andato via o dimora ancora sull’Isola? I Borboni sono stati cacciati e al loro posto sono arrivati i Piemontesi? Qualcuno amaramente ci ricorda che anche loro sono andati via, assieme ai nostri averi. Allora si accende la speranza di essere liberi, anche se poveri e ci sentiamo fratelli. Una speranza che dura poco, perché la Sicilia ha un destino crudele: chiunque governi è sempre “uno straniero” come se i Borboni o i Piemontesi non fossero mai andati via. E se non si comporta da “straniero” peggio ancora, la illude, la inganna, la deride, la piega ai propri interessi di parte o di bottega, di politica o di mafia. Il destino dei siciliani somiglia alla mattanza dei tonni. In ogni tornata elettorale ciascun partito butta le sue reti per la cattura dei voti. Poi ciascuno col suo bottino risale lo Stivale e vende agli italiani il frutto del pescato, né più né meno come I Piemontesi, che anziché rastrellare voti, depredavano ricchezze. Il siciliano non finisce mai di sperare, come non finisce mai di attendere. In un immaginario vocabolario siciliano attesa e speranza sarebbero sinonimi: l’accomuna l’illusione che tutto cambi. L’unica cosa a cambiare è la speranza. Per Aristotele la speranza muta col mutare dell'età dell'uomo: difetta nella vecchiaia, eccede nella giovinezza. Contro questa verità filosofica, noi siciliani abbiamo avuto la capacità di livellare la speranza, facendo diventare vecchi i giovani, che, come i primi, difettano di speranza. Un cambiamento non di poco conto in una Sicilia immobile. Mentre le campane battono le ore, i quarti, le mezz’ore, rinchiusi nella bolla del tempo, non ci resta allora che attendere e sperare. Pubblicata oggi 5.10.2024

 

sabato 5 ottobre 2024

Riempiamo la solitudine

 

Riempiamo la solitudine.

La solitudine subita o come libera scelta quasi mai esiste. Anche quando un nebbioso sole risplende sui lontani monti e ci rende tristi e solitari,basta affidarsi alla natura per liberarci dal velo di tristezza che ci opprime. In natura non si è  mai soli. Basta contemplare con interesse ciò che ci circonda: un filo d’erba che dondola al soffiar del vento e immaginare quella danza una gioia o un tormento; seguire il cammino di una formica, con in bocca un frammento di pula, inviso agli uomini e loro prezioso cibo, che superando infinite insidie, cerca la tana dove trasportare il prezioso carico o seguire il volo degli uccelli che fanno la spola tra un campo di grano e il loro nido o ascoltare la voce del vento, che s’insinua festoso tra i rami di un albero, regalando la carezza d’un sogno alle assolate foglie. Il cielo nella sua immensa azzurra vastità è la culla dei nostri pensieri, trasportati dalle bianche nuvole, che par non abbiano pace, dissolvendosi e riformandosi in cangianti forme. Nel silenzio della solitudine si avverte il rumore dei pensieri, che nella sospensione del tempo trovano la forza di volare liberi in un immaginario mondo, colorato di mille sensazioni,prodotte dai ricordi che affiorano alla mente.

     

venerdì 4 ottobre 2024

Fame d'amore

 

Fame d’amore.

Oggi abbiamo tutto e in certi casi anche il superfluo. Eppure siamo sempre alla ricerca di qualcosa,causata  da quella ingordigia che ci accompagna fin dalla nascita. Avendo quasi tutto possiamo dire di avere raggiunto il benessere, invece manca l’essenziale,l’amore, senza il quale tutto ha il sapore della sconfitta. Siamo individui in un mondo di umani,  che non dialogano. Persino gli alberi hanno bisogno di non sentirsi soli, felici di accompagnarsi,  intrecciando le loro fronde al minimo soffiar del vento. Noi, al contrario, siamo quasi felici di godere della nostra solitudine, che ci rende socialmente sterili. Una scelta di vita che ci condanna ad  avere fame d’amore,’quell’amor gentil che ratto s’apprende’ ,come dice Dante. Una forza  che supera la volontà e  vince tutte le resistenze,solo se lo volessimo. Solo allora l’uomo raggiunge il benessere, quando lo spoglia dalle egoistiche scorie umane e soddisfa questa innata fame d’amore. Purtroppo la realtà è diversa,prigionieri,come siamo, delle nostre miserie che ci spingono a isolarci in una palude di valori spenti.  

giovedì 3 ottobre 2024

L'amore a parole

 L’amore a parole.

Si dice che in questa società arida e depressa, manca l’amore. Eppure, a ben vedere, se si leggono i messaggi su Fb. essi contengono auguri, complimenti e messaggi d’amore a spiovere. Un tripudio di abbracci virtuali che ci affratellano e ci rendono felici. Si direbbe che Fb è una piattaforma in cui si esternano i sentimenti più nobili, che nella vita quotidiana stentano a emergere. Se la realtà fosse FB, saremmo tutti in paradiso L’uomo assetato d’affetto riesce a manifestare il proprio amore in forma labiale, a parole.Se si scende però sul terreno duro dell’amore, poco rimane di quelle parole, solo l’afflato sonoro e poetico del suono. Lo si nota tutti i giorni, quando incontrando l’amico/a volge lo sguardo altrove. Ogni strategico accorgimento è il benvenuto In un istante crolla tutto il perbenismo sbandierato in FB, per lasciare spazio all’indifferenza Una camaleontica trasformazione, difficile da nascondere, necessitata dal fatto che quando si passa dalle parole ai fatti, la realtà cambia, non mascherabile dal linguaggio del corpo, che non tradisce ciò che si pensa. Uno sguardo dice più di una frase. Tutto parte da lì, dagli occhi, che vanno oltre la superficie, diritti nell’anima. E gli auguri i complimenti e gli abbracci su FB? Accogliamoli con un sorriso di circostanza, come semi non germogliati nell’arido, vacuo mondo di FB, pieno di noia e tanta ipocrisia.,.