VIVA ILTURISMO, A PATTO DI CREDERCI
Chiude un’azienda, si delocalizza una fabbrica, cessa l’attività commerciale un esercente, non trova commesse un artigiano, manca il lavoro, niente di catastrofico: il turismo ci salverà. Sembra essere la panacea per tutti i mali. Ci riempiamo tanto la bocca di turismo, che a furia di nominarlo non ci crediamo più. Il turismo è “il complesso delle manifestazioni e delle organizzazioni relative a viaggi e soggiorni compiuti a scopo ricreativo o di istruzione”. Se vogliamo semplificare diciamo che il turismo “ è un prodotto” che va preparato, confezionato, reclamizzato e venduto. Siamo sicuri che disponiamo di questo “prodotto” sufficiente a mettere in moto un esercito di vacanzieri disposti a trasferirsi da noi, piccole o grandi realtà cittadine che siano? Ad accezione delle solite sagre estive di paese che impazzano in ogni dove, il turismo nostrano, ad eccezione dei soliti siti noti e arcinoti, si consuma tra maccheronate, salsicciate e peperonate varie. La nostra fantasia riesce a partorire solo prodotti gastronomici di risaputa e nota qualità. Con l’aggravante che le stesse sagre, diffuse e inflazionate, sono preparate pochi giorni prima dell’evento, senza alcuna continuità storica, all’insegna del pressappochismo e senza alcuna base pubblicitaria. Un tempo la sagra paesana era un’occasione unica d’incontro collettivo, all’insegna dell’assaggio di una “rarità”, per uscire, in un’economia povera, dalla monotonia della quotidianità. Oggi che il cibo non rappresenta un problema, la sagra, per rimanere nell’ambito gastronomico, necessita di atre attrazioni: culturali, ricreative che necessitano di ben altre accurate organizzazioni. Ogni località che si voglia fregiare del titolo di città turistica necessita d’un programma, di un‘organizzazione, ma soprattutto di una “specialità propria”: culturale, ricreativa, gastronomica che sia, purché continua e creativa, capace, nel tempo, di rigenerarsi Se un commensale entra in un ristorante e si vede servito unicamente “pasta cca sassa e carni arrustuta”, magari mangia, paga e se ne va. Ma sicuramente non torna. Noi in molte realtà cittadine siamo rimasti alla solita “pasta cca sassa”. Possibile che oltre che pensare “alla panza” non riusciamo a fare un passo avanti? Il turismo, dicevamo, ha scopo “ricreativo e/o di istruzione”. Quante le località in regola con le ferree leggi sul turismo, oggi che la globalizzazione ha reso tutto più difficile e competitivo? Intanto continuiamo a credere nel turismo. Speriamo che qualche Santo “estivo” ci faccia trovare la ricetta miracolosa, per uscire dalla crisi endemica dentro cui siamo precipitati. Viva il turismo! Ci salvi il turismo! A patto di crederci, però. Saro Pafumi
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