Linguaglossa, oggi
Linguaglossa ha tutte le carte in regola per essere una città turistica. Un territorio gradevole, posti letto a iosa, alberghi da tre a cinque stelle, ottimi bar, interessanti chiese, ben tenute e, cosa insolita fino a poco tempo fa, aperte al pubblico, fino a sera inoltrata. Manca l’essenziale: il turista, ossia la materia prima. Linguaglossa si può paragonare a un’auto, a folle, col motore acceso, in procinto di partire, ma che, per vicissitudine varie, rimane immobile. Fino a qualche tempo fa Linguaglossa era sinonimo di Etna Nord, di stazione sciistica: un volano se non sufficiente a mettere in moto l’intera economia cittadina, appena bastevole, però, ad attirare frotte di turisti nella stagione invernale. Gli eventi calamitosi del 2002 hanno azzerato queste velleità turistiche e Linguaglossa è piombata nel limbo dell’oblio. Altro settore dell’economia, l’agricoltura, non si caratterizza per alcun prodotto specifico, come hanno saputo fare altre realtà vicine, per cui essendo rimasta ancorata alle piantagioni tradizionali (vite e nocciolo), il territorio non si apre a nessuna nuova vocazione. In tali condizioni, quali potrebbero essere le ragioni per cui il turista dovrebbe sentirsi attratto dal frequentare Linguaglossa? Nel periodo estivo l’amministrazione comunale, sia pure tra mille difficoltà di cassa, mette in atto una serie d’iniziative cultuali e ludiche, nel tentativo di attirare l’attenzione del forestiero, ma poiché ogni piccolo centro, anche il più sperduto, ha le sue iniziative estive, le promozioni finiscono con interessare solo gli abitanti del paese, che, guarda caso, quando mettono mano nelle tasche, trovano semmai gli spiccioli per qualche “scialacore”. A questo punto a ciascuno viene in mente d’imprecare contro il destino avverso, che ostacola l’agognato decollo turistico di Linguaglossa, come se fosse colpa di un’ostile entità superiore. E’ su questa benevola diagnosi, ognuno, rassegnato, si affida a un più provvido destino. Linguaglossa sembra essere un paese in perenne attesa di un messia che sappia trarre dal suo interno le forze generatrici per il suo sviluppo turistico, e in tale attesa perde ogni giorno pezzi di se stessa. Purtroppo quel che manca a Linguaglossa è un dibattito cittadino capace d’interrogarsi sul proprio futuro. I dibattiti, in verità non mancano, ma sono relegati nei bar, dove tra un sorso di caffè e una granita di pistacchio si consuma il futuro del paese. Parole al vento in cui ciascuno ha la sua miracolosa ricetta per uscire dal limbo dell’oblio. Il giorno dopo si ricomincia, attorno allo stesso tavolo, con vecchi o nuovi protagonisti, mentre dagli alberi che ombreggiano i tavoli, le foglie cadono una a una come le stagioni, che, inesorabilmente, passano senza che accada nulla. Linguaglossa è come la camelia, bella ma senz’anima. Il suo profumo, come racconta la leggenda, glielo tolse Venere con un incantesimo, per vendicarsi della sua bellezza. Che centri pure Venere con Linguaglossa? Saro Pafumi
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