Non sono catanese, ma non per questo non mi sento di dire la mia sui ceri in occasione della festa di S. Agata. Sono convinto che se Sant’Aituzza, com’è chiamata affettuosamente a Catania, vedesse quei ceri che la precedono e la seguono in processione si rifiuterebbe di uscire dalla Chiesa che la ospita. Non sto qui a spiegare i mille motivi che si possono portare a sostengo di questa tesi, ma una cosa mi preme precisare. Se i ceri, per forza di cose, si devono considerare segno di fede, come fiammelle che scaldano i cuori verso la Santa patrona, perché non sostituirli con torce alimentate a pile? Capisco che questa mia proposta apparirà “oscena” ai sostenitori della tradizione, perché sostituire i ceri con torce a pila, mi si permetta il paragone prosaico, è come rinunziare al pane cotto nel forno a legna, ma poiché nel mondo in cui viviamo tutto è artificiale, persino la fede, non ci sarebbe scandalo alcuno. Potrebbe l’espediente salvare la vita di qualcuno, l’unico bene che, almeno per ora, nulla ha d’artificiale.
Salvo approvazione ecclesiastica e laica, s’intende.
Saro Pafumi
Pubblicato su La Sicilia 10/03/2010
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